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Marketing per startup: ecco quali sono i 3 errori da non fare

Quando si decide di entrare nel mondo dell’imprenditoria, creando e fondando una nuova startup, bisogna ovviamente tenere in considerazione diversi aspetti, soprattutto in termini di investimento. Per iniziare, serve comunicare in modo chiaro, trasparente e deciso il proprio arrivo sul mercato.

Per farsi pubblicità è inevitabile investire generose quantità di denaro in campagne di marketing, ed è per questo che risulta di particolare importanza la capacità di cogliere nuove opportunità finanziarie. “Anche se molti sottolineano la necessità di catturare l’attenzione di venture capitalist, angel investor o di aprirsi al mondo del crowdfunding,  lo scenario più realistico è che una nuova attività dovrà contare sulle proprie forze economiche”, dice Federico Faloci, presidente e chief marketing officer di WaveMarketing, società di consulenza specializzata in strategie di acquisizione clienti e aumento delle vendite per aziende locali. Con lo scopo di preservare le risorse messe in campo dagli imprenditori, ci elenca alcuni degli errori più comuni quando si entra nel mondo del business.

Federico Faloci presidente e chief marketing officer di Wave Marketing

I 3 errori più comuni

  1. Cercare visibilità: L’errore di per sé non è la ricerca di visibilità, ma la visibilità come obiettivo finale del proprio piano di marketing o come mezzo per avere più clienti. Anche perché non c’è alcun nesso tra “ti vedo” e “decido di comprare da te”. Inoltre, se la multinazionale di turno decide di investire nella pubblicità è perché ha già un nome solido, un’attività stabile e un flusso di cassa di una certa consistenza. “La startup appena nata, invece, deve ancora penetrare il mercato, farsi strada, trovare il suo posto e piantare radici forti e stabili”, ricorda Faloci.
  2. Correre ad aprire il tuo sito web: Il sito è ideale per mettere insieme contenuti che nel lungo termine (se strutturati e creati con i giusti criteri) arrivano a convertire un lettore in cliente. Tuttavia, nelle prime fasi, è sconsigliato puntare tutto sul sito per tre motivi. Il primo è che chi ancora non conosce il nome dell’azienda non può fare una ricerca attiva e trovare la pagina; il secondo è che il sito non traccia la resa di ogni sua componente, rendendo impossibile capire dove intervenire per migliorarne la performance in termini di conversione; il terzo è che l’azienda si ritroverebbe a basare il proprio sistema di acquisizione clienti sulla speranza che quel lettore decida di comprare.
  3. Fare pubblicità “creative”: Arte, bellezza, poesia e giochi di parole non possono essere la base del marketing di una nuova startup, soprattutto se il suo obiettivo è trovare nuovi clienti. “In fase di startup devi farti conoscere e identificare come la figura più indicata a risolvere i problemi del tuo potenziale cliente. I creativi escludono i test: approvano le campagne in base al gusto personale. L’unico ‘gusto’ che però conta davvero è quello del mercato. E puoi capirlo solo portando avanti test su test e analizzando i numeri. È per questo che il nostro metodo di lavoro ci ha portati a condurre oltre 500 test in 40 settori diversi, con dati aggiornati di settimana in settimana. E i risultati dei nostri partner che hanno applicato strategie create sulla base dei dati a nostra disposizione, confermano che l’approccio scientifico è l’unico che davvero funziona”.

Cosa deve fare una startup agli inizi

Agli inizi, una startup che si finanzia da sola deve “studiare una strategia che le permetta di usare i mezzi giusti e parlare con il pubblico giusto; avviare una macchina che le permetta di avere un flusso stabile di clienti; costruire il suo ‘arsenale di testimonianze’ da integrare strategicamente nelle proprie campagne per rassicurare chi ancora chi non la conosce con l’opinione invece di chi si è già fidata del suo operato”, assicura Federico Faloci presidente e CMO di WaveMarketing.

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