Maurizio Sani Stosa Cucine
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Una famiglia controcorrente ha portato le sue cucine dalla Toscana in tutto il mondo

Articolo di Salvatore Musso tratto dal numero di agosto 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

L’arte, il vino, la gastronomia, i paesaggi: la Toscana è conosciuta in tutto il mondo per tante eccellenze, ma non certo per quella dei mobili. È quindi sorprendente trovare in questa regione una realtà capace di affermarsi in Italia e sui mercati internazionali con gli elementi di arredo. “Ci vogliono un gruppo di lavoro potente e il doppio della grinta e della determinazione che ci dovremmo mettere se fossimo in Brianza o in Veneto”. Ad affermarlo è David Sani, direttore commerciale di Stosa Cucine.

La storia di Stosa Cucine

Fondata nel 1964 da tre soci, Stosa è nata a Piancastagnaio, un piccolo comune di poco meno di quattromila abitanti in provincia di Siena, dove i tre soci avviarono una falegnameria. “Un giorno, andando a caricare materiali ad Arezzo, videro che c’era sempre tanto movimento nei pressi di una nota azienda toscana che faceva cucine”, racconta David. “Da allora decisero di fare mobili per la cucina”. Iniziarono facendo pezzi in laminato lucido, producendo tutto internamente, e andaronoavanti insieme per oltre 15 anni. 

Poi nel 1980 arrivò la prima svolta. “Si decise di dare all’azienda un’impronta industriale e di passare alla pratica dell’assemblaggio”, spiega Sani. “Si facevano fare i materiali fuori e li assemblavano all’interno. Un processo pionieristico per l’epoca”. Nel 1985 i soci decisero di dividersi e l’azienda diventò di proprietà di Maurizio Sani, che ancora oggi ricopre il ruolo di presidente. “In questo delicato passaggio, mio padre era disposto a trattare su tutto, ma non sul nome: lo voleva a tutti i costi. Nel 1985 ci trasferimmo a Radicofani, un altro comune della provincia di Siena”.

L’era moderna

Nel periodo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio del XXI secolo Stosa è stata protagonista di un’importante crescita, grazie all’ingresso in azienda della seconda generazione della famiglia Sani, ma non solo. “Nel 1988 entrammo io e mio fratello Mauro, mentre l’anno successivo fu il turno dell’architetto Tinagli, primo collaboratore esterno a lavorare con noi. Nel 2003 mio fratello Leonardo assunse il ruolo di direttore commerciale estero. Nel frattempo, nel 1996, fu inaugurato il nuovo stabilimento produttivo, ancora oggi quartier generale della società.

Un’altra importante svolta è arrivata nel 2008, quando Stosa ha deciso di rivoluzionare la fase di progettazione. “Si potrebbe addirittura affermare che, dal punto di vista del prodotto, Stosa non ha 60 anni di vita, ma 15”, spiega David. “Non eravamo allineati con le misure standard che si vedevano in Europa, quindi nel 2008 abbiamo creato una nuova linea, la Modern Look System, inserendo lo studio di design Rossi & Co. e cambiando radicalmente mentalità, pensiero e art direction. Fu una decisione coraggiosa, perché economicamente non era necessaria. Era un momento di grande lavoro e non avevamo problemi di fatturato”.

Crescita sostenibile

L’evoluzione del marchio è stata completata nei successivi dieci anni, prima con l’introduzione di una divisione marketing interna, nel 2013, e poi con la costruzione di un nuovo insediamento produttivo, nel 2018, che ha riportato Stosa alle origini. “Dopo 40 anni abbiamo smesso di far fare i materiali fuori e abbiamo ricominciato a realizzare tutto all’interno”, racconta David. 

Nella seconda vita di Stosa, la sostenibilità ricopre un ruolo fondamentale. Nel 2012 l’azienda ha ottenuto la certificazione di Fsc, la Forest Stewardship Council, organizzazione internazionale per la salvaguardia delle foreste che da 25 anni opera a livello mondiale per il controllo della catena di custodia. Nel 2020 invece, in piena pandemia, ha siglato l’accordo per la realizzazione dello Stosa Green Park, un progetto di ristrutturazione e ampliamento di tutta l’area industriale dell’azienda, che prevede un piano quinquennale con operazioni di bonifica e piantumazione. Nel luglio 2023 è arrivato poi il primo bilancio di sostenibilità, “il primo redatto da un’azienda di cucine in Italia”, sottolinea Vincenzo Amato, brand manager di Stosa Cucine.

I numeri di Stosa

La sostenibilità è ormai un marchio di fabbrica della produzione di Stosa, riconosciuta anche dai clienti. “L’ecologia e il riciclo”, spiega David, “sono uno dei trend tra i consumatori negli ultimi anni, insieme alla crescente preferenza per uno stile moderno rispetto a quello classico”. La commistione tra design all’avanguardia e attenzione alle tematiche ambientali ha permesso a Stosa di crescere molto negli ultimi anni. “Siamo passati dai 109 milioni di euro di fatturato del 2020 ai 183 milioni del 2022”, afferma ancora David. Il rialzo non ha riguardato solo il mercato italiano. “Se tre anni fa la quota derivante dai paesi esteri era di 24 milioni, nel 2022 è cresciuta fino a 30 milioni”. Europa, Nord e Centro America, ma non solo: le cucine Stosa arrivano anche in estremo oriente, negli Emirati Arabi e in Africa. “Stiamo vivendo uno sviluppo interessante in paesi, come Kenya, Namibia ed Etiopia”.

Quando si parla di arredo e design è difficile fare previsioni sul futuro, ma una realtà di esperienza come Stosa sa come muoversi. “Essendo un’azienda manifatturiera, abbiamo l’obbligo di portare avanti uno studio costante sul prodotto. È difficile prevedere oggi cosa potrebbe accadere nei prossimi dieci anni, ma sicuramente ci dovremo sforzare di capire come si evolveranno il mercato e il mondo della cucina. Oggi i cambiamenti sono talmente veloci che spesso sono imprevedibili e non ci si può far cogliere impreparati. Una cosa che possiamo dire con certezza è che abbiamo un piano di sviluppo dei nostri negozi monomarca che stiamo mettendo a punto, perché sappiamo che rappresentano una grande opportunità”. 

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