Natalie Portman
Leader

“Voglio cambiare il calcio femminile: deve avere lo stesso valore di quello maschile”

Ha cominciato a recitare giovanissima. E il suo primo ruolo fu nel film d’azione francese Léon, del 1994, di Luc Besson. Natalie Portman aveva 11 anni allora e interpretava una bambina che diventa amica di un killer professionista. Aveva cominciato a studiare danza e recitazione dall’età di sette anni, come a fare la modella.

“A differenza di tanti altri attori, non abbandonai però gli studi, ci tenevo ad avere un’educazione. Sapevo che sarebbe stato importante nella vita e, onestamente, non potevo essere certa di sfondare allora e volevo essere sicura di avere una certa sicurezza” ammette apertamente.

Natalie, così, rifiutò molti ruoli in film, per studiare recitazione e psicologia all’Università di Harvard. Tornò al cinema poi per Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma di George Lucas, partecipò anche al secondo film della saga e da allora fece sempre buone scelte, da Il cigno nero, che le fece vincere l’Oscar, a diventare protagonista dei film Marvel, come diverse pellicole di Thor e Avengers: Endgame.

Natalie è anche una brava donna d’affari, ha fondato la sua compagnia di produzione, MountainA, nel 2021, quando ha firmato un primo contratto con Apple TV+.

Di recente si è dedicata al business dello sport. Nel 2022 ha co-fondato Angel City FC, una squadra di calcio femminile, a Los Angeles.

Mi sono resa conto, da qualche anno, che l’ambiente sportivo è sempre più rilevante e volevo investire nel settore femminile, che è totalmente emergente. Mi sono affidata così, per avere investimenti, a delle bravissime venture capitalist, che hanno creduto da subito nel mio progetto, ma anche ad altre celebrities, attrici e sportive come Serena Williams, Eva Longoria, Jennifer Garner, Jessica Chastain.

In un mondo più frivolo, come può essere quello del cinema, volevo un business più consistente e solido. So che questa nuova impresa mi terrà impegnata per lungo tempo e mi darà molte soddisfazioni.

Si dice che abbia anche rivoluzionato il mondo del calcio, con un nuovo modello imprenditoriale. 

Voglio cambiare il mondo del calcio, voglio che il calcio femminile sia valutato come quello maschile. Abbiamo raccolto capitali come fossimo una startup, con finanziamenti iniziali minori che ne hanno attirati di maggiori, mirando all’emancipazione femminile.

Abbiamo venduto ben 16mila abbonamenti, abbiamo garantito un fondo economico per le giocatrici, la loro sicurezza e un trattamento equo. E coi profitti che ricaviamo aiutiamo la comunità locale, donando il 10% delle entrate degli sponsor. Abbiamo inoltre piantato giardini nelle scuole elementari locali e consegnato migliaia di pasti alla gente povera. 

Come ha avuto questa idea? Pare che il suo club sportivo abbia guadagnato oltre 35 milioni di dollari in sponsorizzazioni in poco tempo.

Ero a una partita della SWNT, la nazionale femminile di calcio USA, insieme ad altre attrici amiche, dato che sostengo il Time’s Up e mi impegno pure la parità salariale. E, mi sono resa conto di come mio figlio ammirasse giocatrici come Megan Rapinoe e Alex Morgan come faceva con Karim Benzema e Lionel Messi. 

Chi ha avuto tra i primi investitori?

Ho parlato con Kara Nortman, che è una manager specializzata in capitali finanziari a Los Angeles. Ha contattato altri come Abby Wambach e Alexis Ohanian, co-fondatore di Reddit e marito di Serena Williams, che sono stati tra i primi investitori. La dirigente high-tech Julie Uhrman è divenuta cofondatrice e presidente della squadra. In tutto ci sono al momento 60 co-proprietari e la maggioranza sono donne. 

Lei ha appena presentato al Cannes Film Festival May December, di Todd Haynes, un altro progetto al femminile, dove è anche produttrice esecutiva.

Interpreto un’attrice di successo che si trasferisce temporaneamente a casa di una donna che dovrebbe rappresentare nella finzione in un film. In passato la donna ha fatto scalpore per il suo coinvolgimento con un ragazzo molto più giovane di lei. Da moglie e madre perfetta in una cittadina del sud degli Stati Uniti, a 36 anni, aveva cominciato una relazione extraconiugale con un tredicenne.

Aveva poi lasciato il marito e il figlio e aveva sposato il ragazzo, con cui aveva avuto tre figli. Adesso, passati vent’anni, i due si preparano a mandare i figli al college e l’arrivo della mia protagonista rivelerà meccanismi di manipolazione nascosti. La donna è interpretata dall’attrice Julianne Moore. 

Come decise di dedicarsi alla recitazione?

Sono ebrea, nata a Gerusalemme. Mi spostai con i miei genitori negli Stati Uniti quando avevo tre anni, prima a Washington e poi nel Connecticut e a Long Island, presso New York. Quando si è immigrati si è sempre degli outsider e non è mai facile, perché si arriva con nulla, senza appoggi e sostegno: si deve fare tutto da soli. Cominciai a lavorare molto presto, perché avevo già allora una forte etica lavorativa, come tanti immigrati. Ero una bambina molto impegnata e seria, ho sempre sentito il peso delle mie radici ebraiche e del nostro passato.

Ero ambiziosa, ma si trattava più di un profondo impegno che mi ha sempre dato l’energia per emergere. Ero più matura degli altri bambini americani che frequentavano la mia scuola… Io volevo lavorare. Il teatro e la recitazione, la danza, erano i campi in cui eccellevo. Anche se ero molto brava in matematica, le opportunità arrivarono da subito nel settore artistico. E i miei genitori mi supportavano. Al tempo stesso, avevo un incredibile senso di giustizia che mi portava a combattere contro ogni sopruso. 

Lei è sempre stata conosciuta a Hollywood, infatti, anche come una grande attivista.

I miei genitori, mio padre medico e mia madre, che divenne perfino la mia agente e mi seguì nella professione di attrice, mi hanno trasmesso dei forti valori fin da quando ero bambina, soprattutto quello di aiutare la comunità ma anche l’uguaglianza di genere, razza e ideologia, la libertà, e il rispetto.

E poi mi sono da sempre impegnata per difendere i diritti delle donne dato che, purtroppo, anche se la situazione è migliorata non esiste ancora la completa parità. 

Per questo con la sua casa di produzione MountainA ha deciso di dedicarsi principalmente a storie al femminile?

Molti film con protagoniste donne consapevoli solo pochi anni fa non avrebbero trovato investitori e non sarebbero stati d’interesse. Per fortuna, a Hollywood la situazione è cambiata e ora c’è maggiore interesse per le storie di donne.

Quando io e Sophie Mas fondammo la nostra casa di produzione firmammo con Apple TV+ per la serie TV Lady in the Lake. Racconta di una giornalista investigativa che indaga il dramma di un’afroamericana a Baltimora. Mi piace occuparmi anche di quelle che sono considerate le cause perse, come delle persone cosiddette invisibili. 

Lei ha detto che da quanto è madre avverte ancora più questa responsabilità. Ha due figli col coreografo e ballerino francese Benjamin Millepied, Aleph di 12 anni e Amalia di 6 anni.

Certo, specialmente per mia figlia. Ci tengo a lottare, perché possa vivere in un mondo migliore in cui esista vera uguaglianza tra uomini e donne. Fin da ragazza mi sono battuta per guadagnare gli stessi soldi a Hollywood dei miei colleghi uomini. Il lavoro deve essere un posto dove la gente si sente rispettata e valutata, in questo modo anche la produttività aumenta. 

Lei è anche un’eroina dei film Marvel, che l’hanno portata a essere una delle attrici che guadagna di più a Hollywood (a marzo 2023 è stata valutata con un guadagno di oltre 90 milioni di dollari l’anno, n.d.r.). 

Sono stata in questo universo dei blockbuster fin da 18 anni, quando fui in Star Wars. Ho esperienza sia con l’ambiente Marvel che con quello Disney. Di certo i budget sono molto alti ed è una grande opportunità per la mia carriera, perché queste pellicole sono molto popolari.

Guadagnare tanto mi permette di alternarvi film indipendenti, come A Tale of Love and Darkness, scritto e diretto da me, e altri progetti sperimentali, che sono un momento di crescita per me. Perché alla fine sono una perfezionista.

Qual è, secondo lei, il segreto per avere successo?

Dare un senso alla propria vita e, così, anche alla propria professione. Se si sceglie un lavoro che si fa con passione e impegno, si avrà maggiore possibilità di riuscire. Se si fallirà, resterà in fondo sempre qualcosa, quella speranza che vi spingerà a buttarvi con lo stesso impegno in un nuovo progetto. E magari a uscirne stavolta vincenti. 

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