Francesca Devescovi DigitAlly
Business

Come trovare lavoro nell’era digitale: la formula di Francesca Devescovi, ceo di DigitAlly

La buona notizia è che, su spinta del Recovery Plan, sono attesi entro i prossimi cinque anni 1,3 milioni di nuovi posti di lavoro. La cattiva notizia – o, se si vuole, il paradosso – è che mancano le competenze per colmarli. Per il successo lavorativo è determinante essere al posto giusto al momento giusto. Ma “giuste” – anzitutto – devono essere le competenze: aggiornate a questi nostri tempi contrassegnati dalla trasformazione digitale. Francesca Devescovi, quattordicesima ospite della serie Fattore R. Riscrivere per Rinascere, ci aiuta a comprendere come e quali competenze vadano riscritte. È ceo di DigitAlly, startup innovativa in portafoglio di OltreVenture, partner di Ambizione Italia di Microsoft e con quartier generale a Milano.

DigitAlly accelera l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro formando all’uso concreto di strumenti digitali. Così come offre  percorsi per professionisti, imprenditori e startupper che vogliano allinearsi ai mutamenti del mercato. In un futuro molto prossimo, 9 lavori su 10 richiederanno competenze digitali. Meglio attrezzarsi per tempo.

Quali sono i profili digitali più richiesti del 2021? Le aziende cosa chiedono  di diverso anche solo rispetto a tre anni fa?
Specialisti nell’analisi dei dati digitali, digital marketing, project management e e-commerce. Nel mondo digitale tutto è misurabile, per cui ovunque è richiesto un approccio “guidato dai dati”, un tempo legato a specifiche funzioni.

Fornite le competenze digitali intermedie “in tempi brevi”, è il vostro messaggio. Ma quanto brevi? E che prerequisiti devono avere i candidati per accedere a questi corsi?
Nello Sprint Master insegniamo in tre mesi e mezzo i tool digitali più richiesti. La maggior parte dei nostri iscritti ha conseguito una laurea triennale in discipline umanistiche o economiche e ha bisogno dello scatto finale verso il lavoro. Quanto ai prerequisiti, sono fondamentali una passione per il digitale, buone capacità logico-matematiche e tantissima motivazione. Al resto pensiamo noi.

Siete nati nel 2019 ed entro il 2021 avrete formato 500 studenti. Intendete crescere?
Abbiamo un piano di crescita esponenziale. Introdurremo nuovi verticali e nuovi prodotti. Siamo sbarcati in tantissime città italiane perché i nostri corsi sono online e la presenza fisica è prevista solo in alcuni momenti, laddove possibile. Abbiamo aziende partner e ragazzi dalla Sicilia e dal Friuli.

Quali sono queste aziende?
Da subito Vodafone, Henkel, Nexi, Prysmian, Unipol, Unes, Jointly. Ora anche scaleup come App Quality, acceleratori di start up come Gellify, corporate come Kraft-Heinz, Clementoni e Ideal Standard.

Per colossi come Google, il saper fare vince sul curriculum: il candidato viene assunto o respinto in base a cosa sa o non sa fare. Accade altrettanto nelle aziende italiane?
Resistono molti pregiudizi sul background dei ragazzi e i processi di selezione delle grandi aziende italiane sono ancora molto legati al cv. Nelle startup o scaleup invece non si prende minimamente in considerazione il curriculum.

Secondo il Desi 2020 (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società), lItalia occupa il terzultimo posto fra gli stati membri dell’Unione europea. Quali sono le priorità per risalire la classifica?
Vanno ripensati l’orientamento dei ragazzi nella scelta della scuola secondaria, l’università e la durata dei percorsi di studio. Ogni anno bisognerebbe dare a studenti e lavoratori alcuni gettoni da spendere in formazione utile per il lavoro. Tutte le imprese devono innovare e digitalizzare i propri processi. 

Il tema chiave è la scuola sempre più scollegata dalla realtà. Non fornisce le competenze realmente utili. 
È assurdo che le università italiane non formino su Excel o Google Analytics, che invece sono la base di qualsiasi lavoro che si andrà a fare.

La lingua del digitale è l’inglese. Dobbiamo arrenderci e incassare o prima e poi si riuscirà a sdoganare espressioni come “analista dei dati” anziché data analyst?
Usiamo l’inglese perché anche qui siamo abbastanza indietro e i colossi del digitale sono stranieri. 

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