Leader

Petra, la storia di un sogno adolescenziale diventato un vino d’eccellenza

“Petra è un bellissimo sogno che, come una scintilla, scoccò durante un viaggio di tanti anni fa. Avevo 14 anni quando con mio padre Vittorio sono stata a Bordeaux. È proprio lì che mi sono innamorata della storia e della cultura degli château francesi e ho cominciato a coltivare il mio sogno, diventato poi realtà nel 1997 con l’acquisto dell’azienda. All’inizio si trattava solo di una tenuta maremmana come altre, che però, grazie alla nost

ra visione, al lavoro del nostro team e alla nostra caparbietà, siamo riusciti a trasformare in qualcosa di unico e raro”. Le parole di Francesca Moretti, vicepresidente di Holding Terra Moretti ed enologo di Bellavista a fianco dello chef de cave francese Richard Geoffroy, raccontano di una visione divenuta realtà.

I presupposti

Individuare un’azienda agricola immersa in una riserva naturale, dove poter percepire gli ingredienti per sviluppare un progetto dall’impronta lieve, dalla vocazione agricola prima ancora che vitivinicola, e applicare alla coltivazione e alla vinificazione protocolli sostenibili. Questi i presupposti alla base del progetto Petra – il cui nome significa ‘pietra’ in latino -, proiettato nel futuro come una visione cui dare, passo dopo passo, sempre più concretezza. Ai lavori nel vigneto, iniziati nel 1998 (furono impiantanti, tra gli altri, syrah, cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot e sangiovese), fu affiancata una grande opera architettonica, la realizzazione della cantina, che venne affidata all’architetto svizzero Mario Botta e fu inaugurata nel 2003.

La cantina

L’obiettivo del progetto, sin dalle origini, era quello di evidenziare la bellezza del luogo, valorizzando allo stesso tempo il lavoro che si svolge all’interno per trasformare l’uva in vino. Botta pensò di reinterpretare le grandi ville tipiche della campagna toscana, dove il paesaggio è impreziosito dal disegno delle coltivazioni e dei vigneti e riesce a trasmettere la cultura di un territorio. Se da un lato la cantina doveva avere un sapore arcaico, in quanto legata a un’attività millenaria, dall’altro doveva rispondere al meglio alle esigenze della produzione vinicola e comunicare il senso di progresso rappresentato dalle tecnologie, includendo nel progetto elementi moderni.

La produzione

Dal punto di vista produttivo, Petra ha compiuto la sua rivoluzione nel 2014, dopo l’avvio della collaborazione con l’enologo piemontese Giuseppe Caviola. Il nuovo team, con una visione che guarda ancora di più al territorio, lavora sull’espressione del contesto. I vini cambiano volto, diventano interpreti di una visione più contemporanea.

“Da 26 anni il nostro metodo di produzione è teso alla difesa della connotazione territoriale di ogni bottiglia”, prosegue Moretti. “Il nostro vino più rappresentativo è Petra, talmente legato all’azienda da portarne il nome. Petra è la nostra espressione più pura, si rinnova di anno in anno, portando con sé le caratteristiche dell’annata e la specifica identità agronomica dei micro-terroir da cui provengono le uve”. I vini di Petra hanno oggi una personalità definita: non enigmatici, si fanno veicoli di emozione e autenticità, racchiudendo il sapore del luogo da cui provengono.

Alla base della filosofia produttiva di Petra c’è il rispetto della biodiversità e la riduzione al minimo dell’impatto meccanico sulle uve e sul mosto, grazie alla lavorazione per gravità. Per far sì che il vino possa trasportare nel bicchiere le caratteristiche di un terroir bisogna rispettare la terra, non abusarne con prodotti di origine chimica. Per mettere in pratica questi principi Francesca ha coinvolto da qualche anno Marco Simonit, responsabile della parte agronomica di tutte le aziende di Terra Moretti Vino. In cantina anche Caviola lavora senza interventi forzati e la mano dell’enologo guida le uve alla trasformazione in vino per far esprimere al meglio le qualità di Petra.

La presenza di calcare, la ricchezza di ferro, sodio, magnesio e microelementi, uniti allo strato di argilla profonda (conosciuta come argilla blu dell’Appennino), caratterizzano lo sviluppo e la resilienza delle varietà bordolesi che danno vita a Petra. Le uve merlot, cabernet sauvignon e cabernet franc provengono dai vigneti più vocati dell’azienda, adiacenti alla cantina, ognuno coltivato nell’unità di suolo più adatta a esaltarne le caratteristiche, mentre la vendemmia manuale viene impiegata per selezionare le uve con maturazione omogenea.

Per preservare e valorizzare tutto questo, il lavoro in cantina è meticoloso e poco invasivo: le uve vengono trasportate in cassetta, la fermentazione si svolge naturalmente con lieviti indigeni e la vinificazione avviene in tini troncoconici di rovere da 100 ettolitri. Infine l’affinamento di 18 mesi in barrique di primo, secondo e terzo passaggio, caratterizzate da una tostatura media e leggera che accompagna ed esalta il frutto, senza mai prevaricarlo. Altrettanto dura la sosta in bottiglia, prima che il vino esca dalla cantina.

Il riconoscimento della critica

Petra 2020 oggi si afferma come pura espressione della Costa Toscana, tanto che il critico americano James Suckling, di recente ospite dell’azienda, lo ha decretato “il miglior Petra di sempre”. Suckling ha assegnato un punteggio di 95 a un vino capace di dar voce all’unicità del luogo da cui proviene. Quanto agli altri vini dell’azienda, ha conferito un 94 a Quercegobbe, Merlot in purezza e 93 a Potenti, 100% Cabernet Sauvignon.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .