Busani (dx) Didero -Cap_abel
Innovation

Gli abiti di questa startup ci proteggeranno dal riconoscimento facciale ingannando l’intelligenza artificiale

È un vero e proprio mantello per l’invisibilità digitale, una linea di abbigliamento che ha lo scopo di impedire riconoscimenti facciali sgraditi e proteggere privacy e sicurezza. Telecamere di sicurezza a parte ovviamente. L’idea e la produzione è di Cap_able, una startup fashion tech italiana che offre prodotti di design innovativi caratterizzati da una forte componente tecnologica ed etica. Il suo primo progetto è la Manifesto Collection, la prima collezione di capi in maglia che schermano il riconoscimento facciale, senza dover coprire il viso.

Come nascono Cap_able e il tessuto adversarial

Il progetto è nato nel 2019 a New York, dove la fondatrice e attuale ceo, Rachele Didero, si trovava per uno scambio al Fashion institute of technology. Da un incontro con un ingegnere della Uc Berkeley e una conversazione su privacy e diritti umani, è nata l’idea di combinare moda e high tech. Dopo mesi di ricerca in cui si sono unite competenze di textile, machine learning e studio dei volumi del corpo per la creazione di capi d’abbigliamento, ha infine preso forma il tessuto adversarial con cui è stata disegnata e prototipata la prima collezione di Cap_able: la Collezione Manifesto, brevettato nel febbraio 2021.

Il tessuto è stato brevettato con il Politecnico di Milano, dove Rachele svolgeva un dottorato di ricerca sotto la guida del professor Giovanni Maria Conti e della professoressa Martina Motta. Durante un programma di formazione sull’impresa innovativa offerto a Torino da Fondazione Crt, la ceo ha incontrato Federica Busani, attuale business developer e cofondatrice di Cap_able. Insieme hanno poi deciso di trasformare questo progetto in un vero e proprio business

L’uso improprio delle telecamere di riconoscimento facciale

“Cap_able si rivolge a un’avanguardia culturale e tecnologica che si pone come esempio e leader rispetto alla sensibilizzazione sull’importanza dei propri diritti”, spiegano le due fondatrici. “Un mezzo per esprimere sé stessi, la propria identità e i valori condivisi all’interno di una community di riferimento. L’obiettivo è sensibilizzare le persone sul diritto alla privacy e sulla tutela dei dati biometrici, una questione spesso sottovalutata nonostante riguardi la maggior parte dei cittadini di tutto il mondo. Il valore di questo progetto è duplice: il capo non è solo uno scudo contro il riconoscimento biometrico, ma è anche e soprattutto un manifesto che intende stimolare il dibattito sull’importanza della protezione dall’uso improprio delle telecamere del riconoscimento facciale”.

Numerose organizzazioni in tutto il mondo hanno infatti segnalato come la tecnologia di riconoscimento facciale sia spesso imprecisa, discriminatoria e neghi i diritti umani. Le telecamere di riconoscimento facciale (Frt) sono sempre più presenti nella maggior parte delle città del mondo. Tuttavia, diversi studi hanno riportato come non ci saranno mai abbastanza dati per eliminare gli errori di questa tecnologia e il conseguente rischio di false identificazioni.

La missione di Cap_able? Rivoluzionare il modo di guardare i vestiti e la loro funzione

“Scegliere cosa indossare è il primo atto di comunicazione che compiamo, ogni giorno. Una scelta che può farsi veicolo dei nostri valori, diritti umani inclusi”, aggiunge la ceo Rachele Didero. “In un mondo in cui i dati sono la più grande risorsa economica, Cap_able affronta la questione della privacy, aprendo la discussione sull’importanza della protezione dall’uso improprio delle telecamere di riconoscimento biometrico: un problema che è diventato sempre più presente nella nostra vita quotidiana, coinvolgendo cittadini di tutto il mondo e che, se trascurato, potrebbe congelare i diritti dell’individuo tra cui la libertà di espressione, di associazione e di libero movimento negli spazi pubblici”.

La nostra immagine facciale appartiene alla categoria dei dati biometrici allo stesso modo delle nostre impronte digitali o del nostro dna. Le persone dovrebbero essere in grado di dare il loro esplicito consenso al trattamento dei loro dati, ma questo è chiaramente irrealistico considerando che dovrebbe avvenire ogni volta che si accede a spazi pubblici in cui viene utilizzata la sorveglianza del riconoscimento facciale.

“Cap_able punta a cambiare il modo in cui le persone guardano i vestiti e gli accessori che indossano, portando un atteggiamento completamente nuovo e più profondo nel settore della moda”,  spiega Federica Busani. “Uno degli obiettivi di Cap_able è quello di trovare nuove soluzioni e nuovi ambiti di applicazione della tecnologia, anche per continuare a far riflettere su un tema la cui urgenza è troppo spesso sottovalutata”.

Ingannare i rilevatori di persone: ecco come funziona questa tecnologia

L’innovazione tecnologica di questo progetto sta nell’obiettivo di creare un sistema in grado di trasporre su un tessuto in maglia delle immagini (chiamate adversarial patches) che possono essere utilizzate per ingannare i rilevatori di persone in tempo reale. In sostanza, se indosso un capo in cui è tessuta un’immagine avversaria proteggo i dati biometrici del mio viso, i quali non potranno potranno essere rilevabili o saranno associati a una categoria errata come “animale” piuttosto che “persona”.

Fino ad oggi gli adversarial patches sono stati solo stampati. Il metodo che Cap_able ha brevettato consente di incorporare l’algoritmo nella texture in modo da garantire una perfetta vestibilità dei capi senza perdere la loro efficacia e fondendosi perfettamente con i volumi del corpo.

A testare il tessuto Yolo, il più comune e veloce sistema di rilevamento di oggetti in tempo reale. Le persone che indossano capi Cap_able non sono riconosciute come tali dal software, che invece individua all’interno del tessuto cani, zebre, giraffe o piccole persone in maglia.

Il risultato è la Collezione Manifesto, una capsule collection di moda in maglia realizzata con filati di cotone Filmar, 100% cotone Egitto super soffice, privo di sostanze chimiche pericolose e made in Italy, che aderisce alla Better cotton initiative (Bci).

Oggi, il team lavora sul lancio della collezione tramite campagna crowdfunding: da settembre, offrirà i capi in pre-vendita a livello internazionale.

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