Camper Valley
Small Giants

Alla scoperta della Camper Valley, il distretto toscano da oltre 1 miliardo di euro

Articolo apparso sul numero di marzo 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Dici Italia e nell’immaginario di tanti stranieri prende forma un’area: la Toscana, set di film, magnete di capitali stranieri, di tale bellezza che chi nasce qui fatica a comprendere la massima di Cesare Pavese secondo cui “un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”. Eppure, per la legge del contrappasso, proprio da queste parti si fabbricano nove camper italiani su dieci. Veicoli pensati – appunto – per andarsene altrove, in libertà, con alloggio al seguito e senza vincoli di prenotazione.

Viaggio nella Camper Valley toscana

E così accade che tra la Val d’Elsa e la Val di Pesa, in cinque comuni tra Siena e Firenze – San Casciano in Val di Pesa (Fi), Barberino-Tavarnelle Val di Pesa (Fi), Poggibonsi (Si), San Gimignano (Si) e Colle di Val d’Elsa (Si) – sia fiorita la Camper Valley, con un valore di produzione che nel 2020 ha sfiorato i 950 milioni di euro, attestandosi poi a 1 miliardo e 150 milioni nel 2021 e a 1 miliardo e 100 milioni nel 2023. Questo dopo un 2022 tremebondo per le difficoltà nella catena dell’approvvigionamento: commesse a cascata si confrontavano con una produzione a singhiozzo per carenza di rifornimenti, anzitutto di chassis.

L’export incide per l’80%, con la Germania primo paese di esportazione, seguita da Francia, Belgio, Svizzera e Regno Unito. Fra diretti e indiretti, si contano ottomila addetti. Archiviato l’annus horribilis 2022, il settore è tornato a crescere e le aziende ad assumere. Anche se sui marchi di settore più significativi non sventola il tricolore. I tre grandi produttori internazionali che qui hanno fabbriche sono i francesi Trigano (con i marchi Rimor e Xgo, prodotti da Luano Camp, oltre ad Arca, McLouis, Elnagh, Mobilvetta, Roller Team, Ci) e Rapido (con Giottiline) e l’americana Thor Industries, che controlla la tedesca Hymer (marchi Laika ed Etrusco).

Attorno a questa terna si muove una miriade di imprese fornitrici di parti strutturali, componenti funzionali, strumentali, di allestimento e di accessori vari. Si va dalla Fratelli Naldini a Lci Italy, ArSilicii, Gruppo Sigel e Dreoni, per fare qualche nome. 

Da Laika a Rimor

Nell’opera di Gaetano Donizetti L’Elisir d’amore, il medico ambulante Dulcamara entra in scena su un carro dorato trainato da cavalli carico di mercanzie, tra cui supposti elisir d’amore e di lunga vita, più altri unguenti miracolosi, ovvero truffaldini. Correva l’anno 1832 e già circolavano carri per il trasporto di persone e merci dotati di alloggio, perlopiù a uso di ambulanti e artisti circensi.

L’anno chiave fu il 1885, quando nel paese più tecnologico dell’epoca, l’Inghilterra, si brevettava un caravan da sei posti trainato da due cavalli, con cucina, tavolo e divano letto. A commissionarlo – e prima ancora idearlo – fu il medico e scrittore William Gordon Stables. Della fabbricazione si occupò il costruttore di carri Bristol Wagon & Carriage Works. Per i primi caravan a motore si dovette aspettare il 1920. Si aprì poi un trentennio non proprio a misura di viaggio, ma nel 1951 la tedesca Westfalia realizzava un proprio modello di camper.

Nell’Italia rurale, tra l’altro fiaccata dall’autarchia mussoliniana, cosa era accaduto nel frattempo su questo fronte? Nulla, almeno fino al secondo dopoguerra. Una delle prime pietre della Valley fu posata dalla Sairauto di Calenzano (Fi), che nel 1948 presentava al Salone dell’Auto il caravan Roller 100. E fu con questo nome, Roller, che l’azienda rinasceva dalle ceneri della Sairauto, arrivando a produrre, negli anni Settanta, oltre 15mila caravan all’anno.

Nel frattempo, nel 1964, a Tavarnelle Val di Pesa muoveva i primi passi Laika, l’azienda di Giovambattista Moscardini che scelse un levriero quale logo e nel nome richiamava i viaggi spaziali. Un nome e un programma di innovazione continuo nell’Italia che, archiviate due guerre e una dittatura e l’esplosione del 1968, scopriva il piacere dei viaggi. La ur-caravan si chiamava Laika 500: parte superiore abbassabile durante il viaggio grazie a un meccanismo telescopico e aerodinamica al punto da poter essere trainata da una Fiat 500 (di qui il nome).

Fu poi la volta del primo camper Laika, della serie Motorpolo, quindi di Ecovip, ma anche della cessione al gruppo tedesco Erwin Hymer, con trasferimento a San Casciano in Val di Pesa. Altra azienda storica è la Mobilvetta, fondata nel 1961 a Barberino Val d’Elsa, in realtà fiorita come mobilificio. Rimor veniva fondata nel 1978 da Luano Niccolai.

Le origini

Perché tutto originò in quest’area toscana? Lo spiega Ludovica Sanpaolesi de Falena, direttore generale dell’Associazione produttori caravan e camper.

“Le prime due aziende dai numeri importanti, Roller e Laika, si avvalevano di una rete di fornitori artigiani, perlopiù locali. Barberino Val d’Elsa e Poggibonsi erano già centri di eccellenza, anzitutto nella lavorazione del legno, e alcune di queste aziende, come Mobilvetta, divennero fornitori di Roller e Laika. Con il tempo alcuni di questi artigiani decisero di passare alla produzione di caravan e camper, abbandonando il core business di partenza. In questo processo giocò un ruolo importante il fatto che le maestranze attive in Laika provenissero tutte dal territorio circostante: in ogni famiglia – prevalentemente di origine contadina – c’era qualcuno che lavorava in Laika e altri in aziende artigiane fornitrici dei produttori di caravan e camper. Tale familiarità con il saper fare, sia dal punto di vista dei fornitori che da quello dei produttori, ha probabilmente favorito la trasformazione di alcune aziende da fornitrici a produttrici”.

Tutt’oggi si cerca di ‘cucinare’ il più possibile in casa, o meglio nella Valley, fermo restando che “ora, come allora, molte componenti fondamentali, come gli chassis, provengono dall’automotive e quindi da zone extra-Valley. La maggior parte degli chassis viene fabbricata negli stabilimenti Stellantis di Atessa, in Abruzzo, ma alcuni vengono anche da Ford, Mercedes, etc.

“Un camper è una casa viaggiante, ha molte componenti. Nella cosiddetta distinta base di un camper si possono contare anche 1.500 codici. Per riuscire a creare camper con tutti i comfort, come richiede il mercato, è necessario andare anche oltre le filiere artigianali del territorio, rivolgendosi a fornitori che consentano di raggiungere le necessarie economie di scala. Tuttavia molti componenti, come i tessuti, i divani e i sedili cabina, i portelloni, il mobilio e le pareti sono rimasti saldamente sul territorio”.  

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .