Small Giants

L’azienda nautica che ha conquistato Usa e Inghilterra partendo da Ravenna

Articolo tratto dall’allegato Small Giants di Forbes di giugno 2022. Abbonati!

Corre il 1982. Michele Marzucco ha 22 anni, è cresciuto a Ravenna dove papà carabiniere e mamma sarta sono emigrati lasciando la Puglia. In tasca ha un diploma di perito elettrotecnico, per un anno fa il tecnico di bordo, occupandosi di riparazione e installazione di apparecchiature elettroniche.

Ma all’alba del 1983 lancia – con il socio Alfonso Peduto – un’azienda tutta sua: PM Marina, specializzata nella commercializzazione, installazione e gestione del post vendita di elettronica navale, impianti di refrigerazione, condizionamento, riscaldamento e impianti elettrici. Nel 1992 il gran salto. A Ravenna acquista Quick, la rivoluziona portandola ad affermarsi come azienda leader negli accessori per la nautica. Oggi Quick Spa conta 265 dipendenti in Italia, più una controllata negli Usa e una in Inghilterra. L’ultimo fatturato tocca i 46 milioni e il previsionale arriva a 55.

“Siamo figli di un’area geografica con la nautica nel sangue. La mia università è stato il cantiere navale Comar, quando iniziai non sapevo neppure come fosse fatta una barca, qui imparai tutto”, spiega Marzucco che già nel 2018 ha affrontato il nodo del passaggio generazionale. Ha liquidato il socio di partenza aprendo l’azienda ai figli Chiara e Carlo, rispettivamente di 28 e 26 anni. Un approccio in  controtendenza se si considera che in sette Pmi su dieci si valuta il passaggio di testimone non prima dello scoccare del 70esimo anno.

“I miei figli hanno liberato la scrivania da una montagna di problemi che toccava a me gestire. Sono rinato”. Di fatto, i due delfini già conoscevano i meccanismi dell’azienda “perché da ragazzi durante l’estate non è che li lasciavo passeggiare per Ravenna. Venivano in azienda, alla linea di produzione“.

Quick Spa negli anni ha aggregato piccole e grandi aziende, fra le grandi c’è CATT, fabbrica metalmeccanica che nel 2003, epoca dell’acquisto, contava tre dipendenti. Oggi sono saliti a 50, così come le due macchine di controllo numerico sono diventate 35. Le linee di prodotto sono plurime, si va da sistemi di ancoraggio e ormeggio a scalda acqua, stabilizzatori giroscopici, all’illuminotecnica talmente visionaria e di design da sbarcare anche su terra ferma. Quick Lighting – per esempio – ha curato la nuova illuminazione esterna del Teatro Alighieri, cuore del Ravenna festival – siglando il connubio tra azienda e arte. Le collaborazioni coinvolgono, salvo rare eccezioni, tutti i cantieri della nautica italiana e i più prestigiosi oltralpe, da Bavaria e Béneteau, Princess, Fairline.

La chiave del successo? Forse il fatto che “ho sempre ragionato come ragionano gli installatori, i quali vogliono prodotti facili da posizionare. Negli anni l’evoluzione di elettronica e software ha comunque imposto un approccio diverso alla progettazione”.

Anche in Quick si soffre per lo scollamento tra tipologia di offerta e domanda di lavoro, pende la spada di Damocle del capitale umano di difficile reperimento. Un problema non solo italiano, ci spiega Marzucco. Premesso che Quick è azienda di progettazione e produzione e CATT è il cuore metalmeccanico, così come in Quick Uk e Usa, non essendoci produzione, le professionalità coprono il segmento amministrativo, commerciale e di logistica, “ammetto che il problema di reperimento di personale, non dico qualificato ma anche solo con la voglia di qualificarsi, è un problema vivo. Negli Usa le cose sono ancora più complicate, al punto che vorrei aprire una succursale a Miami ma non riesco a trovare tecnici e commerciali. A Ravenna stiamo cercando di far crescere le persone e l’attaccamento all’azienda. Però in tanti confessano che i soldi che investo nella loro formazione preferirebbero averli in busta paga, misconoscendo il fatto che nuove competenze e conoscenze porteranno all’aumento di salario”.

Quest’anno l’azienda compie 30 anni. In questi decenni, quali sono stati i momenti più difficili? “Tantissimi. Penso alle oscillazioni della Borsa negli anni Novanta e di riflesso la discontinuità del mercato. Altro momento duro il 2008-2009: avevo una struttura con 150 dipendenti e 21 milioni di fatturato, e in un anno il fatturato si dimezzò. La crisi fu un’occasione per rivedere i nostri modelli lavorativi, non licenziai nessuno ma comunicai a tutti che dovevamo cambiare marcia, approcci, sistema. Archiviato quell’anno nero, assistemmo a una crescita verticale. Condussi un’operazione violenta nel mercato dei distributori con accordi molto stretti e decisi, a volte anche duri”, continua Marzucco.

“L’altra azione fu quella di convincere i distributori ad entrare nel vivo dei nostri prodotti, conoscendoli al meglio, i nostri commerciali hanno fatto un enorme lavoro in tal senso”. Poi la pandemia: ”Un periodo complicato, ma l’abbiamo superato senza particolari traumi. È l’oggi semmai a preoccuparci, fra approvvigionamento di materie prime e rincari energetici”.

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