Innovation

Questa azienda italiana ha inventato una stampante 3D capace di realizzare tessuti e organi umani

Dietro ai grandi cambiamenti degli ultimi 150 anni c’è tanta Italia. Per la verità, pochi lo sanno, perché c’è un problema di base. Meucci ha inventato il telefono ma è stato Bell a brevettarlo, aprendolo alla industrializzazione, così come Olivetti ha inventato il calcolatore elettronico poi venduto all’IBM che ne ha fatto un’industria. E’ lunga la lista delle nostre invenzioni che però hanno trovato fuori dai confini nazionali la rampa di lancio, senza contare le ricerche morte nei cassetti delle università e sfuggite alla triangolazione ricerca-industria-mercato.

Il caso SolidWorld

Qui riferiamo di un caso di buona pratica. La notizia è che la trevigiana SolidWorld, leader in Italia e tra i principali in Europa nella filiera digitale 3D, ha tradotto in prodotto un brevetto dell’Università di Pisa e in un prossimo futuro è pronta a sbarcare sul mercato. SolidWorld, attiva nel settore delle tecnologie digitali, della stampa 3D, oltre che dell’additive manufacturing, ha in portfolio 8mila clienti, da Leonardo a Ferrari, da Lamborghini a Poltrone Frau, un fatturato di 58 milioni di euro (Ebitda a 4 milioni) e da luglio è quotata nel segmento Euronext Growth Milan di Borsa italiana. Conta 11 società.

Electrospider

L’ultima nata è Bio3DPrinting e prende spunto proprio dal brevetto partorito nell’Università pisana: si tratta della biostampante in 3D Electrospider, progettata per realizzare tessuti e organi che duplicano la complessità e le funzioni dei tessuti umani. Lo fa grazie alla stampa di idrogeli innovativi caricati con cellule del soggetto. Rappresenta un’evoluzione nei campi della medicina rigenerativa di organi e di tessuti, della ricerca farmacologica e cosmetica e nei processi di collaudo e produzione di farmaci e prodotti di cosmesi.

Il mondo delle biostampanti

Electrospider verrà presentata per la prima volta al pubblico a Montecatini Terme dal 25 al 28 settembre durante il Congresso Mondiale sulla Biofabbricazione Biofabrication 2022.
Tra l’altro stando al Grand View Research, il mercato delle biostampanti è stimato in 4,4 miliardi di dollari entro il 2028, con un tasso di crescita annuale del 15,8%. Electrospider ha un vantaggio rispetto a quanto offre il mercato: la versatilità nella costruzione di tessuti umani complessi.
Ne abbiamo parlato con Roberto Rizzo, ingegnere aeronautico, fondatore e amministratore delegato SolidWorld Group.

Come siete arrivarti all’Università di Pisa?

Da tempo collaboriamo con la facoltà di Biomedicina dove ho conosciuto il professor Giovanni Vozzi, la sua squadra e la ricercatrice Aurora De Acutis, autrice della tesi sulla stampante 3D che abbiamo poi ingegnerizzato. Questa stampante ha la caratteristica di riuscire a produrre in contemporanea la struttura biodegradabile tridimensionale incollando al contempo il liquido organico prelevato dal paziente.

La novità rispetto alle stampanti concorrenti sta nella contemporaneità delle due azioni ?

Proprio così, perché a differenza delle stampanti di biofabbricazione oggi in circolazione, questa riesce ad offrire una tridimensionalità immediata.

Colta la novità, siete entrati in campo. Come esattamente?

Aiutando a ingegnerizzare il prodotto. Inoltre, poiché mi è impossibile offrire a questi scienziati di vaglia lo stipendio che potrebbero garantire le aziende estere, ho proposto alla squadra del professore Vozzi di creare una società. Così è nata Bio3DPrinting, costituita dai giovani scienziati e professori che hanno lavorato al progetto. La presidente è Aurora De Acutis. La società è nata a maggio e il prodotto è stato ingegnerizzato a luglio.

Chi sono i potenziali clienti?

Ospedali di dimensioni tali da poter disporre di uffici tecnici. Di fatto già lavoriamo con gli ospedali di Bergamo, Firenze, con il Bambin Gesù di Roma, dove, attraverso la nostra società Bio3DModel, forniamo tecnologie e competenze per la stampa dei modelli degli organi in 3D, usati nella fase preoperatoria. Ad esempio siamo entrati in campo tre anni fa per l’operazione di separazione di due gemelle siamesi. A quest’impresa lavoravano 40 chirurghi per i quali elaborammo 40 modelli in 3D affinché si potessero esercitare. Di recente, per esempio il centro di cardiochirurgia pediatrica di Padova ha salvato un bimbo ucraino con una pallottola conficcata vicino al cuore usando un nostro modello 3D.

Siete nati vent’anni fa operando nel settore industriale, come siete poi arrivati al medicale?

Noi siamo ingegneri quindi ammetto che inizialmente eravamo scettici sulle connessioni fra i due mondi, ma abbiamo subito compreso che il corpo umano è una macchina: assai complessa e dove tutto funziona a meraviglia salvo che vi sia un problema e a quel punto la macchina s’inceppa. Avevamo iniziato a collaborare con chirurghi per realizzare software di segmentazione per generare modelli tridimensionali di organi. Grazie alla scansione dell’organo malato e alla stampa successiva in 3D, con utilizzo di colorazioni diverse, si potevano notare per esempio i segni di metastasi. Una tecnologia risultata molto utile per i chirurghi in sede di analisi preparatoria, in situazioni chirurgiche complesse.

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