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Blockchain & Co

Dentro la fabbrica dei bitcoin nel cuore di Milano

di Riccardo Bastianello

Dopo anni di attività e guadagni più o meno facili per trader e miner di bitcoin, la mappa geografica (geopolitica?) della criptovalute sta cambiando. Da un lato si registra il recente sdoganamento della madre della cripto da parte di El Salvador, che ha adottato il bitcoin come valuta ufficiale accanto al dollaro americano. Una mossa che, peraltro, non ha impedito alla moneta, che poco tempo prima era faticosamente tornata dopo mesi a superare quota 50mila dollari, un tonfo del 17%. Dall’altra, i miner stanno lasciando la Cina, dopo la stretta decisa all’inizio dell’estate da Pechino. Resta allora da capire, nel nuovo quadro geografico e geopolitico, quale sarà il ruolo dell’Italia.

I costi del mining in Italia

“La mia prima macchina per minare l’ho costruita montando due gpu (graphics processing unit, “unità di elaborazione grafica”) in un cestello della lavastoviglie”, ricorda Gabriele Stampa, pioniere del mining in Italia e filosofo entusiasta della blockchain. “Nel 2017 siamo arrivati prima di tutti – Germania, Spagna e Francia, tra gli altri – ad avere 1 megawatt elettrico e 9mila gpu attive. Minavo ethereum, al tempo, fino a 8 al giorno per macchina. Ma ora molto è cambiato e, con il lancio di ethereum 2.0, sarà consigliabile minare solo bitcoin. All’estero, almeno: in Italia non converrà affatto”.

I costi dell’energia, a detta di Stampa, rendono infatti inaccessibile questo business ai miner italiani. “Perché valga la pena, è necessario che l’energia costi circa 4 centesimi di dollaro per kilowatt. Tariffe del genere si trovano in Cina o nei paesi dell’ex Unione sovietica. Luoghi dove l’equilibrio geopolitico non è certo ideale per investimenti strutturati. Ormai è finita l’epoca del mining, se non per i bitcoin. E anche quello sarà fatto in maniera diversa, sul cloud. Il mining vero e proprio resterà concentrato in grandi utility che controlleranno migliaia di macchine”.

Criptomining

Eppure anche a Milano, a due passi dal Duomo, tre piani sotto il livello del suolo, c’è chi continua a minare. Si tratta di Criptomining, “fabbrica” di Bitcoin nata nel marzo 2018, che continua a crescere. L’ultimo equity crowdfunding, il terzo, nel marzo di quest’anno, ha visto una raccolta di 400mila euro in 10 giorni. Il primo, ad aprile 2018, si era chiuso con il 230% del target raggiunto in sole 12 ore.

“Minare in Italia non è certo economico”, ha ammesso il fondatore di Criptomining, Matteo Moretti. “Il costo dell’energia è più alto rispetto a tanti altri paesi, ma è meglio pagare tanto l’energia piuttosto che operare dove c’è incertezza sulla linea del governo. Ciò che è successo di recente in Cina ne è la prova. Restare in Italia e in Europa rende l’attività meno redditizia, ma dà sicurezza agli investitori”.

L’era dell’internet della finanza

L’attività di mining procede al ritmo di 2 Bitcoin all’anno. Non va dimenticato, infatti, che si tratta di un processo lungo e laborioso, anche quando si dispone di computer performanti. Il fatturato di Criptomining nel 2019 è cresciuto del 350% sull’anno precedente. Nel 2020 ha raggiunto quota 100mila euro e le stime per il 2021 sono di 320mila. “Abbiamo accordi con alcuni operatori per calmierare il prezzo dell’energia e siamo in linea con gli obiettivi per quest’anno”, afferma Moretti. “Anzi, attendiamo la consegna di 30 macchine nuove”.

Se davvero i bitcoin e le altre criptovalute troveranno una diffusione sempre più ampia in futuro, è naturale domandarsi come la concentrazione di miner in un paese anziché in un altro potrà alterare gli assetti economici e politici. “Siamo nell’epoca dell’internet della finanza”, dice Stampa. “E l’internet della finanza farà a banche e governi ciò che l’internet delle mail ha fatto ai servizi postali. I politici non possono fare molto, provare a opporsi sarebbe come prendere un pugno di sabbia: più si stringe la mano, meno sabbia si raccoglie. La tecnologia blockchain ha provocato uno spostamento del potere. E da questa rivoluzione non si torna indietro”.

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