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Ecco perché ChatGPT non sarà una minaccia per i lavori creativi

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Il mio nome è Fabrizio e nella vita scrivo, lavoro come copywriter da diversi anni. Nel tempo libero mi diverto a portare avanti con passione un blog editoriale e oggi ho finalmente deciso di fare il mio personale coming out nei confronti dell’AI in ambito creativo: all’alba dei miei trent’anni posso liberamente dire che non mi sento assolutamente minacciato da ChatGPT

Ecco, adesso che finalmente l’ho scritto senza l’aiuto dell’intelligenza artificiale (ci tengo a sottolinearlo) mi sento un po’ più leggero, ma è forse questo che si prova quando ci si schiera pubblicamente?

Anzi lo ribadisco, anche perché è duro fare il copy, passi la vita a spiegare agli altri il tuo lavoro e poi, da un giorno all’altro, ChatGPT diventa un trend, tutti ne parlano, tutti lo usano e capiscono improvvisamente di cosa ti occupi e che con la scrittura ci vivi per davvero, mica è un hobby in attesa di capire chi vuoi diventare da grande.

ChatGPT: uno strumento di supporto

Così nelle ultime settimane, parenti, amici, colleghi ti chiamano e con un tono quasi compassionevole, degno di soap opere latine, e con un sorriso poco rassicurante ti chiedono: “Adesso che il tuo lavoro può farlo un software come farai? dove andrai? Cosa ti inventi? Oh, se hai bisogno di una mano io posso fare qualche telefonata”.

Gli effetti dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie sulle persone li conosciamo bene e non sono mancati neanche quando a essere protagonisti di questa discussione sono stati arte e creatività. Social impazziti, figure creative di tutte le età che si sentono minacciate, temi etici e morali tirati in ballo in difesa della libertà.

Anche questa volta è giusto dunque fare chiarezza e ribadire come ChatGPT o piattaforme come Midjourney, non solo non ruberanno il lavoro dei creativi, ma andranno a supportarli. Questo perché l’AI non possiede la sensibilità e il talento di Dante, Proust, Michelangelo, Bansky e altri.

Intelligenza Artificiale, la nuova alleata dei professionisti

Proviamo a fare un passo indietro e capiamo meglio come funziona la piattaforma più discussa e affascinante del momento. Per chi ancora non lo conoscesse ChatGPT è il nuovo chatbot basato sulla AI e sviluppato dall’organizzazione OpenAI.

Lo strumento è specializzato nelle conversazioni con gli utenti umani, i testi generati sono scritti in un linguaggio naturale, appaiono precisi e molto pertinenti alle keyword o alle domande che l’utente digita.

Il software può fornire ricerche dettagliate, tradurre testi, ma soprattutto può creare contenuti creativi come poesie, post destinati ai social media e articoli.

Da qui nasce la domanda di artisti e creativi: questo chatbot ci ruberà il lavoro? La risposta è no. Le motivazioni sono molteplici e allargando il campo si estendono a tutte le professioni che interagiscono già con l’Intelligenza Artificiale.

L’importanza del fattore umano

Premettendo che l’AI è una tecnologia purpose e che è destinata a stabilizzarsi in diversi aspetti della nostra quotidianità, bisogna ricordarsi che l’elemento umano è imprescindibile per il funzionamento di strumenti come questi, non solo per l’input di cui necessitano ma, se parliamo di creazioni di contenuto, anche per il valore che un professionista può dare.

Quando parliamo di valore umano ci riferiamo alle esperienze personali e lavorative, a pensieri profondi, alla sensibilità e al tono di voce che ogni figura riesce a garantire. Dunque Chat GPT non sostituirà il copywriter, lo sceneggiatore, il content editor, creator ecc. ma diventerà per lui un ottimo alleato.

Per questo motivo non ho ancora aggiornato il mio cv, anche perché il mio percorso lavorativo mi ha già portato ad avere a che fare con l’Intelligenza Artificiale e, di conseguenza, a venire a contatto con tutte le paure e i falsi miti legati a questo mondo.

Da diversi mesi lavoro in Vedrai, azienda che sviluppa soluzioni che utilizzano proprio l’AI per supportare, e sottolineo supportare, imprenditori e manager nel processo decisionale in condizioni di incertezza. Questi software, definiti assistenti virtuali, affiancano i decision maker delle diverse aree aziendali, simulando l’impatto che le loro scelte avrebbero sull’azienda.

Gli agenti svolgono un lavoro di affiancamento ai manager delle imprese aiutandoli a migliorare il loro processo lavorativo e non a sostituire le figure professionali. Questo è anche quello che accadrà e che già accade con ChatGPT e con tutte le piattaforme che utilizzano l’AI per la creazione di contenuti.

Proviamo a spiegarci meglio: un copywriter parte sempre da insight umani per sviluppare un testo o una strategia di brand, questi insight non sono casuali ma partono e prevedono una conoscenza sia delle persone sia delle aziende, considerando un determinato momento storico e un preciso contesto e bisogno.

Quindi ChatGPT, proprio come le soluzioni offerte da Vedrai, non prenderà il posto dell’uomo nello sviluppo della creatività, ma sostituirà il suo lavoro meccanico, anche perché la tecnologia è un mezzo e non un fine.

Lo strumento di OpenAI per distinguere i testi

La tecnologia, se usata nel modo sbagliato, può recare piccoli o grandi danni. È da sempre così e anche ChatGPT sta correndo ai ripari per disincentivare e condannare un suo uso improprio.

Dopo il lancio e l’affluenza di milioni di persone sulla piattaforma, sono stati segnalati numerosi utilizzi inadeguati, come per esempio l’uso del chatbot per la scrittura di testi accademici o peggio lo sviluppo di campagne di disinformazioni automatizzate.

Per questo motivo OpenAI ha lanciato un classificatore per distinguere i testi scritti da un essere umano e quelli generati con AI. Questo strumento non è ancora affidabile al 100%, ma è un primo passo per mettere ordine in un luogo digitale estremamente affollato. Inoltre l’aggiornamento sottolinea ulteriormente la necessità di rendere ben distinti il mondo umano e quello tecnologico.

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