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Nel 2022 solo il 36% delle donne ha avuto un aumento salariale rispetto al 50% degli uomini

Il gender gap dovrebbe partire dalla soddisfazione sul lavoro. Secondo i dati di dominio pubblico però, è ancora troppo ampio il divario retributivo tra uomo e donna, a parità di ruolo e quantità di ore lavorate.  Il sondaggio People at Work 2023, condotto dall’Adp Research Institute, conferma quanto il nostro paese sia ancora lontano dal raggiungere un’uguaglianza di genere a livello salariale. Una discriminazione che non riguarda però solo le donne, ma anche giovani e anziani.

Le differenze di retribuzione

Secondo l’indagine, condotta su oltre 32mila lavoratori in 17 paesi (2mila lavoratori in Italia), nel 2022 gli aumenti salariali a livello globale sono stati in media del 6,7% per gli uomini rispetto a solo il 6% per le donne. Nel sondaggio, gli uomini hanno affermano che la loro retribuzione è aumentata del 5,8% lo scorso anno, rispetto al 5,2% delle donne.

Sempre nel 2022, solo il 36% delle donne ha avuto un aumento salariale rispetto al 50% degli uomini. Anche per quanto riguarda le aspettative future, emergono delle differenze importanti: nel prossimo anno, infatti, gli uomini prevedono di vedere la loro retribuzione aumentare in media dell’8,5%, mentre le donne prevedono aumenti salariali solo dell’8%.

Intanto il Parlamento europeo ha deciso di intervenire in maniera più decisa sul problema del divario retributivo, con l’approvazione della direttiva sulla trasparenza salariale, che pone fine al cosiddetto “segreto retributivo”.

In base alle nuove norme, infatti, le imprese dell’Ue saranno tenute a fornire informazioni sulle retribuzioni e a intervenire se il divario retributivo di genere supera il 5%. Lo stesso Consiglio Europeo ha dichiarato:

“La trasparenza può contribuire a dotare i lavoratori e le lavoratrici dei mezzi necessari per far valere il loro diritto alla parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso una serie di misure vincolanti. La mancanza di trasparenza retributiva è stata individuata come uno dei principali ostacoli all’eliminazione del divario retributivo di genere”.

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L’Italia è il fanalino di coda per quel che riguarda gli stipendi: con una percentuale del 44% è il paese che afferma di aver avuto meno aumenti negli ultimi 12 mesi. Il nostro paese rimane in media per quel che riguarda la percentuale di aumento (5,5%) ma scende sulle aspettative per i prossimi 12 mesi (44%)

Il rischio di un esodo di talento femminile

Secondo la ricerca un italiano su 4 (23%) pensa che rispetto a tre anni fa il divario retributivo sia migliorato all’interno della propria azienda, ma il 50% pensa che la situazione sia la medesima, e il 20% che sia addirittura peggiorata.

“Nonostante l’acceso dibattito in merito al divario retributivo di genere, il, problema sta peggiorando. Gli aumenti salariali delle donne semplicemente non tengono il passo con quelli degli uomini e, durante un periodo inflattivo così grave, il problema è più grave che mai. In un momento in cui molte persone stanno affrontando vere difficoltà finanziarie, le donne stanno ancora una volta subendo la situazione peggiore”, dice Marcela Uribe, general manager Southern Europe di Adp.

“È importante che i datori di lavoro dispongano di sistemi solidi per rilevare incoerenze e disuguaglianze nell’importo retribuito del personale in modo da poter affrontare eventuali divari retributivi di genere. In caso contrario, tale ingiustizia potrebbe perpetuarsi, portando alla mancanza di motivazione e minando la lealtà nel migliore dei casi, innescando un esodo di talento femminile che danneggerebbe gravemente la reputazione dell’azienda stessa, minando al suo cosiddetto employer branding”.

Discriminazione salariale non solo tra le donne

In uno scenario di questo tipo non solo solo le donne a subire una discriminazione salariale. Anche i lavoratori più giovani e gli anziani credono che saranno trascurati dai loro datori di lavoro quando si tratta di aumento di stipendio e bonus nell’anno a venire.

Il 44% della fascia di età della Generazione Z (18-24 anni) prevede di ricevere un aumento di stipendio nei prossimi 12 mesi, in linea con la media italiana. La percentuale cresce al 53% nella fascia 25-34, al 45% in quella 35-44, e scende al 38% in quella 45-54 e al 36% tra i 55+.

Allo stesso modo, solo un quarto (23%) della Generazione Z e di coloro che si avvicinano all’età pensionabile (25%) credono di essere in linea per un bonus, contro circa 1 su 3 dei loro colleghi. “Ignorare sia i lavoratori esperti sia i giovani talenti potrebbe rivelarsi una scelta miope, anche se per molti ha un senso dal punto di vista finanziario”, prosegue Uribe.

“Le competenze e il potenziale dei lavoratori più o meno esperti potrebbero andare perduti se i lavoratori pensassero di poter ottenere una retribuzione più alta altrove. I datori di lavoro devono impegnarsi con la nuova generazione che entra nel mercato del lavoro, non dimenticandosi del know how delle generazioni più anziane”.

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