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Brunello Cucinelli, il profeta del capitalismo umanistico

Brunello Cucinelli
Brunello Cucinelli è ammirato in tutto il mondo per il suo modello di business (Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Articolo apparso sul numero di ottobre 2018 di Forbes Italia. 
Di Cristina Manfredi

“Volevo fare profitto con etica e dignità morale, per ridistribuirlo a chi ha lavorato al mio fianco, a me e al Creato”. A voler sintetizzare, questo è il senso ultimo dell’impegno di Brunello Cucinelli nei confronti dell’azienda che porta il suo nome, quest’anno al quarantesimo anniversario di vita. Per l’occasione, l’imprenditore ha accolto cinquecento invitati in arrivo da tutto il mondo a Solomeo, il paesino nel cuore dell’Umbria dove ha impiantato il suo business di cashmere di alta qualità. Quando nel 1982 spostò lì gli uffici e la produzione, erano in molti a bollarlo come pazzo. Ma oggi, che oltre ad aver ristrutturato tutto il borgo, ha terminato anche i lavori di riqualificazione della vallata circostante, viene difficile dargli contro. Anche perché la società, quotata in Borsa nel 2013, lo scorso dicembre ha superato i 500 milioni di euro di ricavi e punta decisa a una crescita a doppia cifra per il 2018.

C’è chi lo venera come il profeta di un capitalismo umanistico quanto mai necessario, visti gli scenari attuali. Altri mal sopportano i suoi continui rimandi filosofici e il suo talento nell’eludere domande prosaiche sul costo totale delle operazioni di restauro, peraltro portate avanti grazie al sostegno della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli. Piaccia o meno, resta però il fatto che, oltre a dare lavoro a 1700 dipendenti (500 a Solomeo) e a mettere a segno risultati brillanti, Cucinelli rappresenta un approccio al business basato sull’incontro tra numeri e anima. Il suo è un modello ammirato in tutto il mondo, con gente come Jeff Bezos che lo ha invitato a parlare in Amazon della sua esperienza di lavoro e di vita. E che lo rende pregevole punto di riferimento per chiunque creda in un possibile Rinascimento dell’imprenditoria italiana.

Quali sono le pietre fondanti del suo successo?
L’intuizione di colorare il cashmere quando sembrava un’eresia, ma soprattutto il desiderio di essere una persona per bene. Avevo bene in mente le umiliazioni che aveva subito mio padre sul lavoro, una volta abbandonata la nostra vita di contadini, e mi sono sempre ripromesso di rispettare gli altri.

Questi però sembrano più precetti morali che strategici.
Niente affatto, sono del tutto funzionali allo sviluppo del business. L’imperatore Adriano si domandava se è mai esistito qualcuno che non si senta meglio dopo avere ricevuto un complimento e io aggiungo che il lavoro non può e non deve rubare l’anima. L’attenzione verso gli altri, che regola la vita dell’azienda, è un elemento fondamentale dei nostri buoni risultati.

Il monumento Tributo alla dignità dell’uomo che Brunello Cucinelli ha voluto costruire a Solomeo.

Quindi che consiglio darebbe ai colleghi imprenditori che vogliono crescere oggi in Italia?
Smettetela di mandare email a mezzanotte e ritornate a credere nei grandi ideali. Imparare a suddividere il tempo del lavoro e quello del riposo rende le aziende più efficienti. E non siate ossessionati dal profitto, ma imparate a considerarvi semplici custodi pro tempore di quello che avete in mano.

In che senso?
I soldi che abbiamo speso per ridare vita a Solomeo e ai suoi dintorni avrei potuto usarli per comprarmi un mega yacht. Non l’ho fatto perché credo fermamente nel mio ruolo di custode del Creato. È un impegno fondamentale per la società odierna, che va portato avanti, anche se non dà lustro personale. E va fatto utilizzando ogni possibile mezzo, come la quotazione in Borsa.

Cosa c’entra lo sbarco a Piazza Affari del 2013?
C’entra eccome, perché è lo strumento per garantire lunga e prospera vita alla mia azienda. E ha dato credibilità al messaggio che stiamo lanciando giorno dopo giorno. Io non amo parlare di numeri, ma i dati che dobbiamo rendere pubblici dimostrano che questo approccio determina risultati solidi e concreti.

Molti imprenditori sono preoccupati dallo scenario politico internazionale. Lei come lo vive?
Subito dopo l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti ho visto molta paura, ma a me non spaventano né lui né tutti gli altri politici attuali. Al contrario mi piace il fatto che si stiano scatenando mille discussioni: era ora che ritornassimo a confrontarci su certi temi. Quanto al governo italiano, io voglio semplicemente rispettare le leggi che ci dà.

Che sentimenti nutre nei confronti dell’Italia in generale?
Mi sento fiero di essere italiano perché siamo un popolo di persone per bene. E perché abbiamo il migliore Stato sociale al mondo.

Su quali aspetti si deve maggiormente impegnare la cultura d’impresa oggi?
Credo sia fondamentale concentrarsi sul ridare dignità economica e morale ai lavori manuali svolti dai giovani. Smettiamo di pensare che vanno bene a patto che li svolgano i figli degli altri. E sempre parlando di figli, proviamo a non trasmettere più quell’idea che devono avere paura di tutto. Spingiamoli piuttosto ad avere il coraggio di alzare la testa per guardare il cielo e le stelle.

A sentirla parlare, sembra che niente possa scalfire la sua serenità, ma c’è qualcosa di cui si pente?
Sì, mi rammarico di avere dedicato forse troppo tempo all’ira.

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