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La storia di Emin Haziri, diventato head chef di Cannavacciuolo Bistrot a 25 anni

Articolo tratto dal numero di marzo 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

Nelle storie a lieto fine c’è sempre un personaggio con un sogno da inseguire che si trova costretto a fronteggiare innumerevoli difficoltà. Queste gli impediscono di procedere con un percorso lineare verso la meta, ma lo temprano e rendono ogni tappa del viaggio più significativa.

Emin Haziri, l’head chef di Cannavacciuolo Bistrot

Emin Haziri, classe ‘95, lo sa bene. Il suo ruolo da protagonista se lo è ritagliato nonostante la fuga dalla guerra del Kosovo a sette anni, la separazione e il ricongiungimento con la famiglia e, infine, la nuova vita a Trieste. La cucina è sempre stata il suo luogo sicuro e confortevole, quando faceva l’assistente alla mamma che preparava il burek, piatto tipico dell’area dei Balcani, ripieno di carne, formaggio o spinaci. Di quella passione, però, lei non era molto convinta, preferendo per Emin una laurea in medicina o in qualche altra facoltà blasonata.

Convinto della sua scelta e con un piglio ribelle, il giovane non ha mollato di un passo: “Non potendo iscrivermi a scuole costose, ho scelto l’Istituto Alberghiero Pubblico di Trieste dove mi sono subito distinto e ho ottenuto uno stage, a soli 17 anni, nel ristorante due stelle Michelin Miramonti l’Altro”, racconta Haziri. “Lì ho avuto la conferma che il fine dining sarebbe diventato il mio lavoro. Raccolti un po’ di risparmi, ho iniziato a viaggiare per fare esperienze sul campo, approdando a Milano, da Carlo e Camilla in Segheria”. Nel ristorante e cocktail bar casual chic di Carlo Cracco, il giovane cuoco si è calato per la prima volta nel ruolo di capo partita.

Padroneggiata l’arte del drink pairing, Emin si è spostato nella cucina del Mudec (oggi tre stelle Michelin), lavorando con lo chef Enrico Bartolini. “Questa esperienza mi ha forgiato, avvicinandomi alla vera essenza della cucina italiana, ai piatti strutturati e complessi che si possono ottenere conoscendo la tecnica”, prosegue Haziri. Ma l’incontro che gli ha cambiato la vita è stato quello con Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi. “Con lo chef ci siamo intesi fin dal primo momento. C’è stato un feeling immediato. Da lui ho imparato il rispetto per la materia prima, per il personale e l’importanza della semplicità per esaltare il gusto”, svela Emin. “La sua cucina piace a tutti ed è facile da interpretare, nonostante le preparazioni siano complesse e molto tecniche”.

L’esperienza formativa all’estero

Assaporata la sublimazione del gusto di Cannavacciuolo, è giunto il momento di partire per il miglior ristorante del mondo. “Quando è arrivata la chiamata del Noma ho deciso di andare, sapendo che con Antonino saremmo rimasti in contatto e avremmo avuto modo di lavorare ancora insieme. A Copenaghen, nella cucina di René Redzepi, ho trovato un esercito di cuochi a lavorare su ogni singolo dettaglio del piatto e ho capito immediatamente che, se non mi fossi fatto notare, sarei finito nel retro a fare produzione”, ricorda Haziri. L’obiettivo è stato presto raggiunto: “Il primo giorno mi hanno spostato nel front, dove si gioca la partita vera e si cucina per raggiungere la perfezione. Da lì ho lavorato al menu di tre stagioni: carne, foresta e vegetale”.

Grazie all’esperienza con Redzepi il giovane chef ha compreso come cucinare all’unisono con una brigata numerosa per aspirare alla perfezione. A questo punto, per completare la sua formazione, Emin aveva bisogno di fare un passaggio anche in Francia. È arrivato così un nuovo trasferimento, stavolta a Le Petit Nice con Gérald Passedat in Costa Azzurra, locale sul mare che ogni giorno serve pesce freschissimo, dove lo chef ha fatto propria l’arte francese delle salse e dei fondi di cottura.

La chiamata di Antonino Cannavacciuolo

Proprio lì, Emin ha ricevuto una chiamata inaspettata da Antonino Cannavacciuolo: “Mi ha detto di volermi a dirigere il Cannavacciuolo Bistrot di Torino e così, a 25 anni, sono diventato l’head chef di un ristorante stellato. Oggi, tre anni dopo, ho confermato la stella, portando il mio tocco personale e la creatività nei menu che cambiano di stagione in stagione”, racconta Emin.

“La mia cucina è creativa, osa con la tecnica e con abbinamenti inusuali, per arrivare alla perfezione. Inoltre è sostenibile poiché improntata sulla riduzione degli scarti e la ricerca di fornitori sensibili alle tematiche ambientali”. Con questi principi la brigata di Emin, che lui ama definire rock and roll “perché ha voglia di fare ed è affamata di successi”, contribuisce ogni giorno ad alzare l’asticella e scala posizioni in classifiche blasonate come quella di 50 Top Italy, che ha inserito Cannavacciuolo Bistrot Torino al 31° posto per la categoria Cucina d’autore.

L’avventura da imprenditore

Oltre ai traguardi in cucina, Emin Haziri ha fondato un’impresa, dando vita a Jo Ressel, gin artigianale super premium. “Il progetto è nato per passione nel periodo del lockdown, quando ho sviluppato la ricetta”, svela lo chef. Oggi Jo Ressel ha due etichette: Vento Carsico, con botaniche del Carso triestino, tra cui pino mugo, salvia, santoreggia e issopo, e Brezza Adriatica, con fiori di ibisco, rosa canina, lavanda e melograno. “Il progetto è ambizioso e il numero di paesi in cui esportiamo sta crescendo in modo esponenziale. Jo Ressel è stato anche eletto miglior gin del mondo da Iwsc, l’International wine & spirits competition di Londra, ottenendo il punteggio di 98/100”, aggiunge Haziri.

Un brillante futuro da imprenditore e la voglia di ottenere la seconda stella continuano ad alimentare Emin, conscio che “fare lo chef non è da tutti. Se sei un cuoco significa che hai la passione dentro. Non ti pesa svegliarti all’alba per andare al mercato, stare tutto il giorno in cucina e motivare quotidianamente la tua brigata. Non è un sacrificio neanche curare i dettagli più piccoli di tutti i piatti che transitano dal pass”. E se il lieto fine, nonostante tutto, sembra essere arrivato, Haziri è inarrestabile. “Nei prossimi cinque anni spero di costruirmi la mia famiglia e raccogliere i frutti di quello che ho costruito, tutto da solo, fino a ora”.

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