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Ecco perché un Tribunale europeo dei brevetti a Milano può fare la differenza

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Davide Luigi Petraz e Daniele Giovanni Petraz

Le possibilità di successo per Milano come terza sede del Tribunale europeo dei brevetti; la crescita del settore nel nostro Paese e la sua proiezione internazionale; le competenze necessarie ai consulenti per seguire l’evoluzione del settore. Ne abbiamo parlato con Davide Luigi Petraz e Daniele Giovanni Petraz, co-managing partner di Glp, law-firm specializzata in proprietà intellettuale.

Verso il brevetto unitario

A questo proposito va fatta una premessa. Il brevetto unitario sarà valido in tutti gli stati Ue senza che sia più necessaria la validazione dei singoli Paesi aderenti, come accade ora con il brevetto europeo. A consentire che l’accordo entri in vigore manca solo la Germania, ultimo Paese a non averlo ancora ratificato, ma che sembra intenzionata proprio in tale direzione, nonostante i passati rallentamenti. In questi giorni, infatti, è stato compiuto un importante passo avanti nel processo atto a rendere operativo il Tribunale unificato dei brevetti: il Parlamento federale tedesco (Bundestag) ha votato ed approvato, con la maggioranza qualificata richiesta, il disegno di legge per la ratifica dell’accordo sul Tribunale unificato dei brevetti e il suo protocollo sull’applicazione provvisoria. Ora sarà necessario attendere la fine di dicembre per conoscere l’esito della votazione finale del Consiglio federale (Bundesrat), chiamato a esprimersi per la seconda volta sulla questione.

Il Tribunale unificato dei brevetti avrà competenza esclusiva in materia di validità e contraffazione sia dei nuovi brevetti unitari, che dei futuri brevetti europei, dopo un periodo di transizione. Le due sedi confermate a oggi sono Parigi e Monaco di Baviera; la terza sarebbe dovuta essere Londra, ma la Brexit ha cambiato lo scenario e l’Italia ha candidato per questa posizione Milano, complice la specializzazione del territorio meneghino sui temi di competenza di questo tribunale: le cause del comparto farmaceutico e delle life sciences. “La scelta di Milano è logica non solo perché è l’unica città italiana che ha credenziali internazionali non basate sul turismo, ma perché è allocata nella regione italiana con il più alto numero di brevetti depositati (il 32%), perché è la sede giudiziaria in cui si concentrano circa il 70% delle controversie in materia di brevetti – con la conseguente alta preparazione e specializzazione dei suoi magistrati, avvocati e mandatari -, nonché per la vicinanza con le sedi di Parigi e Monaco”, spiega Davide Luigi Petraz. Che ricorda anche come intorno al capoluogo lombardo vi sia la maggiore concentrazione di imprese del settore farmaceutico e chimico italiane.

Una scelta che può fare la differenza

Il successo di Milano sarebbe importante per tutto il Paese. “Consideriamo che il 52% dei farmaci venduti nell’Unione Europea proviene dall’Italia”, sottolinea l’avvocato Davide Luigi Petraz. “Al contrario, una sconfitta potrebbe dare scacco matto alle imprese italiane che già si trovano in profonda difficoltà e che sarebbero tenute ad adeguarsi ai costi da sostenere per un contenzioso brevettuale a Parigi o a Monaco di Baviera, oltre ad affrontare nuovi e ulteriori handicap logistici e linguistici”.

Per capire cosa potrebbe potenzialmente cambiare passando a un sistema in cui le cause vengono discusse davanti ad un Tribunale europeo dei brevetti, soprattutto se non situato in Italia, prendendo come riferimento il nostro mercato, è sufficiente circa triplicare il costo che una Pmi italiana è ora tenuta mediamente a sostenere. Ricordiamo poi che l’Italia ha già perso la battaglia nel riconoscimento della nostra lingua nazionale come lingua ufficiale del nuovo sistema.

Se l’Italia non riuscisse a ottenere la vittoria sulla candidatura di Milano, gli fa eco Daniele Giovanni Petraz, “potrebbe essere ragionevole rivalutare la nostra presenza in questo sistema che non avrebbe vantaggi per alcun settore dell’industria. Ricordiamo infatti che è l’industria, sia nelle sue espressioni più tradizionali, sia in quelle più moderne, a dover essere tutelata maggiormente, perché è la fonte di reddito principale di una nazione e non esistono un commercio florido e un terziario avanzato senza di essa”, aggiunge.

La partita della competitività

La competizione internazionale si fa sempre più decisa e complessa, e al nostro Paese servono strumenti di tutela che sappiano imporre il ruolo della politica su quello dei mercati in modo così efficace da risultare congiunto in termini di interessi e di risultati. Il nostro sistema industriale, infatti, non vive certo uno dei momenti più floridi della sua storia. La realtà che ci insegnano altri continenti, oltre che Paesi a noi vicini, è che tutto quello che riguarda la protezione dell’innovazione e della conoscenza è un investimento importante per riuscire a continuare a rimanere competitivi.

La tutela delle invenzioni è un aspetto cruciale per competere sui mercati globali. “La percezione dei diritti della proprietà intellettuale in Italia è troppo spesso quella di un costo, non di un investimento”, sottolinea Daniele Giovanni Petraz. Che invita a cambiare prospettiva: “I diritti di proprietà intellettuale possono risultare una leva vincente non solo come mezzo di difesa, ma di attacco a quote di mercato, settori merceologici e competitor”. C’è una concreta necessità di fornire gli strumenti a supporto delle imprese, oltre che dare consapevolezza di cosa comporti adottare o meno determinate strategie.

Quanto al futuro, Daniele Giovanni Petraz conferma l’approccio che fin qui ha garantito il successo: “Ci impegniamo quotidianamente per elevare i nostri standard qualitativi, ponendoci dalla stessa parte della scrivania dei nostri clienti per fornire loro una partnership affiatata e strategica, non solo una consulenza”, conclude.

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