Orologio di lusso, sullo sfondo una Ferrari
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La riscossa degli orologi di lusso nell’epoca dei segnatempo smart

Orologio di lusso, sullo sfondo una Ferrari
Uno degli orologi esposti a Baselworld 2019 (Adam Berry/Getty Images)

Tassi che scendono, ineguaglianza che cresce, ammonisce Thomas Piketty nel suo libro “Il capitale nel XXI° secolo”. La regola ha trovato conferma in questi anni nell’avanzata dei colossi della moda come Lvmh o di un’icona del vero lusso come Ferrari. Ma nell’ultimo anno c’è stata un’eccezione: i marchi svizzeri dell’orologeria quotati a Zurigo. Richemont, il gruppo controllato dal miliardario sudafricano Rupert (cui fanno capo tra gli altri marchi come Cartier, Iwc, Vacheron Constantin e Piaget) veleggia in pratica sui prezzi di un anno fa attorno a 86 franchi, in forte ritardo rispetto a Lvmh cresciuta nel frattempo del 30% abbondante. E’ andata assai peggio a Swatch Group, la creatura di Nick Hayek che controlla anche Omega, Tissot e Longines che rispetto ad un anno fa accusa un ritardo del 35% circa. Una doccia fredda che ha coinciso con i problemi della Cina, il grande cliente del made in Suisse, ma anche con l’offensiva degli smartwatch che si accingono a celebrare un dato storico: nel 2018 si sono venduti 22,7 milioni di Apple Watch contro 23,7 pezzi venduti dall’intera industria svizzera.

Ma questi numeri rischiano di trarre in inganno.

Diversi segnali, confermati dai dati semestrali, lasciano intendere che la grande crisi è alle spalle.  Non per tutti, perché continuano a soffrire gli orologi più poveri, quelli sotto i 200 franchi (un franco vale 0,90 euro circa) in un calo rovinoso del 15 per cento. Ma i prodotti di alta gamma, ovvero i pezzi dai 3mila franchi all’insù, sono in ripresa: il giro d’affari (10,7 miliardi di franchi, attorno ai 10 miliardi di euro, +1,4%) registra un aumento del 6%, nonostante le tensioni commerciali e i disordini politici ad Hong Kong, che resta la piazza più importante. Ancor più significative le previsioni: sia Swatch che Richemont, per la prima volta da almeno tre anni, non solo sono molto positive sulle prospettive dell’ultima parte del 2019, ma si spingono a prevedere un buon 2020.

Perché quest’euforia? E fino a che punto questo sentiment può anticipare il risveglio in Borsa di due cavalli di razza dormienti, comunque già in recupero dai minimi di fine 2018? Le prospettive sembrano abbastanza solide. Vediamo perché. A giustificare l’ottimismo sono innanzitutto i conti di Richemont: nel primo trimestre fiscale il gruppo del lusso mette a segno un +12% dei ricavi a 3,74 miliardi di euro (+9% a cambi costanti). Conta il recupero del mercato cinese, favorito dal calo dell’Iva locale, così come la crescita degli Usa, in scia al boom dei consumi a stelle e strisce. Ma non è minore il contributo dello sviluppo dell’e-commerce seguito all’acquisto da parte di Richemont di Yoox, la piattaforma italiana del lusso sviluppata da Federico Marchetti che ormai vanta un agguerrito catalogo anche sul fronte degli orologi. Altrettanto importante il ruolo di Watchfinder, il sito oggi nell’orbita del colosso svizzero egemone nel mercato degli orologi di seconda mano. Il gruppo elvetico, che nel 2018 ha riacquistato gli orologi invenduti sul mercato cinese conta così di recuperare quote di mercato.

Lo stesso intende fare il gruppo Swatch con un’operazione pulizia che pure è destinata ad avere effetti collaterali negativi. “Nella prima metà del 2019 – si legge nel comunicato di fine semestre – sono state intraprese misure contro i player del mercato grigio, soprattutto in Europa, nel Middle East, nell’Europa dell’Est e in Sud America, portando, nell’immediato, a un impatto negativo sulle vendite. Ma nel lungo termine, questo porterà a risultati positivi sui maggiori mercati”. Per ora, per la verità, gli utili registrano un calo (415 milioni di franchi, ovvero 374 milioni di euro) però inferiore alle previsioni, come dimostra il balzo in avanti del titolo +5,91%. Ma gli analisti apprezzano la decisione di scendere in campo contro il “mercato grigio”, il termine che designa la scelta di collocare gli invenduti, a prezzo scontato, al di fuori dei canali autorizzati”.  “Spesso questi orologi ce li ritroviamo su Internet – dice Hayek – ed è forte la tentazione dei rivenditori ufficiali di inviare questa merce in Cina facendoci concorrenza sleale”. D’ora in poi, ha aggiunto Hayek, i rivenditori colti in fallo verranno eliminati.

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