Cucina coreana - Cho Eun-hee
Food & Beverage

Viaggio gastronomico in Corea del Sud: 4 indirizzi da non perdere per assaporare la vera cucina coreana

Negli ultimi due anni avrete sicuramente già sentito parlare, almeno una volta, di Kimchi, Tteokbokki o Gimbap. Alcuni dei piatti tradizionali della cucina coreana che hanno letteralmente invaso città, se non nazioni, attraverso fiere dedicate alla cultura orientale, ristoranti e bistrot. Un fenomeno culinario, trasportato anche da un’avvincente ascesa di impulsi provenienti già dal k-pop e dalle numerose serie k-drama apparse negli ultimi anni sulle principali piattaforme di streaming, che sottolinea un’apertura sempre più marcata verso influssi gastronomici internazionali.

Eppure, la cucina coreana affonda le proprie origini in usanze e impieghi della materia prima molto più profondi e radicati nella natura e nell’importanza della biodiversità, rispetto anche a ciò che siamo abituati a vedere attraverso il cosiddetto fenomeno video dei mukbang traboccanti di noodles istantanei. Basti pensare all’arrivo in Italia, e nel resto del globo, della figura – oseremo definire quasi “onirica” – della monaca e cuoca coreana Jeong Kwan; risultato di anni di ricerca dell’ingrediente e dell’io interiore.

Ecco, gli indirizzi e i piatti da non perdere in Corea del Sud.

1.     Onjium – Seul

Fortemente influenzata dagli insegnamenti appresi dalla corte reale della dinastia Joseon, Cho Eun-hee – chef del ristorante Onjium (1 stella Michelin) – lavora quotidianamente su due differenti fronti: la cura di sé e i cambiamenti sociali che riflettono, poi, i piaceri gastronomici e le tendenze di mercato. Il tutto senza snaturare le tradizioni della cucina coreana proveniente dalle otto province.

All’interno della splendida cornice del palazzo Gyeongbok, tra gli spazi minimalisti di Onjium si consuma, dunque, un rito di salvaguardia della cucina della corte reale che, unita ai saperi e agli ingredienti locali, forma un patrimonio di conoscenze, sapori e profumi dal valore inestimabile. Ma la cucina di Cho non è ancorata al passato. La sua è, infatti, un’interpretazione libera da schemi e dettata da influssi moderni che cerca di conservare gli insegnamenti del passato senza perdere di vista il presente e il futuro attorno a lei.

Per Cho, sin dai tempi in cui studiava presso L’Istituto di cucina reale coreana, il cibo è fonte inesauribile di energia, equilibrio e salute. Così, come è importante l’intenzione di preservare con i giovani che giungono fin lì per apprendere, le tradizioni culturali e gastronomiche coreane. Le fermentazioni sono il cavallo di battaglia di Onjium.

2. Jeong Kwan – Tempio di Baegyangsa

Cos’è il nutrimento se non una profonda connessione con i bisogni del tempio che abitiamo? Un rapporto intimo con pensieri, desideri e chiarimenti interni che hanno portato una giovane ragazza della città di Yeongju, a nord della Corea del Sud, a trasferirsi ben presto nel tempio di Baegyangsa per dedicare la propria intera esistenza all’altro in qualità di monaca buddista.

Negli anni di apprendimento e preghiera, Jeong sviluppa un amore, quasi del tutto devoto, per la natura e i suoi lenti ritmi di trasformazione. Preparando piatti esclusivamente di origine vegetale per la comunità del tempio o per chiunque vada a trovarla, ritrova nel cibo una missione di spirito e altruismo che la spingono sempre di più a una conoscenza attiva della cucina come fonte di energia ed equilibrio.

La proposta gastronomica di Jeong ha principi radicati nell’impiego di una dimensione ben lontana dal taglio perfetto o dalla giusta sapidità. Il tempo è la sua risorsa più preziosa; l’ascolto e la presa di coscienza di ciò che un alimento può diventare se sottoposto alla dimensione del tempo è la tecnica che l’ha portata ad aggiudicarsi nel 2022 l’Icon Award dei 50 Best Restaurants Asia, oltre che la partecipazione avvenuta qualche anno prima in una puntata di Chef’s Table. Iconico il suo fiore di loto immerso nel tè.

3. Soul – Seul

Anche solo il nome assegnato a questo piccolo centro di divulgazione gastronomica ci racconta un pezzetto dei piatti e della tradizione culinaria coreana: anima, in ogni sapore, immagine o profumo. L’intento di Yun Dae-hyun è sempre stato quello di rappresentare una Corea del Sud in costante mutamento con modernità ed eleganza. Il tutto impreziosito dalle contaminazioni occidentali apprese durante il periodo di formazione di Hee Eun Kim, chef, co-proprietaria del ristorante Soul e moglie di Yun.

La loro è una cucina espressivamente fusion, frutto di una combinazione di ingredienti e tecniche locali unite ai sapori del mondo; che portano, così, a galla il desiderio comune di colmare il divario tra cucina occidentale e cultura coreana restando fedeli ai piatti più amati dalla comunità e al concetto di fine-dining.

Hee Eun Kim è sicuramente tra le chef emergenti di maggior rilievo in tutta l’Asia per le doti tecniche e lo straordinario uso di concetti e visioni internazionali.

4. The Green Table – Seul

Natura sul tavolo, è questa la visione “totalitaria” di Kim Eun-hee nel suo ristorante situo a Seul: The Green Table. Un elegante vetrina francese contaminata dall’estro creativo di una donna che è riuscita nel tempo a unire gli ingredienti locali con un concept contemporaneo e attento al ritmo delle stagioni.

Eppure, il percorso nella ristorazione di Kim inizia con un evento traumatico, un incidente all’età di 25 anni che la porta a rivendicare sin da subito il diritto personale di ricerca della felicità. Così, senza indugi, abbandona il ruolo di ingegnere per immergersi nello studio e nell’esperienza diretta; determinata ad apprendere più velocemente le principali tecniche culinarie. Impara, così, la cucina francese dai libri e si trasferisce a New York per intensificare i suoi saperi.

Oggi, la sua cucina è il risultato di un bisogno primordiale innato e di una continua evoluzione culinaria tra la cucina del tempio e le tecniche francesi. I suoi ingredienti preferiti sono le radici con cui sperimenta quotidianamente, scoprire nuove consistenze e sapori.

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