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Cosa succederebbe se i redditi di tutti gli italiani fossero online

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(GettyImages)

“Una colonna infame. Un favore del governo alla criminalità” (Beppe Grillo). “Una palese violazione della privacy” (consumatori Adoc). “Evidenti problemi di conformità con il quadro normativo” (Garante della Privacy). Correva l’anno 2008 e l’Agenzia delle Entrate pubblicava in rete le dichiarazioni dei redditi riferite al 2005 di tutti i contribuenti italiani. Una novità durata lo spazio di qualche ora, nel corso di una turbolenta mattinata dell’aprile di dieci anni fa. “È un fatto di trasparenza e di democrazia. C’è in tutto il mondo, basta vedere un telefilm americano”, disse Vincenzo Visco. E non aveva tutti i torti l’allora Vice-ministro dell’Economia, se è vero che in Finlandia si è appena celebrata la “Giornata Nazionale della Gelosia”.

Nella terra che ha ispirato il reddito di cittadinanza targato Cinquestelle (i nostri approfondimenti qui e qui), ciascun primo novembre dell’anno il governo pubblica l’imponibile di ogni contribuente. Una consuetudine presto trasformatasi in evento, per cui i giornalisti sostano per ore, di buon mattino, davanti agli uffici del fisco, in attesa che gli ufficiali spalanchino le porte e li lascino spulciare tra le migliaia di pagine che riportano le dichiarazioni dei redditi di tutti i finlandesi. Si è scoperto così qualche giorno fa che in una nazione pari alla città di Roma per numero di abitanti, cinque dei primi dieci contribuenti più ricchi lavorano per la stessa azienda, il colosso dei videogame Supercell, recentemente passato di mano dai giapponesi di SoftBank ai cinesi di Tencent, per una valutazione superiore ai 10 miliardi di euro.

L’amministratore delegato di Supercell Ilkka Paananen, secondo i dati del governo, è stato il finlandese più pagato nel 2017, guadagnando 65,2 milioni di euro complessivamente tra stipendio ed emolumenti variabili. Al secondo posto un altro dirigente Supercell, mentre secondo quanto riportato dall’emittente finlandese YLE, il fondatore Alexander Hanhikoski della società di pagamenti digitali Bittisiirto, è stato il terzo contribuente finlandese più pagato nel 2017. A fare capolino nella trasparente e smaliziata Finlandia che mette in piazza i redditi di tutti, però, è la disparità salariale uomo-donna, pratica conosciuta piuttosto bene anche in Italia. Nella classifica dei 100 redditi più alti in Finlandia si trovano solo 12 donne. E la prima, Ulla Riitta Sjöström, si piazza al 28esimo posto in classifica, con un reddito pari a 9 milioni di euro.

Consultando le statistiche riportate anche dalla rivista del World Economic Forum, si scopre peraltro che i contribuenti hanno prodotto redditi per un valore di 140 miliardi di euro nel 2017, mentre il governo ha prelevato 46,8 miliardi di euro di tasse, con le entrate tributarie in crescita del 3,5%. Un falso problema per la maggior parte dei finlandesi felice di pagare le tasse (79%), con il 96% concorde sull’importanza di riscuotere le tasse per mantenere lo stato sociale, secondo un’indagine condotta dal fisco locale lo scorso anno. Del resto proprio la fedeltà fiscale resta l’obiettivo ultimo dell’operazione-trasparenza finlandese.

Pubblicare le dichiarazioni dei redditi di tutti, secondo gli osservatori, favorirebbe da un lato l’emersione dei redditi di contribuenti palesemente abbienti ma paradossalmente nullatenenti, mentre dall’altro sarebbe un incentivo alla riduzione delle disparità salariali per i medesimi impieghi. In altre parole, accanto al voyeurismo di chi sfrutterebbe la trasparenza fiscale per spiare il reddito del vicino di casa, la pubblicazione dei redditi di tutti favorirebbe l’emersione delle disparità tra lo stile di vita e l’imponibile dichiarato da qualcuno, spingendo allo stesso tempo i lavoratori a chiedere il riconoscimento dello stesso salario per il medesimo impiego, in virtù della pubblicità dei dati reddituali di tutti i contribuenti. Pubblicare le dichiarazioni dei redditi di tutti, però, può suscitare reazioni opposte. E dalla gelosia al risentimento, il passo sembra piuttosto breve.

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