Silicon Box
Innovation

Che cosa fa Silicon Box, l’azienda di semiconduttori di Singapore che investe 3,2 miliardi in Italia

L’idea ha quasi dieci anni, ma è stata abbracciata dalle grandi aziende di semiconduttori solo di recente: non costruire chip monolitici, ma circuiti integrati molto piccoli, che svolgono funzioni specifiche, da assemblare come pezzi del Lego. Il risultato è detto chiplet.

Silicon Box, una startup di Singapore nata tre anni fa, ha raccolto 410 milioni di dollari proprio per tradurre in pratica il concetto di chiplet. Pochi giorni fa ha annunciato un investimento da 3,2 miliardi di euro in Italia, che dovrebbe generare 1.600 posti di lavoro, oltre a quelli indiretti per la costruzione della fabbrica, le forniture e la logistica.

Che cos’è Silicon Box

I fondatori di Silicon Box sono Byung Moon Han, ex dirigente di Jcet, un colosso cinese del testing e packaging di semiconduttori, e i miliardari Sehat Sutardja e Weili Dai, marito e moglie, fondatori di Marvell Technology, un’azienda di elettronica statunitense che oggi vale 57 miliardi di dollari. Han è l’amministratore delegato, Sutardja presiede il consiglio di amministrazione.

Con l’ultimo round di finanziamento da 263 milioni di dollari di febbraio, Silicon Box è diventata un unicorno, cioè ha superato il miliardo di dollari di valutazione (1,08 miliardi). Tra i finanziatori di Silicon Box ci sono i rami di venture capital di United Microelectronics, un produttore taiwanese di semiconduttori, e Tdk, gigante giapponese dell’elettronica.

Il direttore degli investimenti di Tdk Ventures, Henry Huang, ha detto a Forbes che “vista la crescita dell’intelligenza artificiale e la domanda elevata, il tradizionale design monolitico dei circuiti integrati non è sostenibile. Bisogna applicare il concetto dei chiplet per rendere i semiconduttori più potenti, a un prezzo più basso. Pensiamo che Silicon Box abbia un chiaro vantaggio tecnologico su molti concorrenti”.

L’azienda assicura che la sua tecnologia può ottimizzare il consumo di energia e abbattere i costi di produzione anche del 90%. Non ha fatto sapere chi siano i suoi clienti, ma ha detto che i chiplet sono usati nel campo dell’intelligenza artificiale. A ottobre ha iniziato a produrre a Singapore, in una fabbrica da 2 miliardi di dollari. Han sostiene che avere sede a Singapore è un punto di forza per Silicon Box, perché la città-stato è rimasta neutrale in un momento in cui i semiconduttori sono al centro di una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina.

Perché i chiplet

Sutardja propose l’idea dei chiplet già nel 2015, quando era amministratore delegato di Marvell. Li chiamò MoChi, che stava per ‘modular chip’, ma richiamava anche un dolce tradizionale giapponese a base di riso. L’idea di fondo è collegare tra loro più chip per costruire un sistema più complesso, anziché realizzare un singolo chip, con un singolo processo di produzione. In questo modo si possono anche combinare chip realizzati con processi diversi: uno fabbricato con un processo ultra-avanzato, per esempio, può essere corredato da altri realizzati con processi più economici o più adatti a una specifica funzione.

Secondo un rapporto di Bcg e dell’associazione di categoria Semiconductor Industry Association, i chiplet possono garantire “livelli di performance prima impossibili”. Per Sutardja permettono anche agli ingegneri di essere più creativi.

Una delle difficoltà, invece, è collegare tra loro i chip in modo che la trasmissione dei segnali sia veloce ed efficiente. Un’altra è il calore: secondo una ricerca ungherese pubblicata dall’associazione internazionale Institute of Electrical and Electronics Engineers, i chiplet sono più esposti di altri chip ai problemi di temperatura che nascono quando tanti componenti si trovano vicini sulla stessa scheda.

I concorrenti

Di recente molte altre grandi aziende hanno sposato l’idea dei chiplet. Nel 2022 molte hanno definito uno standard di produzione, lo Universal Chiplet Interconnect Express, uno standard per produrli. Tra le altre, lo hanno sottoscritto Intel, Samsung e Tsmc.

Come ha sottolineato Forbes.com, negli ultimi anni in Asia si sono accumulati gli investimenti nel campo dei chip per l’intelligenza artificiale. A novembre MangoBoost, che ha sedi a Seul e a Seattle, ha raccolto 55 milioni di dollari. A febbraio, nello stesso mese in cui Silicon Box ha ottenuto 263 milioni, la coreana Rebellions ha annunciato un round da 124 milioni che ha portato la sua valutazione a 650.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .