Con una laurea in Management alla London School of Economics e un master in Business Administration alla Said Business School dell’Università di Oxford, Angelica Donati ha maturato un’esperienza di quasi 15 anni nel settore delle costruzioni, del marketing e della finanza, lavorando all’inizio della propria carriera nel team di foreign exchange sales in Goldman Sachs Uk e ricoprendo il ruolo di retail marketing manager in Ralph Lauren. Dopo essere entrata nel 2012 nel business familiare, la società di costruzioni Donati, in qualità di head of international business, l’imprenditrice decide di creare la Donati Immobiliare Group, property developer internazionale, che si occupa di operazioni di natura residenziale. Oltre all’esperienza come manager, il suo impegno si rivolge a sostenere anche altri giovani imprenditori attraverso attività di associazionismo quali, tra le altre, l’Ance (Associazione nazionale costruttori edili), Yep global (Young entrepreneurs in property), Bpf (British property federation) e Nfb (National federation of builders). Le abbiamo chiesto quali saranno, secondo lei, i futuri scenari del mercato immobiliare internazionale.
Dal 2016 sono membro del consiglio di presidenza nazionale del gruppo con delega all’internazionalizzazione, e sono da poco stata eletta presidente di Ance Lazio giovani. Nella mia esperienza associativa ho cercato di portare valore aggiunto dando l’impulso a quegli imprenditori che volevano affacciarsi sui mercati esteri, cercando anche di creare sinergie con altre imprese italiane. Sono da sempre una grande sostenitrice dell’innovazione e delle tecnologie che potranno portare crescita e valore aggiunto alle nostre aziende e al nostro settore e in questi anni mi sono impegnata in molte iniziative in tal senso. Poi, dato che la mia azienda fa principalmente appalti pubblici mi dedico da sempre a tutte le attività legate a essi. In Ance Lazio l’obiettivo è restituire valore al territorio e alle aziende attive nel nostro settore, attraverso le molte attività che stiamo instradando con il gruppo giovani. Anche noi giovani siamo tutti in prima linea in azienda ormai, non siamo in associazione per giocare a fare gruppo senza lavorare e quindi le tematiche che ci competono e ci appassionano sono sempre molto concrete.
Le infrastrutture sono giustamente un tema centrale in Italia per una lunga serie di motivi. Viviamo e lavoriamo in un Paese mal collegato, dove l’alta velocità si ferma a Salerno e attraversare la penisola diventa un viaggio infinito. Quelle che abbiamo sono vecchie, necessitano di manutenzioni straordinarie che procedono a rilento, e troppo spesso queste incurie sfociano in tragedia. L’Italia ha un enorme collo di bottiglia normativo e burocratico che lega le mani di tutti. Ad esempio, in un censimento di qualche tempo fa, è emerso che esistono migliaia di viadotti che attraversano strade della rete Anas e dei quali non si riesce a determinare l’appartenenza. Poi c’è la questione dei ritardi: in Italia ci vuole il doppio della media europea per portare a compimento un’opera infrastrutturale. Il problema si risolverebbe solo sciogliendo il nodo a monte delle gare d’appalto, semplificando i processi di approvazione dei progetti, e poi velocizzando l’aggiudicazione e la partenza dei cantieri a valle di gara, non commissariando tutto in deroga a ogni legge in merito. A mio avviso serve un cambiamento sistemico importante per concretizzare i tanti buoni propositi. Eppure, le infrastrutture con investimenti green in conformità con le direttive europee possono essere un forte motore della ripartenza per la nostra economia.
Le risorse del recovery fund devono andare a finanziare rinascita di infrastrutture, città e territori in chiave di sviluppo sostenibile: devono sostenere investimenti a lungo termine per una vera rigenerazione del Paese, non limitarsi a tamponare la falla con sussidi a pioggia. Il presidente dell’Ance, Gabriele Buia, ha giustamente voluto sottolineare che: “Non possiamo pensare di far ripartire l’economia con città obsolete, inquinate e degradate”. Il Governo, oltretutto, per raggiungere gli obiettivi dell’European green deal dovrà pianificare un vasto programma di investimenti tra cui potremmo trovare, ad esempio, piani urbani per il miglioramento della qualità dell’aria, efficientamento energetico degli edifici e progetti per aumentare la resilienza di questi stessi rispetto agli eventi naturali. In attuazione del secondo pilastro del recovery fund è già stata lanciata l’iniziativa dell’ecobonus 110%: al netto dei nodi burocratici ancora da sciogliere e della proroga che è essenziale affinché la misura abbia efficacia, è una delle poche misure che potrebbe avere delle concrete ricadute per il settore nel breve termine.
Il Covid sta rubando a tutti noi la progettualità; viviamo quasi alla giornata ormai, ed è difficile fare programmi a lungo termine quando a stento sappiamo cosa succederà il mese prossimo. In questo caos, il lavoro rimane un punto saldo ed è diventato ancora più importante di prima. Mi sto dedicando a costruire il futuro della mia azienda in un mondo che sta rapidamente mutando. E’ centrale per me l’impegno associativo, anche perché questa crisi ci ha insegnato quanto sia importante fare squadra per reagire e andare avanti. La resilienza individuale e le competenze da sole non bastano.
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