Se sei in viaggio in Giappone, e sei un local, all’ora di pranzo avrai quasi certamente optato per il katsusando. Alcuni lo chiamano panino, altri tramezzino e secondo le notizie a disposizione questo piatto a base di maiale e verdure risale al XIX secolo.
A conoscerne tutti i segreti, e averlo portato a Milano, è Alice Yamada, imprenditrice classe 1993, mamma francese e papà giapponese, cresciuta tra New York e Osaka: “Il vero segreto è la qualità dello shokupan (il pane al latte giapponese, ndr) che deve essere croccante fuori e morbido dentro. A fare la differenza è la sensazione al morso. Gli ingredienti poi sono semplici: cotoletta di maiale fritta nel panko, cavolo cappuccio e salsa tonkatzu”, spiega.
Il concept di Katsusanderia a Milano
Per gustare questa preparazione l’indirizzo è solo uno: la Katsusanderia di via Bonvesin de la Riva all’interno di Sidewalk Kitchens, collettivo alimentare composto da 4 cucine, una caffetteria e un’enoteca, nato nel 2021 come spazio di espressione gastronomica per giovani innovatori.
Nel menu del locale ci sono sei proposte, più qualche extra come l’insalata di patate e il curry giapponese. “Il concept nasce dall’idea di portare un tipo di cucina diversa, attuale e pop attorno al katsusando. Di fatto è un panino, ma racconta una storia: è un cibo divertente, che ha alle spalle la cultura giapponese ma è facile da assaporare e ha un prezzo accessibile a tutti (nel menu il classico a 13,50 €, ndr).
L’incontro con Yoji Tokuyoshi, per 10 anni sous-chef di Massimo Bottura
Insieme ad Alice, a dare via al progetto anche l’amico e socio Yoji Tokuyoshi, per quasi 10 anni sous-chef di Massimo Bottura all’Osteria Francescana e fondatore a maggio 2020 di Bentoteca, locale di cucina giapponese tradizionale. Con lo chef, a dicembre di quest’ano Yamada ha portato il katsusando anche a New York presso il Wsa Cafe nel Wsa Building, hub culturale nel cuore del financial district. Lo spazio rimarrà aperto fino a fine gennaio anche se l’intenzione è di prolungarne la durata.
“Ho conosciuto Yoji quando si è trasferito nel 2015 a Milano: essendo originario di Tottori, la stessa città da dove viene mio padre, è diventato un amico di famiglia”, ricorda Alice. “Nel 2022 ho pensato di cercarlo per realizzare un progetto che avevo in mente da tempo: avevo bisogno di una persona con esperienza che condividesse la mia visione. Ci siamo incontrati a una cena e parlando abbiamo scoperto di avere le stesse idee sulla cucina: doveva essere pop e democratica, includere e non escludere, mantenendo la qualità. Così abbiamo deciso di creare il nostro progetto”.
Pan e Motto: due nuovi format di cucina giapponese
Il duo creativo ha aperto a Milano anche altri due format: Pan, pasticceria giapponese, e da pochissimo Motto, primo hand roll bar di Milano. La prima è una bakery kitchen che sui social spopola per il suo concept essenziale e design elegante. “Volevo portare un’atmosfera diversa, cosmopolita che richiamasse le origine mie e di Yoji. Il flan e la baguette, per esempio, sono francesi e arrivano dai miei ricordi di bambina”.
Tra le ricette che Alice ricorda ci sono ad esempio lo oyakodon, ciotola riso bianco cotto al vapore, uova e pollo marinati in una salsa. O lo kabocha no nimono, una sorta di zucca stufata. “Da piccola ricordo che la domenica sera, per non cucinare, si sceglieva tra ramen o yakisoba instantanei che portava mio padre dal Giappone perché qui a Milano non si trovavano ancora”, ricorda.
Milano? “Più internazionale rispetto a 20 anni fa”
“Milano è molto più internazionale rispetto a 20 anni fa ma c’è ancora molto potenziale da sfruttare, motivo per il quale sono qui a Milano con Yoji e non Parigi o a Londra. A Milano non mancano i piatti ma le esperienze giapponesi. Quando vado in Giappone non mangio cose troppo diverse da Milano, ma i concept sono diversi: in Giappone ci sono locali specializzati che lavorano solo una materia prima alla perfezione; a Milano, invece, trovi locali specializzati in ramen o sushi, ma non in altre cose come, ad esempio, udon o tonkatsu“.
Poi c’è Motto, primo handroll bar di Milano che offre temaki cilindrici e ripieni. “La materia prima è la stessa usata in Bentoteca, ma l’esperienza è ovviamente diversa, più street. Abbiamo aperto da Sidewalk Kitchen temporaneamente, per valutare come il locale viene recepito dalla clientela”. Il vero e proprio handroll bar, infatti, in Giappone è un locale dove si consumano i roll al bancone, preparati al momento.
La carriera di Alice prima del food
Prima di entrare nel food Alice ha lavorato nella finanza e nella moda. Due mondi che, specie il secondo, ha trovato non poi così lontani dalla cucina. “Ho studiato finanza e il primo stage che ho cercato era nel settore corporate finance, ma non mi divertiva. Essendo a Milano c’erano molte offerte di stage nella moda, quindi ho scelto un brand internazionale, Moncler, che mi permettesse di lavorare in azienda”.
Qui Alice si occupava del retail. Dopo un’esperienza a Madrid per il gruppo Big Mamma, torna a Milano. “Moda e food hanno in comune l’experience. Non basta vendere un prodotto, ma è fondamentale come lo vendi e dove. Non a caso il trend del fashion ora è proprio quello di vivere esperienze nel food, l’unico settore che ti permette un’esperienza completa dei 5 sensi”.
Essere un’imprenditrice donna nel food in Italia
Ma quali sono le difficoltà di essere un’imprenditrice donna nel food in Italia?
“Il mercato è in costante evoluzione e il personale è un aspetto che, soprattutto nel food, non è di semplice reperimento e gestione. Nel mio caso, non avendo figli, posso decidere di dedicarmi al 100% al lavoro, ma sono consapevole che equilibrare la famiglia e il lavoro sia molto complicato per una donna.
Il food è un settore che richiede tante ore di lavoro, non esiste lo smart working. Se manca una persona sono io che la sostituisco, perché il servizio al cliente deve sempre essere eccellente. Poi capita spesso che, trovandomi alla cassa, mi venga chiesto: ‘Dov’è il titolare?’. Non so se sia perché sono donna o perché sono giovane, ma spesso viene dato per scontato che il titolare sia un uomo”.
“La cucina deve essere accessibile”
Per Alice oggi la cucina ha un imperativo, quello di essere accessibile. “L’accessibilità per me è definita da tre elementi: prezzo, servizio e sapori. Gli estremi – prezzo molto alto, servizio troppo formale, accostamenti di sapori difficili – mettono il cliente in una posizione di ritiro. Pan, ad esempio, è accessibile perché si trovano prodotti particolari ma anche il croissant che tutti conoscono. Il katsusando ha invece all’interno la salsa teriaki, che ha un gusto familiare. Credo che il cliente debba sentirsi a proprio agio, non messo alla prova”.
Intanto, nel 2024 Alice e Yoji vogliono aprire nuove katsusanderie all’estero, e continuare a sviluppare Pan con nuovi servizi. “Il mondo del catering, per esempio, ci piace e lo stiamo approcciando seguendo sempre la nostra filosofia. Nel 2024 è un servizio che vogliamo approfondire”, conclude Alice.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .