Euclid, Esa
Space

Le prime immagini di Euclid, il telescopio Esa: “Una rivoluzione per l’astronomia”

Centomila galassie, tutte in un’unica immagine. Il telescopio spaziale dà finalmente prova di cosa è capace nel primo, piccolo catalogo di osservazioni scientifiche pubblicato oggi dall’Agenzia spaziale europea. E i risultati sono “senza precedenti”, commentano dall’Esa. A cominciare dallo scatto che immortala l’ammasso di Perseo, che secondo l’Agenzia è addirittura “una rivoluzione per l’astronomia”. È una inquadratura che ritrae un migliaio di galassie in primo piano e poi, sullo sfondo, cento volte tanto. Ogni puntino luminoso, anche quelli che si intuiscono appena, contiene miliardi e miliardi di stelle. Molte delle quali “mai viste prima” a quanto riporta l’Esa e lontane, secondo le stime, fino a dieci miliardi di anni luce, quando l’Universo era appena a poco più di un quarto della sua età attuale.

L’ammasso di galassie di Perseo immortalato da Euclid. Sullo sfondo oltre 100 mila galassie, alcune lontane 100 mila anni luce – Credits: Esa

Euclid ha dimostrato la capacità di fare quello che deve – commenta Giuseppe Racca dell’Esa, project manager di Euclid – con quella precisione e accuratezza che servono per osservare miliardi di galassie, durante i sei anni di durata della missione“. L’immagine dell’ammasso di Perseo, come le altre composta da lunghezza d’onda visibile e infrarosso, è la più significativa perché in quel pezzo di cielo, “grande due volte e mezza la Luna piena, Euclid è stato in grado di scovare almeno 100mila galassie e noi di foto come questa ne faremo 30mila” specifica Racca. Il suo ‘campo largo’ di osservazione è importante: significa che saprà scandagliare un terzo del cielo (quello non occupato dalla Via Lattea) con altissimo dettaglio.

Tra le cartoline che Euclid ci ha spedito c’è, per esempio, una delle nebulose più note per la sua forma, la ‘Testa di cavallo‘, nella costellazione di Orione. Una culla di nuove stelle nella quale gli astronomi sperano di riuscire a trovare la prova dell’esistenza di pianeti simili a Giove, mentre ancora prendono forma attorno a giovani astri. Una cascata di diamanti è l’ammasso globulare NGC 6397, catturato da Euclid nella sua interezza, ma al contempo con un dettaglio senza pari in un unico frame. Sono i ‘superpoteri’ di un telescopio progettato proprio per realizzare immagini di grande nitidezza perché, al di là della sontuosità di queste viste, l’obiettivo della missione è indagare l’invisibile, la parte oscura dell’Universo.

La nebulosa Testa di cavallo, fotografata da Euclid – Credits: Esa

Per farlo, lo hanno dotato di un sistema di puntamento ultra preciso, realizzato da Leonardo, per mantenere la stabilità necessaria perché le foto non vengano ‘mosse’. Lo zoom su ogni stilla di luce dimostra che, nonostante le difficoltà iniziali che riguardavano proprio l’assetto, ora tutto funziona a dovere. “Abbiamo requisiti estremi sulla qualità dell’immagine e la stabilità di puntamento – aggiunge Racca – e non eravamo sicuri di ottenerli. Bastava che sugli specchi si depositasse uno strato di acqua spesso solo qualche atomo per rovinare le misurazioni. Pare che non ce ne sia”.

Tanta precisione serve agli scienziati per comporre la mappa 3D più precisa mai ottenuta dell’Universo, risalendo indietro nello spazio e nel tempo fino a dieci miliardi di anni luce. E, da ciò che si vede, dedurre quello che dovrebbe esserci ma ci sfugge. Non è questione trascurabile, ma il 95 percento di tutto ciò che riempie il Cosmo, materia ed energia oscura, e che è muto ai nostri strumenti. Euclid sta iniziando a penetrare le fessure di quella cortina per svelare i segreti della maggioranza silenziosa dell’esistente. Lo stesso ammasso di Perseo è tenuto insieme dall’attrazione gravitazionale della materia oscura.

L’ammasso stellare NGC6822 – Credits: Esa

Adesso si tratterà di misurare le galassie distanti e la loro forma, piegata dalla deformazione dello spaziotempo. Per questo si fa grande attenzione ai dettagli. Sarà lo strumento Nisp a raccogliere gli spettri delle galassie per rilevare la loro distanza e velocità per far luce su un altro mistero: l’Universo accelera sotto la spinta di una forza, un’energia oscura, di cui, di nuovo, nulla si sa. Secondo gli astronomi, le misurazioni di Euclid faranno riscrivere e correggere i manuali di astronomia, e saranno materiale di studio per i decenni a venire. Con l’effetto collaterale di produrre bellezza e tanta, tantissima scienza cosiddetta ‘legacy’, che va oltre gli scopi principali della missione, per scovare pianeti e stelle brune, studiare l’evoluzione delle galassie e delle stelle nel Cosmo lontano.

Sono immagini bellissime che ti ripagano di tanti anni di lavoro – esordisce Elisabetta Tommasi dell’Agenzia spaziale italiana (l’Asi), program manager dell’accordo Asi-Inaf per le attività del team scientifico – ora siamo alla fine del performance verification phase. A gennaio inizierà la fase di osservazione vera e propria che durerà sei anni. L’inizio della survey sistematica di un terzo di tutto il cielo”. Il segmento di terra è responsabilità italiana, con il coordinamento dell’Inaf (Osservatorio di Trieste), che ha anche realizzato i software di bordo dei due strumenti, con il supporto, e i finanziamenti, dell’Asi. 

Le osservazioni di Euclid saranno raccolte dalle antenne Esa che poi smisteranno tutto ai nove data center sparsi in Europa (uno negli Stati Uniti). Ogni passo è un processamento di ripulitura dei dati dagli effetti strumentali, e di calcolo ed elaborazione per estrarre le informazioni. Che, alla fine, arriveranno agli scienziati di tutto il mondo per essere analizzati e produrre studi scientifici che dovranno far luce, in primis, proprio su quella parte di realtà finora impermeabile alle indagini. L’Asi inoltre, in collaborazione con Inaf e Infn, ha guidato il team industriale che ha progettato e realizzato i contributi agli strumenti, un’Associazione temporanea d’imprese con Ohb Italia, Sab Aerospace e Temis

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