Dopo lunghe trattative, strappi politici e annunci mirabolanti, il governo Lega-M5S ha finalmente presentato il nuovo Documento economico finanziario (Def). A conti fatti, i vincitori di questa partita sono i due vicepremier. Per il momento, nonostante la notizia di un deficit al 2,4%, il ministro dell’Economia Giovanni Tria non si è dimesso. Immediata, invece, è stata la reazione dei mercati. Verso l’ora di pranzo (ore 12:15), l’indice Ftse Mib di Piazza Affari registrava un pesante -3,6%, il rendimento sul Btp decennale superava il 3%, mentre la forbice tra Btp e Bund a 10 anni segnava un +15% rispetto all’andamento di ieri (oltre i 275 punti base).
L’aggiornamento del Def contiene molte misure differenti: dagli interventi sulla Legge Fornero alla riduzione delle aliquote Irpef; dalla “pace fiscale” al reddito di cittadinanza; dai fondi per i “truffati dalle banche” al Programma nazionale sulla sanità (allegato al documento).
Osservando i dati, si può notare come il governo preveda di stanziare 10 miliardi per il reddito di cittadinanza. Stando alle dichiarazioni del MoVimento 5 Stelle, questo reddito sarà elargito a partire dall’anno prossimo a un platea di circa 6,5 milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà. Se i numeri verranno confermati, questi 6,5 milioni di italiani riceveranno circa 130 euro a testa, al mese. Per coprire parte dei costi si prevede il ricalcolo delle pensioni oltre i 4.500 euro netti. Inoltre, è giusto ricordare come al momento non sappiamo se questi soldi verranno utilizzato o basteranno per andare per intervenire sulle pensioni minime e sui centri per l’impiego.
Oltre alla misura sul “reddito di cittadinanza”, voluta fortemente dal MoVimento 5 Stelle, la Lega è riuscita ad ottenere una vittoria politica per quanto riguarda la parziale modifica della Legge Fornero e la finta Flat tax. Da un lato, infatti, l’aggiornamento del Def prevede 7 miliardi per ripristinare le pensioni di anzianità attraverso la così detta “quota 100” per un minimo di 62 anni di età e 36 anni di contribuzione. Questa misura darà a oltre 400mila lavoratori la possibilità di andare in pensione anticipatamente. Dall’altro lato, invece, il Def annuncia l’allargamento del fisco forfettario per le piccole imprese e parla di rimodulazione del sistema fiscale, che entro fine legislatura dovrebbe basarsi su due aliquote Irpef (23% e 33%) anziché le cinque aliquote attuali (che variano dal 23% al 43%).
Misure importanti, infine, sono anche quelle riguardanti la Pace (o, per meglio dire, condono) fiscale, che coinvolgerà i contribuenti con cartelle esattoriali e liti fiscali, anche pendenti fino al secondo grado, fino a 100mila euro, e il miliardo e mezzo stanziato per i fondi a favore di quei risparmiatori che hanno subito perdite perché hanno investito nelle obbligazioni subordinate delle banche finite in crisi. Secondo le stime, il condono fiscale dovrà raccogliere circa 14 miliardi di euro, oppure il rischio è che il deficit possa arrivare fino al 3%.
In allegato al Def è stato poi inserito il Programma nazionale riforme per la sanità. Proprio ieri, durante un question time al Senato, Giulia Grillo, il nuovo Ministro della Salute, ha segnalato che per il 2019 il finanziamento del fabbisogno sanitario standard sarà incrementato di 1 miliardo. Quello che emerge dal Def è che mancano del tutto gli investimenti pubblici in conto capitale, così come non perviene nessuna vera e propria misura a supporto della modernizzazione del Paese e delle infrastrutture. Insomma, sembra che si stia già guardando di più alle prossime elezioni europee, che al futuro economico del Paese.
L’aggiornamento del Def, oltre a prevedere un deficit al 2,4% per il 2019, 2020 e 2021 (in forte aumento rispetto allo 0,8% previsto dal governo Gentiloni), si basa purtroppo sulla spesa pubblica corrente e non è assolutamente in discontinuità con quanto fatto dai governi precedenti. Il “governo del cambiamento” ha, dunque, preferito suddividere le poche risorse in modo casuale pur di non scontentare nessuno, rischiando così – come sempre avvenuto in passato – di rendere qualsiasi tipo di misura poco efficace nel medio e lungo periodo.
Inoltre, l’affermazione che un maggiore deficit possa portare a un reale incremento della ricchezza e del prodotto è forse l’idea più pericolosa di questo aggiornamento. Se agli investitori non piace quanto previsto dal Def è perché, oltre a mancare le risorse, manca soprattutto un progetto serio che ci possa permettere di servire senza problemi il nostro immenso debito pubblico e di essere credibili agli occhi di chi investe e punta sull’Italia.
La Commissione Europea, che tramite Moscovici è già intervenuta spiegando che è nell’interesse italiano rispettare le regole di bilancio, valuterà la Legge di Bilancio il prossimo 16 ottobre e con i numeri e le proposte attuale è probabile che la rigetti. A quel punto il governo avrà tempo fino al 21 novembre per modificarla nuovamente. Nel frattempo, sia Standard and Poor’s sia Moody’s rimangono alla finestra, visto che il 26 e il 31 ottobre dovranno rispettivamente dare un giudizio sul nostro rating.
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