Christoph Gamper
Leader

L’imprenditore altoatesino che vuole portare talenti e mentalità della Silicon Valley nella sua azienda

“I principi fondamentali per avere successo? La perseveranza, ma anche la creatività, la passione, la lealtà, il rispetto, e, soprattutto, una nuova cultura di fare business con una mentalità globale che guarda al futuro”, crede Christoph Gamper, ceo e co-proprietario del gruppo Durst, un colosso nel settore delle stampanti digitali.

Ha sede a Bressanone, ma ha 20 filiali e aziende e partner in tutto il mondo. Il gruppo Durst impiega oltre 1.000 persone e ha realizzato lo scorso anno 330 milioni di euro di fatturato. Christoph è nato l’8 febbraio, in un paesino tra le montagne del Sud Tirolo. Ha studiato al MCI di Innsbruck e poi alla Boston Business School. Ha lavorato per diversi anni a New York, prima di approdare a Durst in Italia. La sua azienda ha avviato un’intensa politica di scouting nel campo dell’innovazione, della ricerca e nelle più alte tecnologie a tutti i livelli.

Come vede l’Italia post-covid?

A parte il dramma della guerra in Ucraina, sono convinto che stiamo vivendo un’era piena di possibilità, soprattutto grazie alle nuove tecnologie, che avanzano in tutti i settori. Siamo in un Rinascimento imprenditoriale. E, sono convinto, che l’Italia sia il paese dove in futuro si possa fare al meglio l’imprenditoria, grazie alla sua potenza culturale, creativa e al suo stile di vita invidiabile.

Anche le startup italiane stanno crescendo sempre più e il gruppo Durst vuole sostenerle affinché restino qui, invece di andare in Silicon Valley. So che molte aziende stanno trasferendo la loro sede in altri paesi “paradisi fiscali”. A me, invece, non pesa pagare le tasse se le cose funzionano. E credo che se il governo rimane stabile, tutta l’Italia abbia grandi potenzialità, capace di attirare capitale e cervelli stranieri.

Oltre a New York, lei, specialmente di recente, è molto attivo in Silicon Valley per scoprire nuovi talenti e portarli in Italia.

Cerchiamo di portare qui non solo talenti stranieri, ma anche talenti italiani che sono andati all’estero o che scopriamo direttamente nel nostro paese. Non voglio dire che porto qui la mentalità della Silicon Valley, perché preferisco pensare a una nuova “cultura italiana dell’innovazione”, che si fa forte del grande retaggio storico e culturale, dei valori importanti e reali e concreti, che forgiano l’anima del nostro Paese. Fin da sei anni prima della pandemia la zona del Sud Tirolo è stata un hub per lo sviluppo economico con i Tyrolean Business Angel, altri investitori e associazioni, impegnati nel finanziare e integrare le tecnologie locali.

A novembre 2022 ha deciso di prendere parte anche al Singularity Executive Program.

Vado spesso nella Silicon Valley, oltre che a New York e, di recente, ad Atlanta negli Stati Uniti, dove abbiamo da poco acquistato un’altra azienda. Abbiamo inoltre filiali in Cina e Singapore e partner in Giappone. Sono tutti luoghi dove spesso si vede il futuro. Prima dell’arrivo del covid, ho trascorso molto tempo a Singapore, soprattutto per cercare di comprendere le diverse dinamiche. Il programma della Singularity University ha lo scopo di formare i leader verso una visione sempre più futuristica, globale e innovativa, grazie soprattutto alle più moderne tecnologie, alla robotica e all’AI.

Adesso ci sono molti talenti che dall’estero stanno decidendo di tornare in Italia. Ma, nel 2011, quando abbandonò il suo lavoro a New York per tornare in Italia per lavorare al gruppo Durst, lei era forse uno dei primi…   

Sono appassionato di fotografia fin da ragazzo, ma l’ho sempre considerato come un hobby. Al contrario, la tecnologia, un’altra mia grande passione, è diventa per me una professione. All’inizio, a New York, trovai lavoro in diverse aziende come Koch Media, Emea e Datacolor. Alla fine, mi cerò la Durst, ma avevo alcuni dubbi. Infine, decisi di tornare, perché mi era piaciuta la sfida di sviluppare un’azienda italiana di livello globale.

Come fu il rientro?

In tutta onestà in principio fu uno shock trasferirmi da una grande metropoli alle tranquille montagne dell’Alto Adige. Ma, dopo momenti di incredibile frustrazione, pensai a uno dei miei personaggi preferiti: Pippi Calzelunghe, capace di trasformare il mondo nel “suo” mondo. Così sono diventato comproprietario di Durst, attivandomi direttamente in un processo di rinnovamento. Abbiamo cambiato tutto: a cominciare dall’edificio, trasformato dal punto di vista architettonico, con forme e tecnologie all’avanguardia. E anche all’interno, in stile campus all’americana. Ho aperto un ristorante con un menù di prodotti freschi e sostenibili. Ho fatto costruire un bar, che è anche un punto d’incontro informale per divertirsi e rilassarsi.

Mi ci sono voluti circa cinque anni per trasformare una mentalità locale in una internazionale. Qualche esempio? Quando arrivai tutti lavoravano ancora in giacca e cravatta, non vestivano in modo informale e casual come si usava nell’ambiente tech americano. Oggi se facciamo un’intervista di lavoro a qualcuno, quella persona avrà una risposta molto probabilmente addirittura la mattina dopo. All’epoca tutto era molto lento. Adesso il clima aziendale è migliorato: i nostri Durst’ler sono più felici, entrate e profitti sono cresciuti notevolmente.

Come vede il futuro di Durst?

Siamo attivi nel campo delle macchine, software e componenti da stampa digitali industriali, per stampare grandi formati, di etichette, ceramica, tessuti, imballaggi. In futuro la nostra priorità è la sostenibilità. Nel 2022 i nostri inchiostri Durst P5 Sublifix, grazie alla tecnologia P5 Tex iSUB, hanno ricevuto la certificazione Eco Passport di OEKO-TEX, che assicura i massimi standard per la salute umana e la tutela dell’ambiente nell’industria tessile, oltre che un risparmio energetico fino al 50% rispetto a un processo tradizionale.

Stiamo installando sul tetto del nostro quartier generale uno dei più grandi sistemi fotovoltaici di pannelli solari del Sud Tirolo, che dovrebbe coprire circa il 50% del nostro consumo energetico. Nel settore delle startup, la nostra holding, Technicon, ha appena acquistato a Trento la piccola azienda Immagina (immaginabiotech.com). Credo che il settore biotech, dopo il covid, sia ancora più emergente. Si dice che nel giro di cinque anni si potrebbe trovare una cura per il cancro e in futuro ci sarà la possibilità di vivere magari in buone condizioni fino a 130 anni.

E invece come vede il suo di futuro? In Italia o all’estero?

Durante la pandemia ho imparato ad apprezzare ancora di più le bellezze del mio paese. Ho deciso di acquistare una casa sul Lago di Garda, a Salò. Sono entusiasta della mia scelta, perché sono ancora più vicino all’aeroporto di Malpensa per viaggiare per lavoro e, al tempo stesso, ho un’ottima qualità della vita. Incontro sempre più imprenditori da tutto il mondo che sognano di trasferirsi a Milano, considerata una delle città più innovative del futuro, capitale del design, della creatività, come della finanza e degli affari.

Prevedo anche un grande rientro di cervelli. Da parte mia, un giorno, mi vedo anche a intraprendere qualcosa di completamente diverso da Durst. Sul Lago di Garda ho cominciato a produrre olio d’oliva e, direttamente nei terreni di Durst, miele da api biologiche. Penso la tutela delle api sia molto importante, perché sono una specie in pericolo di estinzione a causa dell’inquinamento. E, resto sempre innamorato dell’Alto Adige, che considero anche una località splendida dove vivere.

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