zoom, crollo in Borsa
Innovation

Cosa ha fatto Zoom per migliorare la privacy dei suoi utenti

(Shutterstock)

Fondata nove anni fa in California, fino alla fine del 2019 i ricavi annui della Zoom Video Communications erano “appena” 622 milioni di dollari, ma se per molte imprese la pandemia da Covid-19 ha segnato un profondo rosso, dallo scorso gennaio a fine maggio la popolare piattaforma di videochat ha vissuto una sorprendente crescita che ha fatto schizzare la sua capitalizzazione di mercato a Wall Street ad oltre 50 miliardi di dollari.

Durante il lockdown in molte parti del mondo le persone sono state infatti costrette a lungo a casa, ed è sopraggiunta la necessità di lavorare in smart working o comunque di continuare a tenere i contatti a distanza, e l’inaspettata emergenza ha ingenerato quindi una repentina impennata di richieste di programmi di videoconferenze.

Tuttavia, mentre molte aziende del settore Telco nel corso degli anni avevano già consolidato la robustezza delle loro piattaforme, d’altra parte quella che in piena pandemia ha attirato di più gli utenti per le sue caratteristiche smart e per la più facile fruibilità, è stata però anche quella che ha costruito la sua fortuna sul filo del rasoio, rischiando di inciampare sulla privacy con il pericolo di restare vittima di un clamoroso effetto boomerang. Ma se inizialmente è venuta meno alle aspettative della propria comunità di utenti riguardo alla sicurezza e alla riservatezza per ammissione del proprio fondatore e Ceo Eric Yuan, Zoom ha poi saputo correre ai ripari.

Uno dei passaggi cruciali che ad aprile ha portato Zoom a recuperare terreno rispetto alle numerose falle e vulnerabilità che erano sorte negli ultimi tempi, è stato sicuramente l’ingaggio come consulente di Alex Stamos, ex capo della sicurezza di Facebook, operazione che non è rimasta solo un annuncio fatto per fugare il timore di un crollo della fiducia degli utenti, ma che si è tradotta in risultati concreti e tangibili di cui si sono visti gli effetti con gli ultimi aggiornamenti.

Nella versione 5.0 rilasciata il 30 maggio 2020, Zoom ha infatti corretto i principali bug e vulnerabilità che mettevano a rischio privacy e sicurezza degli utenti, a partire dall’adozione di un nuovo e più robusto sistema di crittografia dei dati, rispetto al precedente sistema ormai obsoleto basato su chiavi AES-ECB a 128 bit, sistema ormai obsoleto.

Inoltre, tra le implementazioni introdotte è stata rafforzata l’impostazione delle password di protezione, e gli amministratori delle videochat hanno adesso più ampi poteri di attivare o meno la chat nelle stanze e nelle sale di attesa, bloccare la condivisione dello schermo, ridenominare partecipanti non ben identificati, e anche segnalare o rimuovere partecipanti che tengono comportamenti molesti o veri e propri intrusi, come era accaduto di recente con la diffusione del fenomeno dello “Zoom-bombing”.

Ora gli investitori sono in attesa di conoscere i conti del primo trimestre che la Zoom Video Communications renderà noti dopo la chiusura della giornata di mercato sul Nasdaq di martedì 2 giugno, e gli analisti prevedono un utile azionario 0,13 dollari su 276 milioni di dollari previsti. Ma a prescindere dagli attuali profitti, sta di fatto che Zoom si è rimboccata le maniche in modo convincente per riconquistare la fiducia non solo degli utenti privati, ma probabilmente anche quella degli utenti professionali e di aziende che ne avevano vietato l’uso ai dipendenti proprio a causa dei problemi su sicurezza e privacy (tra cui Google e la Space X di Elon Musk).

Se Zoom saprà proseguire il percorso intrapreso, potrà pertanto avere tutte le carte in regola per consolidare la propria crescita e continuare il suo trend positivo a Wall Street.

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