Shein
Business

Un’inchiesta su Shein mette in luce lo sfruttamento dei lavoratori. Ma cosa ne ha assicurato il successo?

Che fin dalla sua nascita, nel 2008, Shein non avesse fatto del rispetto dei diritti dei lavoratori il suo modello di business si poteva intuire. La sua produzione massiccia, migliaia di nuovi capi al giorno, e i prezzi fin troppo economici, poche decine di euro, hanno spinto la moda ‘fast’ oltre i suoi limiti.

E non ha tardato nel mettere in difficoltà i portabandiera di questo modello: Zara e H&M. Ora, però, sono emerse alcune sconcertanti novità relative alla giornata lavorativa cui sono obbligati i dipendenti dell’azienda di fast fashion cinese.

Una nuova inchiesta mette in luce gli orrori di Shein

Secondo un’inchiesta condotta dalle telecamere di Channel 4, rete televisiva britannica, si scopre infatti che i lavoratori di Shein ricevono 4 centesimi a capo, ne producono almeno 500 al giorno, e la giornata lavorativa dura 18 ore. Come se non bastasse, hanno un solo giorno libero al mese e durante la giornata non è prevista nessuna pausa con le impiegate costrette a lavarsi i capelli durante la pausa pranzo.

La video inchiesta, dal titolo Shein Untold: inside the Shein Machine, ha rivelato inoltre che lo stipendio mensile è di circa 4mila yuan (circa 550 euro) e viene trattenuto il primo mese. Per ogni errore commesso, infine, alle sarte vengono tolti i 2/3 della paga giornaliera.

Il peso di Shein nel mercato di oggi

Ad aprile di quest’anno, Shein è stata valutata 100 miliardi di dollari, vale a dire quanto Zara e H&M messi insieme. Già da gennaio, però, come riportava Reuters il gigante cinese dell’e-commerce aveva iniziato a studiare i primi piani di listing a New York, preannunciando l’imminente quotazione in Borsa. Manovra che, se perfezionata, porterebbe al primo accordo azionario di una società cinese negli Stati Uniti.

La crescita di Shein in questi anni ha trovato l’appoggio delle società di venture capital: in prima linea Tiger Global Management, Sequoia Capital China e General Atlantic, che hanno partecipato all’ultimo round di finanziamenti. Nel 2021, forte di queste iniezioni di capitali, Shein ha fatto un’offerta per acquisire Topshop, ma in questo caso non ha avuto la meglio: il retailer di abbigliamento britannico è passato ad Asos per 295 milioni di sterline.

Secondo quanto riporta Bloomberg, dal 2018 al 2019 le vendite dell’azienda sono quasi raddoppiate e l’anno successivo, complice la pandemia che ha costretto le persone a casa, le vendite di Shein sono aumentate del 250% anno su anno fino a raggiungere la cifra di 10 miliardi di dollari. Il salto è fin troppo evidente: 2 miliardi nel 2018 e 15,7 miliardi di dollari nel 2021.

Ad apprezzarne il modello è soprattutto la generazione Z alla quale, forse, Shein deve il merito di essere diventata a maggio dello scorso anno l’app di shopping più scaricata su Android e iOS negli Stati Uniti, spodestando Amazon.

La nuova piattaforma di resell di Shein

Qualche giorno fa Shein ha annunciato il lancio di una piattaforma per lo scambio e la rivendita di prodotti. Attualmente disponibile solo sul mercato statunitense, la prima versione è accessibile dall’applicazione del brand.

Chissà cosa ne penserà la lituana Vinted, piattaforma per la vendita e lo scambio di articoli online (principalmente abbigliamento e accessori) oggi di grande successo, che grazie alla campagna pubblicitaria “Non lo metti? Mettilo in vendita!” spopola tra i giovanissimi e le donne.

L’obiettivo della mossa di Shein sembra chiaro: dopo le numerose denunce da Greenpeace e altre ONG sulle cattive pratiche del colosso, quest’ultimo usa la carta della sostenibilità per i suoi giovani consumatori. Non fa una piega. “In Shein crediamo che sia nostra responsabilità costruire un futuro della moda equo per tutti, accelerando al contempo le soluzioni per ridurre gli sprechi tessili”, ha dichiarato Adam Whinston, capo della divisione csr dell’azienda.

Come ha influito la guerra dei dazi Usa-Cina

Per ribaltare le regole del gioco, Shein ha puntato su alcuni ingredienti vincenti: nessuna spesa esterna, una politica di controllo aggressiva dei consumatori attraverso lo sfruttamento dei big data (usa algoritmi e analisi dei dati per intercettare i trend in rete) e una produzione di massa che oggi si rivolge a più di 220 Paesi.

Secondo Bloomberg, Shein deve il suo successo alla guerra dei dazi, complice di aver ridotto drasticamente i costi per l’azienda e i suoi fornitori. Nel 2018, con le relazioni commerciali tra le due potenze in crisi, la Cina ha risposto a un nuovo round di dazi statunitensi rinunciando alle tasse all’esportazione per le società dirette al consumatore.

Bisogna considerare, infatti, che Shein spedisce la maggior parte degli ordini dai suoi magazzini in Cina, e visto che negli Stati Uniti i pacchi di valore inferiore a 800 dollari sono esenti dalle spese doganali dal 2016, Shein non ha praticamente subito alcun danno. E questo nemmeno quando l’amministrazione Trump ha imposto tariffe ancora più stringenti per rendere i prodotti cinesi più costosi.

Shein ha tre hub operativi a Guangzhou, Cina, Singapore e Los Angeles. Nei piani c’è un altro centro di distribuzione nel sud della California, il prossimo anno, e un altro nel nord-est degli Stati Uniti. L’obiettivo è ridurre i tempi di spedizione negli Stati Uniti.

Il fondatore miliardario di Shein

L’azienda ha sede a Guangzhou ed è stata fondata da Chris Xu. Conosciuto anche come Chris, o come Sky, Xu non ha iniziato la sua carriera nella moda o nella vendita al dettaglio ma nell’ottimizzazione dei motori di ricerca di una società di consulenza di marketing digitale. Patrimonio netto: 5,4 miliardi di dollari per Forbes.

Poche le informazioni su di lui in rete. Laurea alla alla Washington University, come spiega Forbes nel 2012 ha acquisito il dominio Sheinside.com. Il cambio di nome in Shein arriva solo nel 2015 e da quell’anno ha inizio il processo di internazionalizzazione con l’arrivo delle prime piattaforme online in Europa, Medio Oriente, Australia e Stati Uniti.

Nel 2017 rinnova il sito con una grafica più pulita, nel 2018 aggiunge i costumi da bagno. Negli ultimi due anni ha cominciato a vendere anche vestiti da uomo, da bambino e per taglie forti.

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