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Come una famiglia veneta ha costruito un’impresa internazionale che produce giostre per i colossi del divertimento

Articolo apparso sul numero di aprile 2021 di Forbes Italia. Abbonati!

All’ombra delle sue giostre, in una delle scene più intense di He Got Game, Denzel Washington raccontava a Ray Allen di averlo chiamato Jesus per motivi che avevano poco a che fare con la Bibbia e molto con Earl Monroe, il Gesù nero del basket. Sulle sue spiagge, Warriors e Rogues si affrontavano nel finale de I guerrieri della notte. E una delle sue attrazioni, la Wonder Wheel, ha dato addirittura il titolo a un film di Woody Allen. Anche grazie a Hollywood, il Luna Park di Coney Island, a New York, è penetrato così a fondo nell’immaginario popolare che il suo nome è diventato, nel linguaggio comune, sinonimo di parco di divertimento. E dopo i tre incendi che lo devastarono negli anni ‘40, è stata un’impresa italiana a riportarlo in vita: la Zamperla di Altavilla Vicentina.

“Nei primi anni 2000, Coney Island era uno dei quartieri a più basso reddito e a più alta disoccupazione della città”, ricorda Antonio Zamperla jr., amministratore delegato dell’azienda da gennaio 2021. “Michael Bloomberg, all’epoca sindaco, volle riqualificarlo. Il progetto comprendeva anche il rilancio del Luna Park, per il quale vincemmo il bando nel gennaio 2010. Ci concessero solo cento giorni per ristrutturarlo, installare le giostre e avviare le operazioni. Lavorammo 24 ore al giorno, ma alla fine di maggio accogliemmo il primo visitatore. All’inizio, per visitare il parco ci serviva la scorta della polizia. Oggi il quartiere è rinato”.

Zamperla jr., figlio del presidente della società, Alberto, e nipote del fondatore, Antonio sr., è l’erede di una tradizione lunga oltre un secolo. “Ho iniziato a lavorare da bambino”, ricorda. “Io e mio fratello eravamo i collaudatori ufficiali delle giostre”. Nell’Ottocento, il pasticciere Angelo Zamperla si innamorò di un’amazzone e abbandonò i dolci per il circo. Ai primi del ‘900, suo figlio acquistò un cinematografo dei fratelli Lumière e lo portò nelle sagre di tutta Italia. E se il binomio Zamperla-giostre suona familiare, è anche perché Federico Fellini battezzò Zampanò il personaggio di Anthony Quinn in La strada: una fusione tra Zamperla e un’altra famiglia circense, i Saltanò.

L’azienda nacque nel 1966 da un’intuizione del primo italiano introdotto nella Hall of Fame del divertimento, dove è in compagnia di nomi come Walt Disney: Antonio Zamperla sr., che intuì come si potesse far divertire i bambini tramite la rivisitazione di attrazioni per adulti. Nacquero così l’autoscontro, il miniscooter e molti altri classici.

Già nel 1976 Zamperla sbarcò in Nordamerica: una svolta internazionale che avrebbe segnato la storia dell’azienda, che oggi deve all’export più del 95% dei suoi 100 milioni di fatturato. Con 450 dipendenti e quattro stabilimenti produttivi, fornisce giostre, tra gli altri, a Disney, Universal, Merlin Entertainments e Six Flags. In 55 anni, ne ha realizzate circa novemila. Viaggia ora tra le 200 e le 250 commesse all’anno, per un valore che spazia dai 60mila euro ai 12 milioni. “Per il 98% sono una diversa dall’altra”, precisa Antonio Zamperla. “Nel nostro campo, la produzione in serie non esiste”.

Dopo aver contribuito al rilancio di Minitalia Leolandia tra il 2007 e il 2010, solo a fine 2019 Zamperla ha inaugurato il primo parco italiano: Luna Farm, all’interno del Fico Eataly World di Bologna. Molto prima era arrivata non solo negli Stati Uniti e in gran parte d’Europa, ma anche in Paesi come Cina, Filippine e Arabia Saudita. “Da noi ‘giostra’ sembra una parolaccia”, spiega Zamperla. “La gente dice ‘attrazione’ o ‘intrattenimento’ perché teme di offendermi se mi dà del giostraio. Altrove è diverso: il parco di divertimento è un investimento sociale”.

Zamperla ha esportato giostre anche in Iraq e in Corea del Nord. “C’è un’immagine di Kim Jong-Un su una giostra”, ricorda Zamperla. “Nello stesso periodo, su un’altra saliva Barack Obama. In Paesi come la Corea del Nord c’è tanta voglia di divertirsi. I regimi lo sanno dall’epoca del panem et circenses dei romani: il divertimento è un’arma di distrazione di massa”. Un desiderio di evasione che si manifesta anche in Occidente nei periodi di crisi. Zamperla è convinto che, come Superman contribuì all’uscita dell’America dalla Grande depressione, così l’intrattenimento aiuterà a superare la pandemia: “Il Covid ha colpito le finanze di molti. Il parco di divertimento permette di distrarsi per qualche ora, senza un grosso esborso economico”.

Zamperla ha avuto tra i suoi clienti Michael Jackson, per il quale ha realizzato le giostre della tenuta di Neverland, e il sultano del Brunei. “Per il compleanno voleva una Ferrari. Non riuscì a ottenerla e ripiegò su una montagna russa”, racconta Zamperla. “Fissò un tempo di consegna inconcepibile, quattro mesi. Inviò quattro aerei da carico a Venezia per ritirarla”. E diversi anni prima di Coney Island, fu Donald Trump a far sbarcare Zamperla a New York, con una struttura estiva a Central Park.

Il Disk’O Coaster, una delle attrazioni realizzate dalla Zamperla.

Un anno di svolta per l’azienda fu il 1988, con quella che Antonio Zamperla definisce “una favola imprenditoriale resa possibile da un bel po’ di pelo sullo stomaco. “La Disney seppe che eravamo esperti di fibre di vetro e ci chiese di aggiustare un Dumbo in California. Quel contatto ci permise di partecipare a un bando per l’apertura di Eurodisney: ottenemmo una commessa otto giostre su 13. Una piccola azienda veneta in affari con una delle più grandi società al mondo: non avevamo idea di che cosa stessimo facendo. Eppure, da allora abbiamo installato più giostre di chiunque altro nei parchi Disney. E quelle del 1988 sono ancora lì: è come se un’auto percorresse 250 km al giorno per 30 anni e funzionasse ancora alla perfezione”.

A dispetto del sapore tradizionale, quello delle giostre è infatti un settore di ricerca tecnologica spinta. Zamperla presenterà a fine anno una montagna russa che utilizza materiali ultra-leggeri presi in prestito dalla Formula 1. “Ogni anno”, spiega l’ad, “presentiamo almeno due giostre. Quest’anno saranno sette: per superare la crisi, bisogna aggredirla”.

Sempre grazie alla tecnologia, l’installazione delle giostre non si è fermata neppure in lockdown. Realtà virtuale, realtà aumentata e intelligenza artificiale hanno permesso alla sede vicentina di guidare operatori anche in Polonia, Giappone, Canada ed Emirati Arabi. “Possiamo verificare una saldatura a migliaia di chilometri di distanza”, precisa Zamperla. “Il mercato si muove verso giostre che interagiscono con il pubblico. Presto si potrà capire se e quanto una persona si sta divertendo in base all’analisi del battito cardiaco o delle espressioni facciali”. L’azienda utilizza anche un robot antropomorfo per la fresatura dei materiali, che mutua tecniche dalla scultura e dall’automotive. “La tecnologia non elimina però la mano dell’artigiano, a cui spetta il compito di rifinire il prodotto. Di dargli un’anima, insomma, come Geppetto la dava a Pinocchio”.

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