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Space Economy

Cresce il bisogno di materie prime? La nuova frontiera è l’estrazione di minerali dagli asteroidi

Articolo tratto dal numero di febbraio 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

L’umanità ha sempre più bisogno di materie prime e, davanti all’assottigliarsi delle risorse minerarie classiche, combinato con l’impatto ambientale delle attività di estrazione, insegue soluzioni alternative. La nuova frontiera dei cercatori di metalli preziosi, o meglio, di quelli più richiesti dal mercato, si è spostata in due luoghi molto diversi, in potenza promettenti, ma ugualmente difficili da raggiungere: le profondità marine e quelle spaziali.

Iniziamo a considerare l’attività mineraria sul fondo degli oceani: non si tratta di scavare miniere, ma di raccogliere noduli polimetallici, grossomodo delle dimensioni di una patata, che si sono formati nel corso delle ere geologiche grazie all’attività dei vulcani sottomarini. Centinaia di miliardi di tonnellate di manganese, nichel, rame, cobalto, ferro, silicio, alluminio. Una volta liberati a grande profondità nei fumi dei vulcani, hanno interagito con l’acqua in condizioni di alta pressione e formato granuli poi accumulati intorno a qualcosa in grado di agire da centro di condensazione, fino a formare le patate metalliche che, in alcune regioni particolarmente ricche di bocche vulcaniche, coprono il fondale oceanico. L’Eldorado sottomarino è una vasta regione dell’oceano Pacifico, a 4mila metri di profondità tra il Messico e le Hawaii, nota come Clarion Clipperton Zone, o Ccz. Fino a pochi anni fa questi depositi, noti ai geologi, erano stati protetti dallo strato d’acqua che li ricopre. Raccogliere i noduli a quella profondità significa lavorare a una pressione di 400 atmosfere, impresa tutt’altro che semplice.

La questione ambientale

Le difficoltà pratiche si riflettono immediatamente in altrettanto notevoli costi di estrazione, senza contare la devastazione ambientale. Qualsiasi attività di raccolta sul fondo del mare, infatti, comporta qualche tipo di dragaggio, con il conseguente sollevamento di una grande quantità di detriti che rimane in sospensione per un tempo indefinito e può nuocere, forse gravemente, all’ecosistema delle grandi profondità. Un ecosistema, è bene sottolinearlo, di cui sappiamo ancora relativamente poco, tanto è vero che si continuano a scoprire nuove specie. 

Questo problema ecologico scompare, o diventa irrilevante, se si considera l’estrazione di materiali dai corpi celesti, in particolare dagli asteroidi metallici. Non che il lavoro di prospezione ed estrazione sia più semplice e meno dispendioso, ma la quantità di metalli interessanti è tale da rendere appetibile l’impresa. Occorre dire che gli asteroidi metallici sono una piccola frazione della popolazione degli asteroidi nel nostro Sistema solare, per la maggior parte di tipo roccioso e carbonioso, ma, se si trova quello giusto, le prospettive economiche sono enormi.

Gli studi della Nasa

Per ridurre i tempi di transito, sempre un problema spinoso nei viaggi interplanetari, sotto la presidenza Obama la Nasa aveva iniziato a studiare una missione per catturare un asteroide di piccole dimensioni da trascinare in una zona del Sistema solare più accessibile, per esempio fra la Terra e la Luna, e permettere un più agevole trasporto del materiale.

Questi due approcci minerari di frontiera hanno un’importante similitudine, perché puntano a sfruttare un bene comune, cioè qualcosa che non appartiene a nessuno e il cui sfruttamento dovrebbe essere regolato da un quadro legislativo. Regolamentazione, in entrambi i casi, alquanto mal definita.

La burocrazia del mare

Per le attività marine esiste un Trattato del mare, lo United Nations Convention on the Law of the Sea (Unclos), firmato nel 1982 per regolare l’utilizzo delle acque internazionali. Riprendendo l’antica legge del mare, il trattato stabilisce che, al di là del limite delle acque territoriali, l’oceano è un bene comune da preservare, evitando di inquinarlo e di sfruttarlo in modo insostenibile. Le operazioni minerarie sottomarine al di fuori delle acque territoriali devono essere autorizzate dalla International Seabed Authority (Isa), un organismo nato nel 1994, al quale aderiscono 169 stati. La Isa, però, non ha ancora scritto le regole da applicare per la gestione delle miniere sottomarine, quindi non può rilasciare permessi. Tutto quello che può fare è autorizzare missioni esplorative localizzate e di breve durata, la maggior parte delle quali è relativa alla Ccz. All’interno delle acque territoriali i singoli stati possono autorizzare attività minerarie. 

Le operazioni nello spazio sono invece regolate dall’Outer Space Treaty delle Nazioni Unite, diventato operativo nell’ottobre del 1967, che costituisce l’ossatura della space law. Il trattato stabilisce che nessuno stato può reclamare la proprietà di un corpo celeste. Ovviamente, all’epoca, nessuno si era posto il problema dello sfruttamento minerario.

Per colmare la lacuna e dare una protezione legislativa agli investitori statunitensi, nel novembre 2015 Obama ha firmato lo Us Commercial Space Launch Competitiveness Act, meglio noto come Asteroid Act. La legge prevede che ogni cittadino americano che ricavi materiale da un asteroide sia libero di riportarlo sulla Terra e venderlo, nel rispetto degli obblighi internazionali statunitensi. Tuttavia, per non infrangere l’Outer Space Treaty, la legge specifica che gli Stati Uniti non reclamano la sovranità sugli asteroidi né il loro possesso.

I diritti sugli asteroidi

In altre parole, gli asteroidi e gli altri corpi celesti si possono sfruttare, ma non possedere. La distinzione è sottile e tutt’altro che chiara. Che cosa succederebbe, per esempio, se due diverse spedizioni, magari di diverse potenze spaziali, decidessero di sfruttare lo stesso asteroide metallico? Il primo ad arrivare avrebbe tutti i diritti? Oppure farebbe testo la legge nazionale? Forse per questo il Lussemburgo, non certo una potenza spaziale, ha approvato una legge simile a quella americana per diventare un hub per le compagnie minerarie spaziali. 

Certo, in mancanza di una legge globale sulla gestione delle risorse spaziali, averne una nazionale è un passo avanti. Per questo anche in Italia si sta lavorando a una legge sullo spazio, che è stata oggetto di una conferenza organizzata da Fondazione Leonardo e Sda Bocconi il 16 dicembre a Roma. La data non è stata scelta a caso: è la Giornata Nazionale dello Spazio, istituita per ricordare il lancio del primo satellite italiano nel 1964, il san Marco 1. Che sia di buon auspicio. 

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