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Cultura

Arte, passione e curiosità: la chef pluristellata 27enne Liliana Haaland racconta a Forbes i segreti della sua cucina

Liliana Haaland è un esempio di dove la passione e la determinazione possono portare. A 27 anni è riuscita a distinguersi in una professione, quella degli chef stellati, di solito riservata agli uomini. Nata il 18 settembre 1996 a Haugesund, in Norvegia, ha trovato la sua strada seguendo una carriera totalmente da self-made, grazie solo al suo talento, senza alcuna raccomandazione o senza la formazione di una scuola particolare.

Il suo segreto? Lavorare per imparare, per diventare sempre più brava, per trovare il suo stile gastronomico unico, che si differenzia da tutti gli altri, ma, soprattutto, per essere autentica.

Come ha cominciato a cucinare?

Fin da bambina sono stata affascinata dai sapori e dai profumi della buona gastronomia, perché, pur non essendo nessuno nella mia famiglia un cuoco professionista, avevano tutti un grande amore per cucinare insieme. La mia ispirazione ha fuso poi le influenze nordiche con quelle asiatiche, perché mio padre è norvegese e mia madre è tailandese. Si trasferirono in Tailandia quando io avevo sei anni. Nel 2008 poi divorziarono e tornai in Norvegia. Vivevo su una piccola isola, Karmøy, dove imparai a entrare in contatto con la natura, a servirmi delle sue erbe aromatiche, come dei suoi prodotti stagionali. La mia isola aveva anche un passato romantico, famosa per avere molte tombe di vichinghi e per le sue risorse di rame. Pare che molto di quest’ultimo sia stato utilizzato per costruire la Statua della Libertà. Tutto questo era fonte di ispirazione per me, ma a un certo punto decisi che mi serviva una formazione di base se volevo seguire questa carriera. Così frequentai una scuola culinaria, dal 2012 al 2014, la Karmsund videregående skole. Ma da subito sapevo che cucinare per me voleva dire provare direttamente ”sul campo”.

Decise di lavorare direttamente nei ristoranti?

Sì, ero molto giovane e soprattutto ero una delle poche donne a voler intraprendere questa professione. Cominciai il mio apprendistato al ristorante RE-NAA a Stavanger, dove ottenemmo una stella Michelin. Era il 2016 e io avevo diciannove anni. Non appena terminai il mio periodo di formazione decisi di tornare a casa, un anno dopo. Volevo lavorare come chef freelance per dedicarmi alle competizioni culinarie. Competere con gli altri chef è stato per me sempre il modo miglior per imparare e progredire, per mettermi in gioco e sfidare i miei limiti, per stimolare la mia creatività e per trovare la mia identità.

È un percorso alquanto singolare per una chef, quasi artistico…

Continuo ancora adesso a seguire il mio cuore. C’è chi mi dice che ho la testa di un cinquantenne, ma io so che sono semplicemente me stessa. E sono convinta che ogni essere umano sia diverso a suo modo. Io mi resi ben presto conto che potevo sollecitare al massimo le mie qualità vivendo in una cittadina più che in una metropoli. Così nel 2020 decisi di trasferirmi a Bergen, al ristorante BARE, e lo stesso anno ricevemmo una stella Michelin. Lì divenni Chef de Partie, ma lasciai per essere Head Chef a MARG & BEIN per tutto il 2021. Tutti i ristoranti dove ho lavorato hanno raggiunto il top dopo poco tempo in cui io ho iniziato a lavorarci, ma io sento che devo andarmene e ricominciare altrove, spesso proprio in questo momento. Quindi, decisi di cominciare un nuovo percorso come Head Chef al ristorante Frescohallen, il cui salone era stato meravigliosamente restaurato durante il periodo della pandemia. Era anche dentro l’Hotel Bergen Børs, uno dei più alla moda della città. In particolare, mi sentii di accettare questa posizione perché mi diedero piena libertà in cucina. Quando avvertì che anche lì avevo raggiunto il massimo di quello che potevo dare, mi spostai dove sono adesso: al Skyskraperen Restaurant. Siamo sulla cima di un monte che si raggiunge in funicolare. È di certo un posto insolito, ma proprio per questo, per me, veramente interessante. Una nuova sfida.

Al tempo stesso, ha continuato a partecipare a diverse competizioni, uscendone vincente.

Nel 2018 partecipai ai campionati di arte culinaria di Oslo ed ero la più giovane candidata e l’unica donna. L’anno successivo ero alle finali come chef norvegese più giovane e alle semifinali come San Pellegrino Young Chef 2019. Anche in quest’ultimo caso ero la prima e più giovane chef donna che rappresentava la Norvegia alle semifinali. Nel 2021, mentre stavo praticamente lavorando full-time in un ristorante e cominciando in un altro, vinsi la medaglia d’oro come migliore Seafood Chef 2021 per le mie abilità nel preparare pesce e frutti di mare. In fondo sono cresciuta per lo più su una piccola isola… Nel 2022 ho rappresentato ancora il mio Paese alla competizione San Pellegrino Young Chef a Copenhagen e di nuovo come unica candidata donna norvegese. Nel 2023 miro a difendere il mio titolo come migliore Seafood Chef norvegese dell’anno.

Si è mai sentita discriminata nell’ambiente degli chef, dato che come donne siete certo in numero minoritario?

Come giovane chef donna mi fanno spesso molte domande di questo tipo. Come ho sottolineato anch’io è di certo un mondo prevalentemente dominato dagli uomini. Ma io non ci ho dato mai troppo peso… Per me, fino a che sai tagliare bene, assaggiare nel modo giusto, avere la resistenza per stare in cucina per tutto il giorno e, soprattutto, cucinare benissimo, non importa se sei un uomo o una donna. Piuttosto evidenzierei che questo settore è difficile, sia mentalmente che fisicamente. Ma lavorare con molti tipi diversi di persone, che ogni volta mi insegnano qualcosa di nuovo, mi fa dire con sicurezza che ne è valsa la pena.

Lei è conosciuta per essere anche molto brava a gestire il suo team…

Lavorando a stretto contatto per molte ore con le persone si impara molto su di loro e su come collaborare insieme per offrire una grande esperienza agli ospiti. Nel corso degli anni ci sono stati parecchi colleghi con cui ho stretto un legame, quasi come se fossimo una famiglia.

Come descriverebbe il suo stile culinario?

Quando si tratta di cucinare, per me è veramente importante che ci sia un significato dietro ogni cosa. Mi domando: questa carota ha davvero il sapore di carota? Questo fiore aggiunge qualcosa in più al piatto? Perché non usare erbe che hanno un bell’aspetto e un buon sapore? Nei giorni in cui non lavoro in cucina amo raccogliere i miei ingredienti tra i boschi e direttamente nella natura, come erbe selvatiche, funghi o fiori. Se le condizioni ambientali sono quelle giuste,vado anche a fare immersioni per trovare capesante, ostriche e alghe che rendo più interessanti col tartufo. Mi piace mantenere i sapori puliti degli ingredienti e allo stesso tempo giocare con l’esperienza e i trucchi appresi nei ristoranti stelle Michelin dove ho lavorato. Anche se il piatto viene servito in un ambiente da bistrot o brasserie mi piace applicarvi l’abilità e le tecniche che ho imparato, per rendere il cibo semplice ma raffinato.

Da dove ha sviluppato la sua etica?

Dai valori che mi ha instillato la mia famiglia. Come ho evidenziato fin dal principio, nessuno di loro era uno chef o ha lavorato in una cucina professionale, ma tutti amavano cucinare, proprio come fosse un’arte. Mi hanno insegnato come mangiare insieme possa unire le persone, come ispirare in loro felicità. Mia nonna amava dipingere e cucinare per tutti i membri della nostra vasta famiglia. Spesso mio nonno l’aiutava in cucina, dato che ha sempre prediletto lavorare con le mani. Mio padre è andato a caccia, per procurare cibo fresco, fin da quando era un ragazzo. In particolare, portava a casa molto pesce. Io ho cucinato e disegnato fin da bambina e a quindici anni sapevo che volevo fare la chef. Ora ho ancora la stessa passione per il mio lavoro, che condivido col mio partner, un sommelier certificato. Ogni giorno per noi è una scoperta, perché impariamo l’uno dall’altro come io facevo un tempo con i membri della mia famiglia. Siamo entrambi molto giovani. Il nostro sogno è aprire un ristorante tutto nostro.

Cosa non le piace del percorso tradizionale di molti chef?

Molte scuole cercano di “romperti” totalmente e di ricostruirti secondo le regole del sistema. Io mi resi conto che le volevo rompere e fare a modo mio.

Qual è stato il piatto più stravagante che ha mai preparato?

Durante la San Pellegrino Young Chef 2019 cucinai lingua di renna. La carne di renna è prelibata. In passato i cacciatori tagliavano e mangiavamo prima di tutto la lingua, dandone una parte ai loro cani da caccia come premio per il loro impegno. Usare questo ingrediente mi ha permesso di raccontare una storia, quello che mi prefiggo di fare anche con la mia gastronomia.

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