Food & Beverage

Cocktail bar? No, Culture bar. Viaggio a Venezia tra Hemingway, Goldoni, Mann e il futuro

Per dieci anni Ernest Hemingway non scrisse. Neanche una riga sgorgò dalla sua penna, come se l’inchiostro fosse diventato asciutto, arido. Nel 1950 però la sua la pubblicazione di Di là dal fiume e tra gli alberi ruppe il finalmente il silenzio: aveva ritrovato l’ispirazione bagnando la punta della penna nell’acqua della laguna, e quello che finché fu bozza si chiamò il Romanzo di Venezia fu il suo ritorno alla letteratura.

Una Venezia bellissima quella che racconta lo scrittore americano, fredda ma piena di vita, lontana dagli stereotipi. Una Venezia piena di bar e cocktail: “Bevevano un Negroni, un miscuglio di due vermouth dolci con selz” racconta creando una nuova leggenda. “Due Martini molto secchi”, disse il colonnello. “Montgomery. Quindici a uno. Il cameriere, che era stato nel deserto, sorrise e scomparve”.

Da quelle pagine il celebre cocktail in coppetta si è indissolubilmente legato alla città, così come l’immaginario dei grandi bar d’hotel, uno su tutti il Gritti, ambientazione elettiva delle avventure del libro del premio Nobel.

Se oggi il maestoso hotel si erge come allora sulle acque di Canal Grande, il suo nome, quello del suo ristorante e del suo bar sono tornati ad essere al centro dell’attenzione degli amanti dei cocktail tanto quanto di quelli della letteratura grazie a questo “rinascimento” della miscelazione veneziana iniziato alcuni anni fa con la prima Venice Cocktail Week, che per la prima volta ha avuto l’intuizione di unire cultura e bere bene per creare dei veri e propri circuiti virtuosi che in qualche modo offrano un’alternativa al classico tour dei bacari.

E in effetti, le storie che si potrebbero raccontare legate alla letteratura come ci racconta lo storico dell’architettura ed esperto di storia veneziana Raffaele Dessi.

“Importato dall’oriente il caffè era visto in Europa come un tonico medicinale da assumere in piccole dosi. Fu sul finire del 1600 che una famiglia di turchi aprì in Piazza San Marco la prima “bottega del caffè” che veniva sorseggiato in piccoli bicchieri di vetro per accompagnare le chiacchierate prima di recarsi nei ridotti dove sino a notte tarda si giocavano patrimoni e si tessevano rapporti finanziari in maniera informale. Non passarono trent’anni che nella sola Piazza si contavano venti botteghe di caffè, e nell’intera città di Venezia oltre duecento!  La moda si impose a tal punto che Goldoni, il più famoso commediografo del periodo, scrisse la commedia “La bottega del caffè” che ben descrive lo spirito che si viveva in città.”

Il respiro della cultura goldoniana non lo si respira soltanto nei caffè storici di Piazza San Marco dove fin da mezzogiorno i veneziani quanto i turisti si fermano a fare aperitivo, ma anche in locali più nascosti e proprio per questo più sorprendenti. I Rusteghi è un “kept secret” che chi conosce divulga solo a chi vuol bene, perché per trovarlo bisogna addentrarsi fuori dalle vie affollate, fino ad arrivare in una corte che cinge il locale come uno scrigno, ma al contempo non lo chiude su se stesso, facendo della piazza antistante il punto d’immersione perfetto per chi vuol immergersi nella vera cultura e tradizione cittadina. Giovanni d’Este è forse l’ultimo vero oste in città, capace di parlare di letteratura mentre versa Whisky introvabili, oppure di narrare la storia della Serenissima mentre serve selezioni di aperitivi a base di prodotti gastronomici di provenienza locale e selezione squisitamente personale.

Ma la città non è soltanto raccontata nelle opere di Hemingway e Goldoni, il suo ruolo è quello di protagonista sia nei racconti di viaggio Goethe (che cita ovviamente il Florian, più antico caffè d’Europa) tanto quanto nell’opera di Thomas Mann, come ci racconta ancora Dessi: “Nel suo “Morte a Venezia” dice che chi arriva in treno a Venezia e non via mare, è come se accedesse dalla porta di servizio. Il Todaro è quindi la porta principale per accogliere i visitatori in città, sulla piazzetta San Marco si affaccia sul Bacino ed ha di fronte la chiesa di San Giorgio. Palladio e Sansovino dialogano fra bicchieri di spritz e tazze di caffè, cioccolate e cappuccini.

All’opposto del Todaro, sotto la Torre dell’ Orologio ed all’uscita della Piazza, all’imbocco del prima grande via commerciale della storia, le Mercerie, si trova l’American Bar. Qui i giovani veneziani scoprivano la vita possibile lontano dai conflitti, ma soprattutto i cocktail che per la prima volta uscivano dai bar dei grandi hotel per stranieri per approdare nelle calli veneziane. Le “ombre di vino”, le malvasie e vini dell’entroterra che già erano stati alleggeriti con la soda, diventando gli spritz bianchi, adesso si arricchivano dei colori del Select, del Gianola, del Luxardo, ed accanto agli spritz all’ American Bar si potevano provare i cocktail più forti”.

    Nicco Leone, food photographer a Firenze
    Il Martini a Gritti Palace
    La biblioteca di Aman
    Paola Mencarelli, organizzatrice di VCW
    Nicco Leone, food photographer a Firenze

Le locande, che all’inizio del 1900 avevano sostituiti i tipici bacari, ormai erano diventate famose grazie ai loro ospiti. D’Annunzio parla della Locanda Molin, dove portava i suoi ospiti, ma non le amanti che non dovevano esporsi in pubblico, tranne la Duse, che incontrava pubblicamente nel bar del Danieli, e a cui dedicò “Il fuoco”, di cui era la protagonista sotto nome di fantasia.

Infiniti sono poi gli aneddoti legati all’Harry’s Bar, dove dal Carpaccio al Bellini si creavano prelibatezze per ospiti coccolati da Arrigo, che accoglieva artisti e i loro mecenati nei salottini del primo piano, a riparo da occhi indiscreti, mentre al piano terra, dietro il più famoso dei banconi da bar veneziani diventato ora il simbolo del bar stesso, trovavano posto le personalità pubbliche veneziane che in questo luogo discreto sapevano di poter fare riunioni.

Ma le storie di Venezia sono infinite, e raccolte in altrettanti libri, come ad esempio quella di Maria Tarnowska, protagonista di un affaire di sangue e sesso interno alla comunità russa che ebbe però uno svolgimento interamente veneziano: il processo celebratosi nelle sale della Corte d’Assise di Rialto tra marzo e maggio del 1910 la vide imputata per l’uccisione di un suo amante, il conte Pavel Kamarovskij, perpetrato a Venezia da un giovane giornalista innamorato di lei, Nikolai Naumov, divenuto braccio inconsapevole di una trama ordita allo scopo di incassare una assicurazione.

Regista dell’operazione un altro amante della Tarnowska, l’avvocato Donat Prilukov. Questo processo fu seguitissimo e dalle storia sono stati scritti vari libri (come quello di Claudio Dell’Orso in “Nero Veneziano” o Il romanzo di Maria Tarnowska, scritto nel 1912 da Annie Vivanti ) mentre addirittura il grande Luchino Visconti cercò di realizzare un film, ma non vi riuscì mai. Oggi nella sala di Palazzo Maurogonato, oggi Hotel Ala, dove la Tarnowska fece uccidere nel 1907 per proprio conto, sorge un cocktail bar che porta il suo nome e sulle cui pareti si può leggere i particolari più avvincenti del processo e della vita dei protagonisti.

E se questi sono alcuni esempi della connessione fortissima tra cultura e cocktail che esiste nel passato della città, il presente non è da meno, come ci racconta Paola Mencarelli, organizzatrice della Venice Cocktail Week.

“Fin dalla prima edizione abbiamo scelto di ambientare l’opening party nelle meravigliose sale di Aman, hotel che ci ha sostenuto fin dall’inizio in questo nostro progetto. E tra gli spazi meravigliosi in cui si ha l’occasione unica di bere un Martini Cocktail in questa celebrazione collettiva c’è la meravigliosa biblioteca”. 

“Inoltre”, conclude Mencarelli, “fin dalla prima edizione la manifestazione ha ospitato oltre ai tour culturali nei grandi luoghi del passato, moltissime presentazioni di nuovi libri. Ovviamente la maggior parte sono state legate al mondo enogastronomico, ma non solo. Ovviamente la porta è aperta a chiunque abbia qualcosa di bello da raccontare sul nostro mondo. Chissà che la prossima grande storia veneziana non possa essere ispirata o raccontata proprio da uno dei piccoli salotti letterari spontanei che la città riesce a offrire durante la settimana”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .