DI JOSEF NIERLING
Un fattore chiave per essere competitivi è coltivare il talento, ispirare e stimolare la creatività, sprigionare il potenziale delle persone, imparare dal cliente e aprirsi a collaborare in reti e piattaforme con nuovi soggetti spesso sinora lontani dal nostro business. Se, nel passato, i migliori talenti sono stati dedicati a risolvere i problemi più complessi, oggi i talenti devono essere focalizzati all´individuare nuove opportunità e, soprattutto, alla valutazione delle stesse in termini di potenziali economici realizzabili. E, per la velocità di cambiamento del contesto competitivo, i talenti da ricercare sono quelli dotati di eccellente agilità nell’apprendimento, la quale guardando al futuro, è più rilevante di una profonda esperienza in ciò che oggi è al centro delle nostre attività. Decade anche l’importanza della provenienza dal proprio settore di business, in quanto gli stessi confini tra settori industriali sono sempre più labili.
La digital transformation porta infatti a ripensare il proprio modello di business all’interno di un “ecosistema” disegnato attorno al cliente. Gli ecosistemi mettono insieme attori che offrono soluzioni accessibili in maniera digitale trasversali rispetto alle industrie tradizionali. Si pensi all´evoluzione di una casa automobilistica da produttore di automobili a fornitore di mobilità: i clienti potranno accedere durante lo spostamento ad un´ampio range di servizi attraverso un´unico “gateway” offerto dalla stessa. Quindi, per il successo di una casa automobilistica, non bastano più le eccellenti idee ingegneristiche, ma la capacità di vedere oltre ai confini del proprio settore con gli occhi del cliente.
E, per questo, non bisogna cercare solo “i talenti”, ma soprattutto “il talento” dentro ognuno delle persone che compongono il team di lavoro, l´unicità personale. È l´intera azienda che deve imparare ad imparare velocemente per sopravvivere. Per apprendere velocemente, bisogna creare una cultura che stimoli la sperimentazione, la prototipazione delle idee, l´errore “intelligente” che permette di proseguire con una soluzione migliore. Imparare dai “Maker”, abbracciare il potere del “Do It Yourself” nelle aziende: come suggerisce Chris Anderson, teorizzatore del “Maker” quale elemento di rivoluzione del settore manifatturiero, bisogna stimolare anche nelle grandi aziende una cultura imprenditoriale diffusa per sostenere l’innovazione continua.
Da molteplici esperienze di consulenza in diversi settori crediamo fortemente che si possa agire sul contesto organizzativo per facilitare in maniera importante il processo creativo, consentire a quello che il premio Nobel Kahneman chiama il “Pensiero Veloce” di esprimersi al meglio. E, comprendendo come la nostra mente tende a reagire, in particolare dove e come il Pensiero Veloce rischia di sbagliare, sviluppiamo quegli elementi di stimolo (i cosiddetti “Nudge” di Thaler), che supportano il lavoro dei Knowledge Workers. Kahneman infatti individua alla guida del nostro comportamento due sistemi di pensiero. Il Pensiero Veloce, che è inconsapevole, intuitivo e costa poca fatica. E il Pensiero Lento, quello consapevole, che usa ragionamenti deduttivi, che richiede molta più concentrazione. Il premio Nobel sostiene che la creatività dipende dal Pensiero Veloce. Nella misura in cui il Pensiero Veloce opera le associazioni d’idee, è essenziale per la creatività. Certamente, per la tenacia e la persistenza nel processo creativo, dobbiamo poi fare affidamento anche sul Pensiero Lento.
Per stimolare la creatività, spingere le persone a vedere le sfide del business attraverso nuove prospettive, e collaborare nella generazione di nuove idee, non serve investire su complesse piattaforme digitali di collaborazione, quanto piuttosto sui fattori che influenzano I comportamenti della persona. Abbiamo ad esempio introdotto nei nostri uffici di consulenza delle “crazy room”, ricche di accorgimenti per stimolare sia la creatività del singolo sia la creatività collettiva.E abbiamo esportato i nostri principi di organizzazione del lavoro anche in settori in profonda trasformazione come quello del giornalismo. Abbiamo ad esempio lavorato per una delle principali società di publishing italiana. Concetti del Simultaneous Engineering dell’automotive del Extreme Programming del mondo IT sono stati combinati a concetti di office design per cambiare processi e comportamenti. Secondo il direttore di una delle riviste del gruppo, ripensare l´organizzazione e lavorare sull´”architettura decisionale” ha permesso di liberare l´energia e la capacità da investire nell´integrazione tra redazione tradizionale e digitale.
In un contesto di turbolenta trasformazione, ad alta volatilità e complessità, per orientare tutti i collaboratori agli obiettivi strategici non sono più sufficienti i processi standardizzati, l´ordine e la disciplina nell´esecuzione. Per l’implementazione di una trasformazione strategica bisogna attingere ancora una volta a strumenti propri della scienza comportamentale.
Ad esempio, da un assessment presso uno dei nostri clienti, una multinazionale di origine tedesca nel settore degli impianti di produzione di energia, abbiamo costatato che nell´implementazione della strategia funzionale nell’area ricerca e sviluppo si contavano più di 100 iniziative strategiche, tutte ben strutturate e pianificate. L’organizzazione però era caduta nella trappola della cosidetta “planning fallacy”, la tendenza di sottostimare il tempo di realizzazione delle attività. Anche in questo caso la soluzione può venire dal Nudge Management. Alcuni semplici elementi, come la presentazione ai “peers” delle iniziative, degli obiettivi e tempistiche, fanno parte dell´”architettura decisionale” che porta al successo: è dimostrato (implementation intentions) che il committment aperto con i “peers” spinge ad una più attenta valutazione dei tempi. Per concludere con una metafora automobilistica, per vincere una gara non basta avere eccezionali automobili, ma anche eccezionali piloti. Oggi sono loro, le persone, al centro.
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