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6 lezioni di business dal genio che ha fondato McDonald’s

Il Museo McDonald’s in Illinois riproduce fedelmente il primo ristorante aperto dal fondatore Ray Kroc nell’aprile 1955.

Se McDonald’s è diventato il colosso da oltre 24 miliardi di dollari di fatturato l’anno che è oggi, lo deve in gran parte alla genialità del suo fondatore Ray Kroc, che per 17 anni, prima dell’appuntamento con il destino all’età di 52 anni, ha venduto bicchieri di plastica per la Lily Tulip Cup Company. Kroc, nato in Illinois nel 1902 da una famiglia di immigrati cecoslovacchi (e morto nel 1984 in California), ha saputo trasformare l’idea di due fratelli californiani di nome McDonald’s – che a San Bernardino avevano dato vita a una hamburgeria di successo – in una vera e propria macchina da soldi, grazie alle sue intuizioni nell’ambito della ristorazione, del franchising e della pubblicità. Kroc è stato un sagace venditore, astuto comunicatore e leader carismatico. Perché gestire un’azienda, scrive nella sua biografia Grinding it out: the Marling of MacDonald’s (in collaborazione con Robert Anderson, edito in Italia da Newton Compton col titolo La vera storia del genio che ha fondato McDonald’s), non è come dipingere un quadro: “Non puoi dare il tocco finale di pennello e poi appenderla al muro e ammirarla. Affisso sui muri nel quartier generale di McDonald’s abbiamo uno slogan che dice: «Non c’è nulla di più volubile del successo. Non permettere mai che abbandoni noi o te». E non avrei mai lasciato che accadesse”. Ecco le altre lezioni che ci ha lasciato Ray Kroc.

1. Avere una visione
Non c’è niente da fare: nessun business prende forma se non è sostenuto da una ambiziosa visione del futuro. Quando Kroc fece visita alla hamburgeria dei fratelli MacDonald’s a San Bernardino in California per vedere di persona come i loro otto frullatori Multiplex (all’epoca Ray vendeva questi “brutti frullatori a sei fruste per frappè”) fossero diventati tanto famosi, ebbe la più classica delle visioni. Il drive-in realizzato dai fratelli Mac e Dick McDonald’s vendeva i migliori hamburger della zona e tutto funzionava alla grande. “Quando vidi quell’ingranaggio in funzione, quel giorno del 1954, mi sentii come un Newton tardivo a cui era appena rimbalzata sul cranio una patata dell’Idaho”. E da lì fece di tutto per accaparrarsi i diritti in franchising con l’obiettivo di espandere l’impresa in ogni parte degli Stati Uniti. “Il mio sesto senso mi urlava che il nome McDonald’s era proprio quello giusto, e quello di certo non avrei potuto rubarlo”.

2. Prima viene il cliente
In tutta la sua carriera da venditore Kroc non ha mai nascosto di aver sempre agito nella maniera migliore per tutelare il cliente. “Mi accertavo anche che i clienti grossi non ci perdessero facendo affari con me anziché con la concorrenza”. A tal punto percepiva la fiducia come il vero valore aggiunto della relazione con i clienti che, quando lavorava ancora per la Lily Tulip Cu Company, li avvertiva sui futuri aumenti di prezzo: “Senti, penso sia meglio che tu faccia scorta di bicchieri di carta. Credo che ci sarà un aumento dei prezzi. Non c’è niente di ufficiale ma c’è qualcosa nell’aria”. Anni dopo, quando McDonald’s decise di aumentare i prezzi dei suoi hamburger (inizialmente costavano 15 centesimi), lottò perché l’aumento fosse solo a 18 centesimi, anziché 20: “E, santo cielo, salire a 18 centesimi significava già un aumento del 20%! Ad ogni modo vinsi io”. E anche nei rapporti con i licenziatari il rapporto era sempre improntato sulla reciproca correttezza: “Ci saranno solo due grandi incentivi allo sviluppo della fiducia in quest’operazione, ossia che io possa offrire un accordo giusto e chiaro, e che il tizio in questione ci guadagni. Mi caccerò anche in un mare di guai, rimarrò in mutande, ma sarò là ad aiutarlo e a fare tutto il possibile per accertarmi che faccia buoni affari. Finché io mi comporto così, andrà tutto bene”.

3. Less is more
Fai solo quel che ti riesce bene. Discostarsi dal core business in cerca di ulteriori (e facili) ricavi può essere controproducente. “Un’altra decisione che presi all’inizio dei giochi e che rimase tale nel corso degli anni”, ha raccontato ancora Kroc, “fu quella di non mettere nei McDonald’s telefoni a gettoni, jukebox o macchinette di alcun tipo […]. Tutti quegli aggeggi creano un traffico improduttivo nel locale e incoraggiano il vagabondaggio, che può disturbare i clienti. Ciò avrebbe intaccato l’immagine famigliare che volevamo creare per McDonald’s. In più, in certe aree alcuni distributori automatici erano controllati dal crimine organizzato, e io non ne volevo sapere di quelle cose”.

I primi hamburger e cheeseburger ricreati al museo McDonald’s in Illinois. Gli hamburger venivano venduti a 15 centesimi, mentre i cheeseburger a 19 centesimi.

4. Perfezionare i dettagli
“Dovete perfezionare ogni aspetto del vostro business se volete che riesca bene”. La cura nel dettaglio e nella qualità del servizio ha dominato McDonald’s fin dagli esordi, anche nel friggere le patatine. Ma nonostante Kroc avesse memorizzato la procedura con cui venivano cotte le patatine fritte a San Bernardino, non riusciva a riprodurle con esattezza: “Ripetei l’operazione ma il risultato fu lo stesso: patatine molli e insipide”. Contattò addirittura la Potato & Onion Association per capire quale fosse il problema e gli spiegarono che quando le patate vengono raccolte sono composte per lo più di acqua e che i fratelli McDonald’s, lasciandole nei bidoni aperti, avevano senza saperlo favorito il processo di solidificazione naturale. La soluzione? “Con l’aiuto degli esperti creai un processo di solidificazione adatto a me. Tenevo le patate sistemate nello scantinato in modo che fossero sempre quelle più vecchie a essere usate in cucina. Feci installare anche una grande ventola elettrica che arieggiava continuamente i tuberi”. E così Kroc ebbe le sue patatine.

5. Approccio positivo alla concorrenza
Kroc puntava fortemente su qualità, servizio, pulizia e valore. Così facendo, “vedrai che i concorrenti si sfiniranno nel cercare di starti dietro”. Esemplare il caso della nascita del Filet-O-Fish, intorno agli inizi degli anni ‘60, a Cincinnati, dove la popolazione era in larga parte cattolica e la chiesa di venerdì ordinava ai fedeli di astenersi dalla carne. Un bel grattacapo per uno dei locali McDonald’s che doveva vedersela con la catena Big Boy che, guarda caso, aveva un panino di pesce e così toglieva gran parte della clientela a McDonald’s. Nonostante una certa ritrosia iniziale a lasciare che si cucinasse del pesce nel proprio locale, Kroc acconsentì alle richieste insistenti dei suoi assistenti e inventò il Filet-O-Fish di McDonald’s. “Iniziammo a venderlo solo di venerdì in aree limitate, ma ci arrivarono così tante richieste che nel 1965 lo rendemmo disponibile in tutti i nostri locali ogni giorno, pubblicizzandolo come il ‘pesce che fa abboccare la gente’”.

6. La pubblicità come investimento
Kroc dice di non aver mai esitato a spendere soldi per pubblicità e pubbliche relazioni, “perché mi ritornano con gli interessi”. Certo, il beneficio può avvenire in varie forme, ma “un bambino a cui piace la pubblicità in TV e si fa accompagnare dai nonni da McDonald’s ci porta due clienti in più. Questo è beneficio diretto generato dai dollari investiti in pubblicità, ma lo scettico tutto ciò non lo apprezza perché vuole la botte piena e la moglie ubriaca”.

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