L'eleganza del vino

L’impronta dei vini di Giorgio Meletti Cavallari

Vini Giorgio Meletti Cavallari

Articolo di Riccardo Corazza apparso sul numero di ottobre 2020 di Forbes. Abbonati

Il proverbio che sostiene che la mela non cade lontana dall’albero evidentemente funziona anche per il mondo vitivinicolo, con la sola accortezza di sostituire mela con acino e albero con vigna. La conferma, tra le tante, è proprio quella di Giorgio Meletti Cavallari, la cui cantina di vini omonima prende il nome dal giovane proprietario, figlio d’arte cresciuto tra le vigne del Podere Grattamacco, realtà produttiva fondamentale in ambito di Bolgheri Superiore Doc. Dopo essersi diplomato presso l’Istituto Agrario di Siena, Giorgio decide di fare esperienza vinicola in Italia, in Chianti e poi in Franciacorta, per poi volare oltreoceano, approdando in Napa Valley. Una volta rientrato e avere lavorato nell’azienda di famiglia decide, nel 2002, che è arrivato il momento di iniziare un percorso autonomo nel mondo del vino: il palcoscenico prescelto è quello di Castagneto Carducci, sette ettari (ora arrivati a 12, con il contemporaneo progetto della nuova cantina che dovrebbe concludersi entro fine anno) collocati in zona Doc Bolgheri, a un’altezza-record per la tipologia, ben 350 metri, un territorio (e una Doc) la cui fama nel mondo vitivinicolo è relativamente recente ma conclamata.

Accompagnato nella sua avventura dalla moglie Monica, il giovane imprenditore ha idee cristalline fin dagli esordi: vuole produrre vini puliti, che siano chiara espressione del territorio, caratterizzati dalla finezza di fattura e coltivati in una logica di sostenibilità. Quindi Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc, Syrah, Vermentino e Viognier (insieme in blend nell’unico bianco aziendale), con terreni di grande particolarità, a matrice di scisto galestroso, quindi molto friabile, che anche grazie agli sbalzi termici tipici della zona di Castagneto si trasformano in ideale sostegno per le viti. Solo quattro le etichette commercializzate, così viscerale espressione del lavoro svolto da Giorgio da recarne, in etichetta, l’impronta dei polpastrelli. Le sue letture si distanziano dalle altre produzioni di tagli bolgheresi per la bevibilità, che non significa nella maniera più assoluta arruffianamento, semplicemente una maniera di considerare il vino come prodotto alimentare, autonomo in sé stesso ma anche capace di accompagnare le pietanze, non dotato quindi di quelle asperità che renderebbero ardimentoso il lavoro in abbinamento. Ai Bolgheri Doc, bianco rosso e rosato, quindi, che recano in etichetta anche la menzione aggiuntiva Borgeri, l’antico nome di Bolgheri come da mappa autografa di Leonardo da Vinci, si unisce il cru aziendale, Impronte, che rappresenta insieme summa del pensiero di Giorgio e apice della sua produzione.

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