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Space Economy

La Russia vuole tornare sulla Luna: partita la prima missione dopo 47 anni

Nell’epica sfida fra Unione Sovietica e Stati Uniti per la conquista della Luna, i sovietici, pur avendo tecnicamente perso, avevano continuato il programma automatico di esplorazione selenica per diversi anni dopo la fine del programma Apollo, nel dicembre 1972. L’ultima missione era stata Luna 24, lanciata il 9 agosto del 1976: allunata nel Mare Crisium aveva raccolto e poi trasportato a terra 170 grammi di materiale.  

Non è un caso, quindi, che proprio oggi, poche ore dopo il 47esimo anniversario dell’ultima missione di successo del programma lunare sovietico, la Russia abbia lanciato una missione lunare dal cosmodromo di Vostochny. E logico si sia scelto di chiamarla Luna 25, a sottolineare la continuità con una tradizione di missioni robotiche che, pur faticando a competere con la visibilità degli astronauti statunitensi, hanno aperto capitoli importanti nell’esplorazione del suolo selenico.

La storia del programma Luna

Nonostante qualche fallimento, il programma Luna ha infatti ottenuto due importanti primati nel capitolo esplorazione automatica di un altro corpo celeste: nel settembre 1970, Luna 16 effettuò la prima raccolta di campioni lunari, riportando a terra 101 grammi di materiale. Non era stato un compito semplice: cinque missioni erano fallite prima che la fortuna arridesse a Luna 16. Pur non essendo i primi campioni lunari arrivati sulla Terra (gli astronauti delle missioni Apollo tornavano carichi di materiale), Luna 16 fu il primo esempio di una missione automatica di sample return.

Così come è giusto menzionare Luna 17, partita nel novembre del 1970, che depose sulla superficie selenica Lunokhod 1, il primo rover a controllo remoto della storia. Operò per undici giorni lunari (poco meno di 300 giorni terrestri) e percorse 10 chilometri. In tutto, il programma Luna portò sulla Terra tre etti di campioni (con tre missioni riuscite e molte di più fallite) e fece operare i primi due rover lunari (Lunokhod 1e 2).

I tentativi di Cina, India e Israele

Da allora, solo la Cina è riuscita ad allunare, a operare dei rover e a raccogliere e riportare a terra campioni per la ricerca. Nel 2019 India e Israele hanno tentato di allunare senza successo e la stessa cosa è successa lo scorso aprile, con lo schianto di un lander privato giapponese.

L’India ci sta riprovando con la missione Chandrayaan-3, una copia della missione schiantatasi nel settembre del 2019 per un problema di software in fase di allunaggio. Mentre queste righe vengono scritte, la missione è già in orbita lunare, ma sta aspettando che il Sole sorga nella regione al Polo Sud, dove è previsto tocchi la superficie fra il 23 e il 24 agosto.

L’Eldorado lunare

missione Luna 25
Il piano della missione Luna 25 (immagine Roscosmos)

Se Luna 25 dovesse avere successo, la batterebbe sul tempo, perché la sonda russa è su una traiettoria diretta al nostro satellite naturale, dove è stimato arrivi tra cinque giorni. Allora si inserirà in orbita lunare e impiegherà altri cinque giorni per decidere dove posarsi, operazione prevista per il 21 agosto. Luna 25 avrebbe dovuto essere l’ennesima collaborazione con l’Agenzia spaziale europea, ma la guerra in Ucraina ha interrotto tutte le missioni congiunte.

Yuri Borisov, a capo di Roscosmos, l’agenzia spaziale della Federazione, ha definito la missione ad alto rischio, con probabilità di successo al 70%. Una percentuale non rassicurante e dovuta al fatto che si tratta del primo tentativo russo di allunare nella regione del Polo Sud, per rilasciare un rover per l’esplorazione di quello che viene considerato il nuovo Eldorado del nostro satellite.

In cerca di ghiaccio

Nei suoi crateri perennemente in ombra, infatti, ci potrebbe essere ghiaccio in grande quantità. Una risorsa preziosa per i prossimi insediamenti umani, che potrebbero ricavarne acqua anche per scomporla in ossigeno respirabile e idrogeno (per le celle a combustibile necessarie nella fornitura di energia durante la lunga e gelida notte lunare, quando i pannelli solari non possono essere utilizzati). In un secondo momento, idrogeno e ossigeno potrebbero diventare combustibile per le sonde spaziali che scegliessero di partire da terra più leggere e volessero fare rifornimento.  

Il rover (che pesa otto quintali) monta otto strumenti per analizzare il suolo alla ricerca di acqua. Durante i 14 giorni e mezzo di illuminazione, gli forniranno energia i suoi pannelli solari, cui subentrerà un generatore a radioisotopi nei successivi 14 giorni e mezzo di oscurità (quando il rover, pur “dormiente”, dovrà essere mantenuto a una temperatura che non lo danneggi). 

La speranza è che la tradizione sovietica non sia stata dimenticata e che, dopo quasi mezzo secolo, la fortuna arrida ancora al programma Luna. Così come alla missione Chandrayaan-3 e allo Smart Lander for Investigating Moon che il Giappone si prepara a lanciare a fine agosto. Come già successo altre volte, anche l’agosto 2023 potrebbe essere ricordato come un periodo di grande affollamento lunare. Preludio per una nuova era dell’esplorazione spaziale. 

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