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Cultura

L’educazione sentimentale di Sally Rooney

L’autrice irlandese Sally Rooney, 27 anni.

Si parla sempre più spesso della crisi dell’amore nell’epoca del 2.0, che come ogni crisi che si rispetti è inesorabilmente caratterizzata dal nuovo che avanza: il vecchio incontro casuale è stato sostituito dallo swipe a destra su Tinder, il corteggiamento con mazzi di rose da una strategia di like tattici che neanche le più complicate partite a Risiko, e l’amore tout court da un profilo di coppia su Facebook. Si parla sempre più spesso, e forse è questo il problema in un’epoca in cui tutti hanno da dire la propria su tutto. Si parla di amore e a quanto pare di amore se ne fa sempre più poco, o almeno così dicono le più recenti statistiche sul comportamento sessuale dei Millennial, sempre più impegnati a districarsi tra chat, Stories e messaggi vocali da dimenticarsi dei propri istinti.

Si discute d’amore e di crisi anche in Parlarne tra amici, romanzo fresco di stampa della ventisettenne irlandese Sally Rooney, in uscita per Einaudi con la traduzione di Maurizia Balmelli. Il libro racconta con freschezza il complicato rapporto con i sentimenti di Frances, una studentessa di ventun’anni stagista presso una agenzia letteraria, poetessa e performer di spoken word in una Dublino pettinata e radical chic. Il romanzo, uscito lo scorso anno sul mercato inglese e americano con il titolo Conversations with Friends, è esso stesso una lunga conversazione sugli esiti delle relazioni moderne, disperatamente incastrate tra vita on e offline. La conversazione sulla morte dell’amore – c’è da dirlo – si trascina quasi immutata dai primi del Novecento. A cambiare sono solo i mezzi tecnologici a cui si dà la colpa. Corna, modernità tossica e decadenza erano già i crucci di Marcel Proust, pur senza che si controllassero gli ultimi accessi su WhatsApp o si goooglasse il nome dell’amata per non dimenticarne il volto.

E se Frances, Millennial proveniente da una famiglia divorziata della middle class, dichiara di essere “anti-amore” – quando in realtà va a letto con un uomo sposato, di cui cerca disperatamente di attirare l’attenzione con un sesso sempre più esigente ma sempre più privo di complicità e comprensione, pur restando morbosamente attaccata alla sua ex – in realtà non dice niente di nuovo. Nell’universo di Parlarne tra amici, dove uno strano “ménage-à-quatre” è il trionfo delle relazioni disfunzionali, non è la sola ad essere così assorbita da se stessa, così occupata a dare e darsi etichette (poliamorista, lesbica, bisessuale, marxista, di destra, di sinistra, o effemminato, virile, ricco, povero) da non riuscire a guardare a un palmo dal proprio schermo. La ex fidanzata Bobbi, forse il personaggio più riuscito del romanzo, ne è la nemesi: tutti preferiscono Bobbi, che è semplicemente e ostinatamente lesbica, di una bellezza sorprendente e di una brillantezza acuta che si contrappone all’intelligenza di Frances, che tutti lodano ma che nessuno comprende.

La copertina di “Parlarne tra amici” (Einaudi).

Nick, che con Frances intrattiene una relazione extraconiugale, è nell’aspetto e nei modi il perfetto maschio funzionale: attore di discreto successo che ha recitato in commedie romantiche e pièce teatrali senza pretese, di buona famiglia, sempre ben vestito e soprattutto bello. Ma la sua inettitudine si rivela laddove Google non può arrivare: dorme in una camera separata rispetto alla moglie, ha performance sessuali mediocri e ripetitive, si dimostra passivo di fronte a ogni cosa lo tocchi, compresa Frances, a cui dice di essere “fondamentalmente marxista”, ma che non vuole essere giudicato perché ha una casa di proprietà. Non si salva nessuno, men che meno la moglie di Nick, Melissa, giornalista di fama che non fa nulla per nascondere le sue crisi isteriche per un mazzo di fiori reciso nel modo sbagliato e finge di non vedere l’adulterio che si consuma sotto ai suoi occhi. In tutto questo la “conversazione”, termine che dominava il bel mondo di fine Ottocento, si ripete in una giostra di apparenze. Se in Alla ricerca del tempo perduto a dominare la conversazione era l’aderenza al capitalismo – la nuova eccitante realtà che si andava consolidando in Francia, così estranea e stimolante per la nobiltà in crisi che frequenta Marcel – nella Dublino che si riprende dall’ultima crisi economica il nuovo e velleitario mantra è “annientare il capitalismo”, tema che ritorna più e più volte nel romanzo. Di questo annientamento, non serve dirlo, non c’è traccia nelle azioni dei protagonisti, così come il salotto di Madame de Villeparisis non aveva la minima intenzione di abbandonare i propri titoli per lanciarsi nell’avventura imprenditoriale.

Parlarne tra amici è solo l’ultima delle tante narrazioni di questi nuovi amori, o meglio di queste nuove relazioni, precedute da logoranti scambi di messaggi, battute ad effetto studiate con settimane di anticipo, risposte-che-non-sono-risposte, messaggi senza lettere maiuscole perché le maiuscole sono troppo impegnative, comunicazioni di servizio su dettagli irrilevanti delle proprie vite. “Mi sono appena alzata”, “Sto per farmi la doccia”, “Mi preparo la cena”. E come non pensare a Cat Person, il pezzo del New Yorker di Kristen Roupenian che tanto ha fatto discutere per la desolazione del rapporto tra i due protagonisti, Margot e Robert. Dopo un incontro casuale e qualche giorno di chat compulsiva, i due escono insieme, per il primo appuntamento vanno al cinema a vedere un film sull’Olocausto, si baciano (male, o meglio, Robert bacia malissimo Margot), si spogliano (peggio, o meglio Margot osserva Robert che da solo si spoglia goffamente) e fanno sesso (pessimo, o meglio Margot aspetta che Robert finisca velocemente di fare sesso con il suo corpo).

I pensieri durante l’amplesso di Margot e di Frances, coetanee, sono così simili che è difficile non pensare che questa sia un’esperienza comune in molte ventenni. Un desiderio forte, fortissimo, che deriva dalla consapevolezza e dall’autodeterminazione che molte ragazze fortunatamente hanno saputo costruire, dalle barriere che hanno potuto abbattere, dai tabù che hanno voluto cancellare, un desiderio così travolgente e ideale che non riesce a trovare una piena realizzazione nella realtà. Margot, Frances, così come molte altre giovani ragazze, sottostanno all’atto sessuale, che desiderano e cercano spontaneamente, che talvolta vivono anche con soddisfazione fisica, ma che è così pieno di speranze disattese e così svilente da risultare quasi una perdita di tempo. E i maschi, gli avversari del match, sono così pieni di sé da non accorgersi nemmeno di tutto quello che passa nella testa (o nel corpo) delle loro partner. Vogliono sentirsi dire di essere desiderati, in una pornografia dei sentimenti e del potere che diventa una frase meccanica, automatica, ma non sanno capire i segnali dell’altro (“Ti è piaciuto?”). E così il sesso, che è anticamera e colonna portante della relazione, diventa inutile merce di scambio.

E allora forse è meglio non correre nemmeno il rischio, e limitarsi alla parte virtuale, al gioco delle chat, dove basta cliccare su “blocca” o spostare i messaggi nel cestino per eliminare il problema alla radice e, ancora una volta, sottrarsi alla vita vera. Nonché al rischio di farsi male.

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