Luca Pagano Qlash
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L’ascesa di Qlash, la società che sta scrivendo il futuro dell’esport. “È come una maratona, si emerge con la resistenza”

I Qlash sono una delle realtà esport più solide e conosciute, non solo in Italia. Dal respiro sempre più internazionale, l’organizzazione fondata da Luca Pagano ed Eugene Katchalov, stelle del poker mondiale, in pochi anni è esplosa ed è diventata un aggregatore di community, merce preziosa con i tempi (e i business) che corrono.

In più ha generato un hub, la Qlash House a Treviso, che è un tournament organizer e una talent agency. Per questo definirla una media company è riduttivo.

Nell’immediato futuro dell’organizzazione ci sono una campagna di crowdfunding e l’espansione verso nuovi mercati, obiettivi contrappuntati dalla crescita del gaming competitivo in Italia, proventi compresi.

Forbes Italia ha intervistato Pagano, ceo e cofondatore di Qlash, chiedendogli – per cominciare – che cosa comporti dal punto di vista economico la gestione di una macchina organizzativa così imponente.

“Il nostro obiettivo principale è lavorare sempre in funzione della community. Si pensi per esempio al Circuito Tormenta (il campionato amatoriale italiano supportato da Riot Games che raggruppa League of Legends, la sua versione mobile Wild Rift e Valorant, ndr): rientra pienamente nelle nostre corde, perché per noi il focus sulla community è fondamentale.

Sarà per il fatto che, arrivando da un’esperienza peculiare come quella di Poker Stars, so quanto sia soddisfacente creare qualcosa per una comunità di appassionati. Per quanto ci riguarda il vero valore è questo.

Poi, ovvio, tutto si traduce in lavoro. Il nostro, nell’esport, è forse il modo più difficile e costoso di fare le cose. Però, avendo almeno una parte del processo internalizzato, riusciamo a rendere scalabile il modello. Ora, con l’apertura a nuovi mercati, a nuovi titoli e community, i costi non aumentano più in modo proporzionale. Iniziamo ad avere delle economie di scala sostenibili. I maggiori costi li abbiamo affrontati due anni fa. In questo momento, il pezzo più importante dell’investimento è la nostra App”.   

Una delle sale all’interno della Qlashhouse di Treviso

La App Qlash Community sembra in effetti il cardine su cui ruota l’intera strategia dell’organizzazione. L’obbiettivo dichiarato non è solo quello di attrarre pubblico, ma anche nuovi investitori non endemici.

“Ci sono due tipologie di ricavi dalla piattaforma: una è il B2B, l’advertisement; è il classico banner all’interno dell’hub, oppure la sponsorizzazione diretta di uno dei tornei che organizziamo a decine.

L’altra, che stiamo sviluppando, è costituita dal B2C, rivolto all’utenza. È un subscription model, per accedere a eventi e tornei esclusivi. Avremo un meccanismo di marketplace in cui introdurremo i Qlash Coin per potersi iscrivere alle competizioni e  convertire i premi in merchandising. Potremmo dire di aver adottato un B2B2C”.

Lo sviluppo di questo modello è stato però condizionato dalla situazione sanitaria globale, che ha bloccato un settore in cui gli eventi dal vivo sono e rimangono vitali.

“Abbiamo subito lo stesso impatto di tante altre aziende. A livello economico ne abbiamo risentito e sebbene la nostra monetizzazione derivi perlopiù dal digitale, anche noi abbiamo avvertito un contraccolpo. In fondo, vivendo di sponsorizzazioni da aziende tradizionali, si è bloccato tutto il flusso.

È però successo che la situazione ha accelerato la consapevolezza del settore, specie in Italia, motivo per cui stiamo recuperando ciò che abbiamo perso a causa della pandemia”.

Oltre all’Italia, i Qlash vantano una presenza forte in Spagna e prossimamente in America Latina. Le differenze ci sono, e si vedono, soprattutto per quanto riguarda la sensibilità e la disponibilità all’investimento da parte di brand extra-settoriali.

“L’industria è simile, ma vive stadi diversi: oggi la Spagna è più avanti di almeno cinque anni rispetto all’Italia. L’aspetto positivo è che il mercato è molto più esteso, almeno quindici volte il nostro. Gli sponsor non endemici sono quindi abituati da una decina d’anni a sentir parlare di esport. Per loro investire cifre importanti è ormai una prassi nel marketing.

L’aspetto negativo è che in un mercato consolidato è più costoso operare. In questo senso il nostro focus ci permette di avere un ruolo importante: ci sono poche aziende che fanno business con la community, proprio perché è difficile. Il nostro vantaggio rispetto ad altre piattaforme è il brand. Vantiamo una brand awareness e una brand reputation privilegiata, fra le community e i publisher, perché negli ultimi quattro anni abbiamo lavorato in questa direzione.

Partecipare a un torneo per noi rappresenta un marketing too’. Con questo modus operandi, negli ultimi tre anni abbiamo costantemente raddoppiato i ricavi. Solo nei 12 mesi più recenti abbiamo fatturato 800mila euro.

E adesso?

“Stiamo investendo per aprirci a nuovi mercati, abbiamo investito in Spagna, come detto presto sbarcheremo in America Latina e stiamo già guardando altri mercati, come gli Stati Uniti. Sono fondamentali per noi, perché la maggior parte dei nostri investitori è americana e c’è tanto capitale da raccogliere. L’idea è lanciare una nuova campagna dedicata al mercato statunitense. Il nostro obiettivo è affrancarci dalla definizione di media company per diventare una tech media company”. 

Riccardo “Reynor” Romiti, giocatore dei Qlash, che ha vinto agli Intel Extreme Masters 2021

Una compagnia di ultima generazione, che però vanta una partnership con il Milan, realtà apparentemente lontana da questo mondo. Non è solo l’interesse alla monetizzazione nel breve termine ad aver spinto il club meneghino a stringere l’accordo con i Qlash, ma una visione di valore, proiettata verso il futuro. Una visione dettata dalla diversa mentalità, in questo caso statunitense, che guida la società rossonera.

“Poter lavorare con il Milan è una fortuna, perché la società ha un respiro internazionale, quindi per loro è facile capire e cogliere l’opportunità di business, oltre alla necessità di rivolgersi e comunicare ai giovani.

Riusciamo facilmente a sviluppare progetti insieme. Noi non siamo fornitori di servizi e loro non sono i nostri sponsor: è una collaborazione a tutti gli effetti. Dividiamo i ricavi sulle sponsorizzazioni in maniera congiunta.

Guardando il mercato italiano, ancora emergente, crediamo che la vera opportunità di business sia, sì, lavorare con la community, ma anche fare da ponte fra le aziende tradizionali e l’ecosistema esportivo. Questo è uno dei motivi per cui il Milan, NowTv e altri ancora si sono affidati ai Qlash.

In fondo, nel medio e lungo termine, sono certo ci saranno molte più opportunità di business in quel mondo rispetto a quello endemico, almeno per come ci stiamo posizionando noi. Con il Milan abbiamo creato un brand congiunto, per esempio, e presentarsi come ‘Milan Qlash’ può essere molto utile per guadagnare considerazione fra le aziende tradizionali.

L’esport è una maratona, si emerge con la resistenza. I guadagni istantanei sono un’illusione”.

Per vincere una maratona servono rifornimenti, motivo per cui avete lanciato una peculiare campagna di crowdfunding. Il traguardo degli 800mila euro può dirsi raggiunto: è solo il punto di partenza, giusto?

“La soglia che abbiamo ipotizzato è solo un risultato minimo e sono molto soddisfatto della risposta, peraltro arrivata in pochissimo tempo.

Il round comunque rimarrà aperto anche dopo, per dare l’opportunità a chi lo desideri di investire. C’è sempre bisogno di capitale, ma non è solo questo: per noi il crowdfunding è un marketing tool. Lanciata la campagna, abbiamo registrato un’impennata nell’interesse da parte di sponsor, investitori privati e media.

Per di più il crowdfunding è perfetto per il nostro modello: la creazione di un’utenza fidelizzata ha valso una risposta immediata da parte di giovani e persone che apprezzano ciò che facciamo. Vogliono farne parte, anche con una quota infinitesimale. Questi saranno i nostri principali ambassador. Da un lato monetizziamo, dall’altro coinvolgiamo la nostra community, fidelizzandola ancora di più.

Gli investitori avranno delle ricompense, ma soprattutto l’opportunità di capitalizzare l’investimento quando ci sarà la cessione. Potranno anche non aspettare quel momento, ma usare il mercato secondario per comprare e vendere quote tra loro, all’interno della piattaforma Seedr, se desiderano speculare nel breve termine”.

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