un razzo prende il volo
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Come passare da un’idea a un prodotto in 5 giorni con il metodo Design Sprint

un razzo prende il volo
(Shutterstock)

Se c’è un principio di massima a cui ho sempre creduto è che chiunque può essere un innovatore. Ed in effetti pensandoci un attimo, sono sicuro che è capitato a tutti almeno una volta nella vita di immaginare un nuovo prodotto o servizio.

Questo capita molto più spesso nel mondo startup o più in generale nel mondo business. Ci si chiede se una nuova potenziale soluzione o idea potrebbe trasformarsi in un vero e propio prodotto di successo, in grado di impattare positivamente la vita di tante altre persone.

Ovviamente va da sé che non vi è soluzione senza un problema, ma il punto è che il processo tradizionale per l’identificazione del giusto problema, la scelta e la validazione della migliore soluzione, potrebbe durare mesi nell’ambito dei consueti schemi di molte organizzazioni. Un processo che costa, oltre che del tempo prezioso, anche ingenti risorse.

Esiste dunque un approccio che possa permetterci di testare rapidamente un’idea? Uno strumento che possa aiutarci a trasformare velocemente quell’intuizione in un prodotto così da farci capire se vale la pena o meno investire ulteriore tempo e risorse?

La risposta è sì, e si tratta di una metodologia usata da alcune delle organizzazioni più innovative al mondo così come negli ambienti startup, dalla Silicon Valley negli Stati Uniti, al Greater Bay Area in Cina. Un processo intuitivo e schematico che io stesso utilizzo di frequente, non soltanto con startup o aziende strutturate, ma anche nell’ambito dei miei corsi universitari, dunque applicabile indipendentemente dall’età o dall’esperienza dei membri del team.

Sto parlando del Design Sprint, ideato da tre partner a Google Ventures con l’intento di trasformare un’idea in un prodotto e testarlo in soli cinque giorni.

Per fare ciò occorre iniziare da un piccolo team che metterà da parte la routine settimanale per dedicarsi solo ed esclusivamente ad una serie di task ben distinte. L’obiettivo di fondo è quello di definire rapidamente un prototipo tanto buono quanto basta per testare la nostra idea con potenziali clienti prima di decidere di investire tutto il tempo e le risorse necessarie per lo sviluppo di un prodotto più complesso.

Ma non si tratta soltanto di efficienza ma anche di efficacia. Cosa intendo? Che il Design Sprint è anche un ottimo modo per introdurre nuovi e più agili approcci rispetto ai tradizionali modelli del problem solving. Infatti, grazie all’utilizzo di una grande moltitudine di strumenti lo Sprint è in grado di segnalare problematiche spesso sottovalutate e far emergere soluzioni creative e soprattutto in linea con le aspettative dei veri utenti.

Vediamo di capire quando e perché è utile applicarlo e come funziona esattamente.

Design Sprint, quando e perché?

Il framework può essere utilizzato ogni qualvolta un’organizzazione si trova ad affrontare grandi quesiti o quando la risoluzione di un problema non ha una risposta ovvia; dinanzi ad un blocco o semplicemente se si vuole sperimentare il successo (o meno) di un’idea. Le esigenze pratiche posso essere svariate: la valutazione della fattibilità di nuove attività, l’avvio di un progetto, lo sviluppo di un nuovo servizio o la volontà di testare nuove nicchie di mercato.

Quali sono i benefici? Lo Sprint riduce drasticamente i cicli di sviluppo prodotto e permette di ricevere un chiaro feedback attorno a cui poter orientare importanti decisioni strategiche.

La metodologia ruota infatti attorno all’asse problema-soluzione e permette di verificare entro un periodo di cinque giorni il funzionamento di un’idea. Questo non solo abbatte i tempi ma anche i costi e le risorse impiegate rispetto ad un tradizionale ciclo di produzione che prevede lunghe fasi di ideazione, design, approvazione, sviluppo, lancio e validazione.

L’altro enorme vantaggio è dato dalla possibilità di definire un chiaro piano di validazione basato sui preziosi commenti e valutazioni da parte di veri utenti. Senza convalida è difficile che idee e prodotti funzionino. Le risposte raccolte saranno cruciali per decidere se e dove concentrare ulteriori risorse per lo sviluppo successivo.

Come funziona?

Si parte da un team composto da sette o massimo dieci membri, idealmente con diverse conoscenze ed abilità pratiche (ad esempio designer, sviluppatori, consulenti, esperti marketing, ecc.). Occorrerà individuare anche un facilitatore ed un numero variabile da cinque a dieci potenziali utenti che testeranno il prototipo.

Il primo giorno è dedicato alla comprensione e mappatura del problema – L’obiettivo è quello di definire delle domande guida ed un focus di lungo periodo che orienterà il team durante i cinque giorni. Il gruppo inizierà mappando l’esperienza attorno al cosiddetto pain point, ovvero il punto critico del problema che si sceglie di risolvere, identificando le opportunità su cui si lavorerà nel corso della settimana. Nel pomeriggio si interrogano tutti gli esperti membri del team che condivideranno le loro opinioni ed esperienze prima di scegliere le domande e il focus a cui dedicare i successivi quattro giorni.

Una volta compreso il problema, il secondo giorno è dedicato alla definizione delle possibili soluzioni – Invece che una tradizionale sessione di brainstorming, attraverso l’utilizzo di tecniche e strumenti ottimizzati per il critical thinking, (quali ad esempio il Lightning Demos, Four-Step Sketch, o Crazy 8s) tutti i membri si lasceranno prima inspirare da come simili problemi vengono risolti in industrie diverse e passeranno poi alla definizione di soluzioni individuali che verranno successivamente discusse e votate.

Il terzo giorno è dedicato proprio alla fase della decisione – I membri del team saranno chiamati a votare le soluzioni proposte per decidere quella da trasformare in prototipo. Si potrebbe scegliere una delle soluzioni identificate o spesso si opta per la scelta di più idee combinate insieme. Nella seconda parte della giornata il team proseguirà con la costruzione del loro storyboard, ovvero un piano di azione che descrive in maniera molto dettagliata tutti gli aspetti legati allo sviluppo del prototipo e alle caratteristiche che lo stesso dovrà avere al fine di rispondere efficacemente alle problematiche identificate.

L’obiettivo del quarto giorno è costruire il prototipo – Questo deve essere una soluzione che appare realistica, tanto buona quanto basta per essere testata con veri potenziali clienti. La filosofia di base è quella di concentrarsi soltanto su una o due funzionalità in grado di risolvere il problema per l’utente. Non si tratta di un prodotto vero e completo, ma di una sua brutta copia, costruita nel minor tempo possibile, sfruttando solo le risorse minime a disposizione del team. In questa fase il prototipo prende spesso le forme di un sito web, un’APP molto basilare, un prodotto fisico costruito con materiali di fortuna, un nuovo servizio gestito, magari tramite piattaforme social o tecnologie già esistenti, dagli stessi membri del team.

L’ultimo giorno il gruppo è chiamato a testare il prototipo – La soluzione è mostrata ad almeno cinque diversi clienti con delle interviste individuali. L’aspetto fondamentale in questo caso non è presentare il prodotto ma osservare come gli utenti interagiscono con esso. Prestare attenzione alle sequenze di azioni compiute durante l’utilizzo del prototipo, le domande poste dagli utenti, il valore che si aspettano di ricevere. I dati raccolti da queste interazioni forniranno informazioni utilissime che diranno, in maniera più o meno diretta, se l’idea iniziale è stata o meno validata.

Prima di passare all’azione

In apertura sopra parlavo di un principio di massima a cui ho sempre creduto e ci tengo a chiudere ribadendo un’altra regola fondamentale che reputo cruciale al fine di gestire uno Sprint con successo.

Non importa quanto rivoluzionaria crediamo la nostra idea possa essere, prima di passare all’azione utilizzando il metodo sviluppato dai tre brillanti partner a Google Ventures, occorre necessariamente spostare il focus dalla nostra intuitiva soluzione al suo diretto problema.

Fa parte della natura umana amare le risposte più delle domande ma questo ci porta spesso lontano dall’individuazione di soluzioni veramente innovative. Quando affrontiamo un problema tendiamo a smettere di interrogarci non appena pensiamo di aver individuato una risposta. Ma il punto è che raramente le nostre prime idee sono anche le migliori. Tutto ciò peggiora quando andremo avanti nello sviluppo e inevitabilmente sperimenteremo i primi commenti negativi da parte degli utenti, con il rischio magari di giustificare i respingimenti incolpando i clienti stessi piuttosto che essere pronti a rimettere tutto in discussione.

Occorre dunque innamorarsi del problema, non di una specifica soluzione, e scegliere quale oggetto del nostro Design Sprint una grande questione che ci coinvolge in prima persona, che ci appassiona e a cui siamo fortemente determinati a trovare una soluzione.

Puoi approfondire il metodo nel volume “Sprint: How to Solve Big Problems and Test New Ideas in Just Five Days”.

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