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Come i vitigni ibridi stanno rivoluzionando la viticoltura e quali sono i rischi e le opportunità

Le zone vitate del Veneto, una delle regioni vinicole più pregiate d’Italia, stanno assistendo a un cambiamento agricolo che ha acceso dibattiti tra produttori e ambientalisti. I vitigni resistenti ai funghi (frg), frutto dell’ibridazione tra la tradizionale vitis vinifera europea e specie resistenti nordamericane e asiatiche, stanno silenziosamente rimodellando il futuro della viticoltura. Ma questi ibridi rappresentano davvero un’innovazione sostenibile o sono una minaccia alle secolari tradizioni vinicole?

Il caso dei vitigni ibridi: sostenibilità e risparmio

Il clima umido del Veneto, terreno fertile per le malattie fungine, pone sfide significative ai vitigni tradizionali. Peronospora e oidio richiedono fino a 12 trattamenti chimici all’anno nei vigneti convenzionali e ancora di più (fino a 24 in alcuni casi) nei sistemi biologici, aumentando costi e impatto ambientale. Ecco che entrano in gioco i frg. Questi ibridi riducono la necessità di trattamenti chimici fino all’80%, con meno passaggi di trattori, minor compattazione del suolo e ridotte emissioni di carbonio. Secondo uno studio in Friuli-Venezia Giulia, l’adozione dei frg ha tagliato le emissioni di CO2 nei vigneti del 38% rispetto ai vitigni tradizionali.

I vantaggi finanziari aumentano il loro fascino. Il costo della gestione delle malattie nei vigneti di vitis vinifera si aggira in media sui 2.500 euro per ettaro all’anno nelle zone più sensibili, rispetto ai 600 euro di alcuni frg. Questi risparmi risultano particolarmente attraenti per i piccoli produttori, che beneficiano anche di rese costanti nonostante le condizioni climatiche difficili. Alcuni viticoltori riportano persino di vendere vini frg a prezzi premium, sfruttandone l’appeal di nicchia e le credenziali ambientali.

Opportunità di crescita

I frg si allineano agli obiettivi del green deal europeo, che mira a ridurre l’uso di pesticidi e le emissioni di gas serra. Il settore vinicolo veneto, dominato dai vini a denominazione di origine protetta (Dop), potrebbe vedere nuove opportunità di mercato se i cambiamenti normativi permettessero l’inclusione dei frg nei blend Dop. Questo cambiamento potrebbe ridurre i costi per i grandi produttori e rafforzare la reputazione della regione per la viticoltura sostenibile.

Inoltre, le ricerche in corso presso istituzioni come l’Università di Padova mirano a ottimizzare la coltivazione e le tecniche di vinificazione dei FRG. Ciò potrebbe migliorare la qualità dei vini e l’accettazione da parte dei consumatori, spianando la strada a una maggiore adozione.

Rischi e sfide

Nonostante questi vantaggi, la resistenza ai frg persiste, soprattutto tra i tradizionalisti. I critici sostengono che i frg potrebbero diluire l’identità dei vini italiani, profondamente legati al loro terroir e ai vitigni tradizionali. La normativa italiana attuale vieta i frg nei vini Dop, limitandone l’utilizzo ai vini da tavola e a indicazione geografica (Igt), che rappresentano solo il 19% della produzione veneta.

Anche lo scetticismo dei consumatori rappresenta una sfida. Gli studi suggeriscono che, sebbene i consumatori attenti all’ambiente apprezzino la sostenibilità dei frg, molti li considerano ancora inferiori alla vitis vinifera a causa di percezioni radicate di minor qualità. Inoltre, una comunicazione poco chiara spesso porta una confusione tra frg e organismi geneticamente modificati (ogm), complicandone ulteriormente l’accettazione.

Gli ostacoli tecnici dei vitigni ibridi

I frg non sono esenti da ostacoli tecnici. I produttori segnalano che alcune varietà sono suscettibili a malattie oggi meno frequenti, come il marciume nero, che possono ridurre i risparmi sui costi. Inoltre, i profili organolettici distinti dei vini frg, inclusa l’acidità elevata e aromi unici, richiedono una gestione attenta per soddisfare le aspettative tradizionali.

Il futuro dei frg in Veneto dipende dal bilanciare tradizione e innovazione. Sebbene l’inclusione nelle Dop rimanga incerta, i piccoli produttori hanno abbracciato la flessibilità dei frg per creare vini moderni e di nicchia con solide credenziali ambientali. I produttori su larga scala, invece, potrebbero utilizzarli per raggiungere obiettivi di sostenibilità senza compromettere la redditività.

L’emergere di nuove tecniche genomiche (ngt) aggiunge un ulteriore livello di complessità. A differenza dei frg, che sono ibridi interspecifici, le ngt implicano modifiche cis-geniche che preservano il patrimonio genetico della Vitis vinifera. Sebbene ancora in fase di studio, le ngt promettono viti resistenti alle malattie che si allineano meglio ai profili vinicoli tradizionali, potenzialmente superando i frg in termini di accettazione sul mercato.

Lotta al cambiamento climatico

I frg rappresentano uno strumento promettente nella lotta contro il cambiamento climatico e nella ricerca di una viticoltura sostenibile. Tuttavia, il loro successo dipenderà dal superamento delle barriere normative, dal miglioramento dell’educazione dei consumatori e dagli investimenti nella ricerca per affinare le loro qualità.

Che i frg diventino una pietra miliare della viticoltura veneta o rimangano una soluzione di nicchia, una cosa è chiara: la disponibilità del settore ad adattarsi plasmerà la sua resilienza di fronte alle sfide ambientali e di mercato. Mentre i vigneti veneti evolvono, il dibattito sugli ibridi sottolinea il delicato equilibrio tra progresso e conservazione nel mondo del vino.

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