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Gaetano Trovato, il pluristellato maestro della cucina toscana partito dalla Sicilia

Non è un’eresia, considerarlo il “padre nobile” della ristorazione contemporanea in Toscana. Già, perché, chi prima, chi dopo, nell’arco degli ultimi quattro decenni dalla cucina di Gaetano Trovato sono passati tanti, tantissimi di quegli chef che oggi compongono il quadro stellato del fine dining a livello regionale e non solo. Per tutti loro il ristorante Arnolfo di Colle val d’Elsa (Siena), da tempo premiato con due stelle dalla guida Michelin, è stato qualcosa di più di una tappa lungo il cammino della crescita professionale, al punto che per i suoi allievi sparsi ai fornelli da un capo all’altro d’Italia è stato coniato il termine di “Arnolfini”, a riprova di un comune senso di appartenenza che si è forgiato nella cucina di Gaetano e del fratello Giovanni, siciliani d’origine e toscani d’adozione.

La nuova sede del ristorante

Di recente il ristorante ha cambiato sede e si è spostato dal centro storico di Colle val d’Elsa alla collina di fronte, da dove si può godere di una vista unica sull’intera cittadina medievale, paese natìo dallo scultore e architetto Arnolfo di Cambio. Ma se la clientela guarda al ristorante come a una vera e propria destinazione gourmet nel cuore della Toscana per appassionati dell’arte culinaria e cultori del bien vivre internazionale, decine di chef guardano a Gaetano Trovato come a un’ispirazione continua. Del resto, lui stesso è consapevole del suo ruolo di mentore per intere generazioni: “La nuova sede – spiega – è dedicata alle future generazioni, si tratta di un progetto che raccoglie in sé l’essenza di un intero viaggio, un’esperienza di vita e lavoro segnata dall’entusiasmo e la creatività di chi è abituato a guardare sempre oltre il presente. Ho voluto creare questa struttura per far innamorare nuovamente i giovani di questo lavoro: abbiamo bisogno che le nuove generazioni di cuochi desiderino continuare a tramandare le tradizioni e la nostra artigianalità”.

Un’ispirazione per una nuova generazione di chef

Lo chef Gaetano Trovato con i suoi “Arnolfini”. Foto di Luca Managlia.

Tra gli “Arnolfini” spicca il nome di Filippo Saporito, presidente italiano di JRE,  realtà che riunisce i giovani ristoratori europei, e titolare della Leggenda dei Frati a Firenze, che con Gaetano Trovato condivide le origini siciliane. Insieme a lui la moglie Ombretta Giovannini, che all’epoca fu prima ragazza a mettere piede nella cucina di Arnolfo, fino a quel momento appannaggio di soli uomini. Ma l’elenco comprende anche Matteo Lorenzini (oggi tornato a Badia a Passignano dopo un passato alla corte dei ristoranti di Alain Ducasse tra Parigi e Londra), Marco Stabile (Ora d’Aria a Firenze), Michelino Gioia (Il Pellicano a Porto Ercole), Claudio Mengoni (Borgo San Jacopo a Firenze), Alessandro Cozzolino (Villa San Michele, a Fiesole), Eugenio Boer (Bu:r a Milano) o Filippo Scapecchi, neo-stellato con il Terramira a Capolona (Arezzo).

E ancora, a comporre un mosaico infinito di talenti: Simone Cipriani di Essenziale (Firenze), Ariel Hagen di Saporium (Borgo Santo Pietro, Chiusdino), Alberto Sparacino (Pepenero, Prato), Ivan Matarese (Su Murruai a Oristano), Maurizio Bardotti (Passo dopo passo, Castellina in Chianti), Nino Di Costanzo (Demì Maison, Ischia), Ivan Ferrara (JKPlace a Parigi) e numerosi altri. Molti di essi, Gaetano li ha voluti accanto a sé per celebrare i 40 anni di attività di Arnolfo, in un ciclo di cinque cene che hanno visto ancora una volta fianco a fianco il maestro e i suoi allievi.

Il piatto iconico

Il piccione, il piatto iconico dello chef Gaetano Trovato. Foto di Luca Managlia.

Come detto, il rapporto tra lo chef, la sua brigata e i fornitori (da Laura Peri a Simone Fracassi, solo per citare le carni) è sempre stato un focus nell’esperienza di Arnolfo: lo testimoniano le generazioni di cuochi che si sono formati nelle cucine della famiglia Trovato, magari alle prese con i segreti per preparare il piccione, da sempre piatto iconico di Gaetano e oggi ormai una sorta di “prova d’autore” per tutti gli “Arnolfini”. Un omaggio all’uomo, prima ancora che allo chef, che per quarant’anni ha avuto per tutti loro un buon consiglio, uno sguardo paterno, un sorriso affettuoso, il rigore di un maestro.

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