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Valstar, la maison che ha creato l’iconico modello “valstarino” presenta il suo nuovo piano di sviluppo

Un look Valstar SS20

“Se mi vedessi col mio trench stile Bogart sotto la pioggia che ti vengo a cercare”, cantava Francesco Guccini. E questo perché, ancora oggi, se parli dell’iconico impermeabile (che a distanza di anni non passa mai di moda) pensi inevitabilmente al marchio milanese Valstar, che nel film “Casablanca” ha vestito il celebre attore americano, e tanti altri volti noti come Audrey Hepburn, Marlon Brando, Eric Clapton e Madonna. La sua vocazione, sin dalle origini nel lontano 1911, è sempre stata quella di produrre i migliori impermeabili del mondo destinati all’uomo elegante. Si arriva al 1935 e la maison firma il suo primo giubbino in pelle scamosciata con polsi, collo e cintura in maglia, che diventa in poco tempo un must-have per il tempo libero e prende il nome di “valstarino” (la giacca in pelle scamosciata è una rivisitazione moderna del bomber A-1 che originariamente veniva indossata dai piloti degli aerei da caccia americani). L’amministratore delegato Matteo Bozzalla ha raccontato a forbes.it i nuovi piani di sviluppo dell’azienda.

Su quali canali strategici avete puntato negli ultimi anni?

Negli ultimi anni Valstar è stata una “sleeping beauty”, ovvero uno splendido marchio, ricco di storia e di fascino ma dormiente. Ultimamente i nostri sforzi si sono concentrati esclusivamente su tre aspetti: prodotto, comunicazione e persone. Valstar è un marchio iconico grazie a due capi che lo hanno reso famoso e apprezzato in tutto il mondo: l’impermeabile dal 1911 e il Valstarino, in pelle scamosciata, dal 1935. Attorno a questi due prodotti abbiamo costruito e sviluppato le collezioni che sono il cuore del nostro lavoro e che sono molto concentrate numericamente (pochi pezzi) ma realizzate con materie prime selezionate. Abbiamo completamente reinventato la comunicazione rendendo i nostri messaggi più autentici e interattivi, cercando di creare una legame emozionale con il pubblico, raccontando ad esempio la storia del marchio e le nostre scelte di sostenibilità ed economia circolare applicate al settore lusso. Ma il segreto più grande dietro al nostro successo sono le persone. È solo grazie al talento e alla passione di Cristina, Debora, Elena, Francesco, Luigi, Marika, Marta e Valentina, tra gli altri, se siamo riusciti a riposizionare completamente il brand a livello mondiale.   

    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20
    Valstar SS20

Quali sono i mercati sui quali punterete nell’anno in corso e perché?

Personalmente, non credo all’importanza dei mercati geografici quanto piuttosto alla qualità dei nostri partner e quindi anche dei nostri clienti finali indipendentemente da dove questi ultimi sono fisicamente localizzati. Abbiamo la fortuna di non dover crescere in maniera forzata e anzi possiamo selezionare i nostri collaboratori in funzione delle loro capacità di trasmettere correttamente i valori di Valstar. Non siamo alla ricerca di numeri ma di qualità, quindi la nostra sfida è più complessa.

Valstar vanta un heritage molto radicato fin dal 1935 quando firma il famoso modello “valstarino”. Come si è evoluto in tutti questi anni il suo stile?

Ottima domanda. L’evoluzione del Valstarino risiede nel suo modo di interpretarlo e vestirlo piuttosto che in evoluzioni stilistiche. Quando si ha la fortuna di inventare un modello timeless, le sue forme possono attraversare gli anni senza invecchiare o annoiare. Quello che è cambiato è stato il modo di abbinarlo; grazie alla sua versatilità e grazie alla sua pelle leggera, morbida e traspirante è possibile accostare naturalmente il valstarino a quasi tutti i tessuti (come ad esempio un denim e una T-shirt bianca) piuttosto che usarlo come layering sotto un cappotto.

Avete collaborato di recente con il noto street photographer Scott Schuman. Come si articola la capsule collection?

L’idea alla base della collaborazione è di rileggere il DNA di Valstar attraverso gli occhi del fotografo, partendo da riferimenti di stile personali e dalle esigenze di un creativo costantemente in viaggio. Il risultato è una collezione che mescola sottili influenze sportive e dettagli tecnici pensati per il viaggiatore moderno.

Si è sempre parlato del marchio anche in riferimento alle sue collaborazioni con il mondo del cinema: pensa sia stato questo a renderlo un punto di riferimento in fatto di eleganza maschile?

Valstar è stato indossato nel corso degli anni da Humphrey Bogart, Audrey Hepburn, Marcello Mastroianni, Madonna e Jude Law. Certamente questi personaggi hanno aiutato a creare il marchio Valstar e a renderlo un punto di riferimento nel lusso maschile. Credo però che un prodotto diventi iconico quando il consumatore comprende che il capo che indossa non è più soltanto un capo di abbigliamento ma è un oggetto di design senza tempo. Un capo diventa iconico quando un brand riesce a trasformare un sogno in un oggetto reale che però richiede tempi lunghi di realizzazione e scarsità di esperte risorse manuali per la sua stessa realizzazione.

    credits Mattia Balsamini
    credits Mattia Balsamini
    credits Mattia Balsamini
    Valstar Garretto
    credits Mattia Balsamini
    credits Mattia Balsamini
    Valstar Garretto
    Valstar Garretto
    Valstar Garretto
    Valstar Garretto
    Valstar Garretto

Alla luce del terremoto che sta scuotendo il mondo del lusso causa emergenza Covid-19, in che modo a suo parere dovrebbe “reinventarsi” questo settore e su quali leve dovrebbe puntare?

Penso che il settore del lusso debba semplicemente tornare a essere quello che era. In Italia abbiamo la fortuna di avere la leadership mondiale del settore e grazie alla nostra capacità di reazione e di collaborazione sistemica potremo tornare in tempi rapidi a una produzione ancora più selettiva e qualitativa. Questa emergenza sanitaria accelererà il processo di reshoring (delocalizzazione, ndr) nella consapevolezza che il controllo sulla filiera rimanga il vero asset strategico. Filiera composta da qualità delle materie prime e maestria artigianale. Quello che più cambierà sarà l’approccio al consumo. I clienti finali saranno alla ricerca di maggiore qualità e maggiore sostenibilità. Vorranno comprare prodotti con contenuti, saranno sempre più consapevoli del valore dei soldi e dei lunghi tempi necessari per le produzioni di eccellenza e questo avvantaggerà i prodotti durevoli, che quindi rappresenteranno un investimento nel lungo termine. 

Quali saranno secondo lei i nuovi scenari che coinvolgeranno la moda uomo quando si tornerà alla normalità?

Auspicabilmente, le tempistiche potrebbero essere più rilassate rispetto al recente passato. Gli eventi internazionali sia lato “buy” che lato “sell” potrebbero ridursi premiando solo le fiere più qualitative.  Probabilmente anche l’offerta e quindi il numero di collezioni da presentare al mercato potrebbe ridursi conseguentemente concedendo più tempo sia al processo creativo sia al processo produttivo che rappresentano davvero gli elementi differenzianti e di successo delle nostre aziende italiane.

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