Studenti giocano a fortnite
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Fenomeno Fortnite: dopo la tv, il videogame arriva anche sulle figurine con Panini

Studenti giocano a fortnite
Studenti della Louisiana State University e della University of Washington si sfidano in una partita a Fortnite durante il DreamHack Atlanta 2018 svoltosi nel novembre scorso ad Atlanta (Chris Thelen/Getty Images)

La scorsa settimana, in occasione del suo debutto in grande stile agli Intel Extreme Masters di Katowice – il palco di lusso dell’esport europeo – Fortnite è arrivato sulle televisioni italiane in chiaro.

Almeno in Italia, la trasmissione su un canale generalista di una competizione digitale è un primato se non un fatto epocale, reso possibile da Dmax in due show di Antonio Jodice e Max Ceriani prodotti da 2mg media e Progaming Italia, con la conduzione di Daniele Bossari. E, soprattutto, reso possibile da Fortnite, fenomeno sociale travestito da videogioco che oggi conta 200 milioni di utenti attivi (sebbene in calo nell’ultimo trimestre) e un incasso mensile che ha più volte superato i 300 milioni di dollari.

Un fenomeno a cui, lo si sa da ieri, Panini dedicherà le sue celebri figurine. Annunciato dal direttore licensing del gruppo, Peter Warsop, l’accordo prevede la pubblicazione entro la prossima primavera di trading cards e immagini con i personaggi del cartoonesco universo creato da Epic Games. Alla stregua degli iconici ritratti dei calciatori di Serie A o delle stelle della Nba, oltre ai personaggi di Fortnite (pirati, avventurieri e guerrieri variopinti arrivati da non si sa quale futuro) sarà possibile scambiarsi immagini delle ambientazioni di gioco, schermate e oggetti caratteristici, armi comprese.

“I prodotti collezionabili Fortnite – ha commentato Warsop – rappresentano una grandissima opportunità sia per i giocatori attivi in tutto il mondo che per i tradizionali collezionabili Panini, dal momento che il loro profilo è simile. Siamo onorati di essere stati scelti per collaborare a un franchise di così alto profilo”.

Non sono parole di circostanza: come platealmente ammesso da Netflix in una lettera agli azionisti, oggi il videogame di Epic Games è un concorrente ben più insidioso e agguerrito di quello diretto, il produttore di serie tv Hbo. Un discorso che, esteso, riguarda il gaming in generale e in particolare la sua versione competitiva, l’esport.

Di natura volatile, l’esport è accessibile a tutti, facilmente praticabile ovunque ci si trovi e ancora più comodamente fruibile grazie a canali dedicati come Youtube Gaming o Twitch, la piattaforma per il live streaming comprata da Amazon nel 2014 per 970 milioni di dollari.

Stando ai dati (ottobre 2018) di Goldman Sachs Global Investment Research, SuperData, Newzoo ed eMarketer, il numero di appassionati che seguono il gaming online supera quello, combinato, di chi guarda Netflix, Hbo ed Espn. In Cina ogni utente della piattaforma di live streaming videoludico Huya ci trascorre in media 98 minuti al giorno. Il tempo complessivo passato davanti alle dirette di Twitch per seguire qualcuno giocare, nel 2017, ammonta a 5 miliardi e 916 milioni di ore.

Anche lontano dallo schermo, l’esport consente di far parte di comunità vaste e interattive. Ribadisce un’appartenenza, meglio, un’identità. Ed è questa che inseguono sempre più numerosi sponsor extrasettore o i canali televisivi generalisti. Così come le iconiche figurine Panini.

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