Space economy
Space Economy

AAA cercasi razzi: perché l’Europa non ha ancora un accesso autonomo allo spazio

Articolo di Emilio Cozzi e Matteo Marini apparso sul numero di ottobre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

“Se gli americani, per un qualche motivo, si rifiutassero di lanciare i nostri satelliti, non sapremmo con chi farlo”. La considerazione è di Mike Healy, capo dei progetti scientifici dell’Agenzia spaziale europea (Esa). Healy la esprime, non senza amarezza, durante un’intervista poche ore dopo il lancio del telescopio spaziale Euclid, il 1 luglio del 2023. Solo che non si trova nella Jupiter Control Room dello spazioporto europeo di Kourou, ma in uno dei corridoi foderati di moquette dell’Hilton Cocoa Beach Oceanfront Hotel.

Dalla spiaggia lì a due passi, si intravedono le rampe del Kennedy Space Center. Siamo in Florida, non nella Guyana francese. E a spingere oltre il cielo Euclid, una delle missioni scientifiche europee più importanti del 2023, è stato un Falcon 9 di SpaceX, non un russo Soyuz e nemmeno un Ariane made in Europe. Il fatto è che, lungi dal limitarsi agli addetti ai lavori, la questione ha una portata ben più ampia. 

Poco prima del lancio, il direttore generale dell’Esa, Josef Aschbacher, aveva confermato che anche il satellite EarthCare, per lo studio delle nuvole, volerà in testa a un Falcon 9 e non, come previsto, su un Vega C. Da mesi il numero uno dell’agenzia spaziale va ripetendolo come un ritornello: “È fondamentale che l’Europa abbia un accesso autonomo allo spazio. Se non possiamo portare in orbita i nostri satelliti, non abbiamo garantiti servizi di cui abbiamo bisogno ogni giorno per la navigazione, per le telecomunicazioni, per le previsioni meteo, per l’osservazione della Terra”. E che anche l’Unione europea stia valutando partner americani per il trasporto dei prossimi satelliti Galileo – la costellazione satellitare per la navigazione di cruciale rilievo strategico, – la dice lunga sulla delicatezza della situazione.

Il problema, infatti, è che oggi i razzi europei non ci sono: quattro giorni dopo il lancio di Euclid, il 5 luglio, da Kourou è decollato l’ultimo Ariane 5, gloriosa stirpe di vettori spaziali che con 112 successi su 117 missioni ha segnato una striscia ventennale di grande affidabilità, culminata con il trasporto del James Webb Space Telescope a Natale del 2022.

Nelle stesse ore dell’ultimo volo di Ariane 5, un test al propulsore del secondo stadio di Vega C aggiungeva preoccupazione: non è certo che il nuovo vettore leggero costruito a Colleferro da Avio torni in rampa, come promesso, entro fine anno. Per ora rimarrà a terra, dove l’ha condannato il failure dello scorso dicembre, quando un problema durante la prima missione commerciale ne causò la distruzione insieme con i due satelliti trasportati, i francesi Pléiades.

Il lancio inaugurale di Ariane 6 sarebbe invece dovuto avvenire nel 2020, ma per vedere il debutto del lanciatore più pesante della famiglia europea occorrerà aspettare l’anno prossimo.

Situazione aggravata anche dalla guerra in Ucraina: poco dopo l’invasione che ha segnato la fine della collaborazione con Mosca, tecnici e ingegneri russi hanno abbandonato lo spazioporto di Kourou, lasciando a terra i Soyuz (e le sue missioni già concordate). In estrema sintesi, adesso l’Europa è nell’occhio di una tempesta di chissà quale gravità e dalle ancora più incerte conseguenze.

Eppure il programma è di affidare a vettori europei tutti i lanci dei satelliti continentali, sia quelli dell’Esa che quelli dei suoi stati membri. Una strategia alla quale si era già derogato nel 2022. Uno dei satelliti italiani Cosmo-SkyMed era stato piazzato in testa a un Falcon 9 a febbraio, non potendo attendere fosse operativo Vega C, inaugurato nel luglio successivo. 

In molti, Aschbacher compreso, ora reclamano un cambio di paradigma rispetto a quello che è, di fatto, un monopolio (Arianegroup/Arianespace – Avio) ma che, a differenza del ruolo assunto da SpaceX negli Stati Uniti (e non solo), ha la zavorra del sistema europeo. “Se non c’è concorrenza o se c’è monopolio, non si è efficienti dal punto di vista dei costi. Funziona molto bene nel settore satellitare: Thales Alenia Space, Airbus, Ohb e altre aziende più piccole sono in una competizione creata dall’Esa”, sottolinea Aschbacher, “grazie a questa, l’Europa sta producendo alcuni dei satelliti migliori al mondo in termini di costi e prestazioni. Per i lanciatori, penso che un po’ più di concorrenza sia necessaria”.

Healy condivide la riflessione: “Non sono sicuro che una sorta di monopolio generi il giusto livello di competitività”. Ariane 6 e Vega C sfruttano gli stessi motori a propellente solido, i P120c, per abbassare i costi grazie all’economia di scala e per lanciare con una frequenza più alta. Decine di lanci sono già venduti ‘a scatola chiusa’, molti ad aziende commerciali, per un vettore che non ha ancora volato e uno che ora resta a terra. SpaceX, di contro, sta lanciando più di chiunque altro: un decollo ogni sei giorni nel 2022, 61 in tutto (solo uno meno della Cina) e la volontà di arrivare a 100 nel 2023. L’Europa? Nel 2022, sei. In tutto.

Sebbene, dice ancora Aschbacher, oggi si veda “la luce in fondo al tunnel”, serviranno anni per costruire un sistema di competizione europea e sempre che – plausibile – il futuro non imponga poche e gigantesche multinazionali specializzate (in fondo anche negli Stati Uniti oggi sono attive solo SpaceX, Ula e RocketLab). C’è poi un’altra ‘lezione americana’ da apprendere. “Dopo Ariane 6 e Vega C dobbiamo assicurarci che il successivo lanciatore europeo sia competitivo sul mercato globale”, conclude Aschbacher, “riutilizzabile e con propulsione liquida, motori sostenibili, più ecologici ed economici”.

Intanto, però, è SpaceX a risolvere l’impasse. “Abbiamo firmato il contratto (per Euclid, ndr) il 31 gennaio 2023, cinque mesi prima del lancio”, ricorda Healy, “il primo contatto informale con l’azienda risaliva a maggio del 2022. Abbiamo concluso in poco più di un anno; in Europa ne sarebbero serviti due o tre”. E poi c’è la questione costi, oltreoceano sempre più competitivi. “Il costo totale del lancio SpaceX è stato attorno ai 70 milioni di euro”, precisa Healy, “incluse le misure necessarie per i requisiti di pulizia. Il costo di un lancio Ariane 6 sarà attorno ai 90 milioni”. Che l’esempio testimoni una politica di price dumping da parte statunitense non può ridimensionare l’emergenza europea. Dovrebbe, al limite, affrettarne la soluzione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .