Prosecco
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Viaggio nella regione del Prosecco, dove si produce il vino più esportato e copiato nel mondo

Articolo tratto dal numero di dicembre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

Tra Veneto e Friuli si producono le bollicine della letizia, versione frizzante di in medio stat virtus, poiché moderatamente alcoliche e alla portata di tutte le tasche. Vengono ricavate nell’area compresa tra le Dolomiti e l’Adriatico, nelle province di Belluno, Gorizia, Padova, Pordenone, Treviso, Trieste, Udine, Venezia e Vicenza: la regione del Prosecco. È il Glera il vitigno base per la produzione di questo vino brioso, ma con un limite massimo del 15% possono essere usati anche Verdiso, Bianchetta Trevigiana, Perera, Glera lunga, Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Pinot Nero vinificato in bianco.

Prosecco, il quartiere triestino che intitola un’area

Gli ettari si dipanano a perdita d’occhio, ma fanno capo a un luogo: Prosecco, quartiere triestino che, un po’ come Barolo nelle Langhe, intitola un’area. In questo fazzoletto di terra nell’estremo nord-est d’Italia, lungo pendii soleggiati al riparo dalla Bora, si fa vino dall’epoca romana. Tempi in cui gli aristocratici consumatori, imperatori compresi, solevano giustificare il peccato di gola esaltando le proprietà terapeutiche del vino Pucino, originario di quest’area, come testimoniano gli scritti di Plinio il Vecchio.

Con il 1800 è decollata la storia moderna del vitigno e di quanto vi ruota attorno, in testa la prima scuola enologica d’Italia, l’Istituto Cerletti, attiva dal 1876. Qui si sono formati nomi chiave della viticoltura italiana, tra cui brilla Tancredi Biondi Santi, uno dei padri fondatori del Brunello di Montalcino. Nel 1962 veniva costituito il Consorzio della tutela del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, e qui debuttava la prima strada del vino del nostro Paese. Nel 1969 arrivava il riconoscimento della Doc per Conegliano e Valdobbiadene, quindi di Asolo e Montello, 20 anni fa veniva lanciato il  primo distretto spumantistico d’Italia. Ma è il 17 luglio 2009 la data chiave: le anime del Prosecco da quel giorno hanno trovato una propria collocazione, identificandosi in Prosecco Doc, Asolo Prosecco Docg e Conegliano Valdobbiadene Docg.

Il peso delle bollicine sul Pil

Una cosa è certa: le bollicine fanno bene al Pil di quest’area. Dai 28.100 ettari di Prosecco Doc sono state ricavate 638 milioni di bottiglie, l’81% delle quali esportate, per un fatturato complessivo di 3,5 miliardi di euro. Oltre i due terzi delle vendite estere hanno interessato l’Europa (65,5%) e un ulteriore 26,6% il Nordamerica. Il Prosecco Doc guida la graduatoria italiana delle denominazioni di origine certificate da Valoritalia anche in termini di risultato economico.

Il Conegliano Valdobbiadene Docg è terzo nella stessa graduatoria, con 104 milioni di bottiglie e un valore della produzione di 634 milioni. La superficie vitata copre 15 comuni e 8.710 ettari, suddivisi per le tre principali tipologie: il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, le Rive Docg e il Cartizze Docg. L’Asolo Prosecco Docg viene prodotto sulle colline dei comuni del Trevigiano, a corona del borgo di Asolo. Degli oltre 43.500 ettari complessivi dei 18 comuni in cui ricade la denominazione, quelli occupati dai vigneti da cui nasce l’Asolo Prosecco sono appena il 6%. Nel 2022 ha totalizzato 24 milioni di bottiglie certificate. Fiumi di bollicine che, data la brusca frenata dei consumi di vino nel mondo, conosceranno un certo ridimensionamento.

Truffe e falsi in giro per il mondo

Il Prosecco è noto e amato universalmente, genera un significativo volume d’affari e per questo anche qualche incidente di percorso. Con una certa regolarità si sventano truffe e falsi. Il Prosecco, ricorda la testata di settore WineNews, è il vino più copiato al mondo. Sono stati smascherati il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, ma in commercio sono arrivati anche il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova, mentre in Brasile, nella zona del Rio Grande, diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la denominazione Prosecco nell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur.

Nel frattempo il consorzio si è premurato di redigere una mini-guida per identificarlo. Si parte dalla bottiglia che è contrassegnata da un codice alfanumerico univoco sul lato del collarino. Sempre sul collarino bisogna accertarsi che ci sia il data matrix, un codice a barre bidimensionale che consente di verificare l’autenticità della bottiglia. Sul retro della bottiglia l’etichetta deve riportare il logo, la dicitura Prosecco Doc e la certificazione dell’origine Italia – Product of Italy.

Il successo di questi vini si deve in gran parte al rapporto qualità-prezzo. Ancora WineNews ricorda che uno dei marchi più pregiati, il Prosecco Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg di Bisol1542, tocca i 40 dollari a bottiglia. Alle spalle c’è Prosecco Brut Nature di Silvano Follador, con 33 dollari a bottiglia, quindi lo Stella Prosecco Brut di Bottega, a 31. Nella gamma tra i 24 e 28 dollari ci sono il Prosecco di Valdobbiadene Cartizze Docg Dry di Canevel, il  Col Vetoraz, con il Brut Dosaggio Zero, e il Prosecco di Valdobbiadene Cartizze Docg di Nino Franco. Ancora Bottega, poi, con il Gold Prosecco Rosé Brut, Foss Marai, con il Cartizze Prosecco di Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg. Chiudono la top 10 il Particella 232 Nature di Sorelle Bronca e il Giustino B. Extra Dry di Ruggeri

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