Lo stile di una Milano che sentiva il fascino della Belle Époque, che passava attraverso le 2 guerre mondiali, il boom degli anni ‘50, le forme degli anni ‘60, le nuove mode degli anni ‘70 fino ad arrivare alla “felicità” degli anni ‘80 e agli anni ‘90. Il tutto raccontato tramite gli abiti indossati dalle donne della medio-alta borghesia durante le occasioni mondane: cene di gala, gran balli, prime della Scala, ma anche momenti da giorno come concerti pomeridiani, matrimoni e tanto altro ancora.
Questo in una mostra dal titolo “Outfit ‘900. Abiti per le grandi occasioni nella moda di Palazzo Morando” che aprirà per l’appunto a Palazzo Morando domani, il 20 dicembre, per chiudersi quasi un anno dopo: il 4 novembre del 2018. Un’esposizione che si inserisce nel progetto dell’Assessorato alla Cultura meneghino di proporre, per l’anno che sta per prendere il via, un palinsesto culturale sul Novecento italiano.
La durata, più lunga rispetto al solito, non è casuale, come spiega Ilaria De Palma, tra i curatori insieme a Gianluca Bovenzi e a Barbara De Dominicis: “Corrisponde alla rotazione annuale dei costumi di Palazzo Morando mostrati al pubblico per far conoscere la collezione di moda. Ci «inventiamo» ogni volta un taglio particolare per valorizzare ciò che è in possesso del Comune: l’anno scorso erano le paillettes, quest’anno abbiamo puntato sui vestiti, con la convinzione che ognuno di quelli esposti abbia una storia da raccontare, alla città di Milano sì, ma non solo”.
E così, al primo piano dello storico palazzo di via Sant’Andrea, proprio dentro il Quadrilatero della Moda, oltre a Milano e la Mala, potrete ammirare una serie di abiti, per lo più frutto delle donazioni libere di cittadini, in particolare milanesi.
La mostra è suddivisa in due sezioni: una dedicata a cosa si indossava durante il giorno e l’altra alla moda da sera. Nella prima abiti da sposa, da cerimonia ed evento diurno documentato. La sezione sera, invece, inizia con l’abito da gran pranzo per giungere al ballo e alla serata di gala, prosegue con altri abiti indossati durante crociere in viaggio verso gli Stati Uniti, ricevimenti a corte e tanto altro. Ognuno degli abiti esposti, seguendo una prassi avviata da Grazietta Buttazzi – che negli anni ‘70-80 ha dato il via alla costituzione dell’enorme patrimonio di Palazzo Morando – è accompagnato da una foto donata dagli stessi proprietari.
“Le immagini, datate tra gli anni ‘30 e gli anni ‘90 del ‘900, aiutano a contestualizzare meglio il momento e a capire la scelta delle donne di quell’epoca sul puntare su un determinato abito per interpretare quello che era il loro ruolo in società”, spiega Ilaria De Palma. “Per esempio il vestito più antico risale ai primi del ‘900, è un abito da gran pranzo per giungere al ballo, lungo, della Sartoria Ventura di Milano. Abiti lunghi con lo strascico, anche accompagnati da un mantello, sono quelli scelti dalle donne per la sera durante gli anni ‘20, come per esempio quelli realizzati da Liberty e Worth, maison londinesi a Parigi non più esistenti, e che sono stati oggetto di restauro da parte di Tessili Antichi s.r.l. grazie al sostegno dell’Associazione Dimore Storiche Italiane. Alla seconda maison, si deve la scollatura dell’abito da ballo che indossava Claudia Cardinale nel Gattopardo. Negli anni ‘30 le forme cominciano a essere più semplici, a testimoniarlo un altro abito firmato Worth. Gli anni ‘40 e ‘50 sono caratterizzati dal cosiddetto ‘new look’ con abiti sontuosi che si allontanano dal clima austero delle guerre e per i quali sono necessari decine di metri di tessuto”.
Dagli anni’50 agli anni ‘60, invece le forme tornano più aderenti al corpo: “I volumi rimangono”, racconta la curatrice, “ma non sono le forme esuberanti di prima. Emblematico degli anni ‘60 è un abito di Pucci con tessuti stampati su seta”. Negli anni ‘70, l’immagine della donna cambia: vengono meno le forme giunoniche di Sofia Loren e di Gina Lollobrigida e si passa a donne più sottili con una eleganza non troppo esibita: esempio di questo periodo è un abito di Yves Saint Laurent. Ma ci ispira anche a culture lontane sia negli anni ‘70 che negli ‘80 “come si può vedere nell’abito di Krizia, datato 1988, alla ricerca di forme strane e di esotismo”.
Quanto agli abiti da giorno, particolare importanza hanno quelli da sposa. “Gli storici del costume sostengono che l’abito da sposa non sia mai cambiato, ossia sia sempre stato bianco, da quando è stato istituito il dogma dell’Immacolata Concezione. Ma nella mostra troviamo sia un abito blu da rito civile, degli anni ‘30, che un tailleur rosa confetto di Paolo Gatti del 1990”. Determinanti per questa esposizione, come accennato, sono i documenti a corredo. “Siamo riusciti a contestualizzare l’abito del primo ‘900 grazie a un foglietto nascosto che diceva quando era stato indossato o, per esempio, l’abito indossato durante la crociera dell’Andrea Doria diretta negli Stati Uniti, realizzato dalla sartoria Del Pio negli anni ‘50, è accompagnato proprio da una foto durante il ballo che non lascia adito a dubbi”.
Guest star di “Outfit ‘900” è un abito che in molti ricorderanno, disegnato da Giorgio Armani e indossato da Glen Close durante la cerimonia degli Oscar del 1994, anch’esso accompagnato da una foto, quella del red carpet, che i curatori hanno ricevuto dall’agenzia Globe Photos. “Quest’abito è il frutto della collaborazione con Armani, che c’era già stata durante la mostra sulle paillettes. Ho mandato una mail chiedendo la loro partecipazione e hanno risposto proponendo questa loro splendida creazione. Ma importante è stato il sostegno anche di Pucci, che ci ha dato delle dritte importanti per allestire il loro abito visto che i nostri manichini sono sartoriali, pertanto senza gambe”.
Per chi si vuole preparare prima o ha curiosità dopo averla vista, c’è anche il catalogo scaricabile gratuitamente sul sito di Palazzo Morando.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .