Vittorio-Garavelli-Shiseido
Innovation

Così questo colosso cosmetico giapponese è diventato un incubatore per startup

Articolo di Andrea Sermonti tratto dal numero di novembre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

Coniugare l’esperienza nella ricerca scientifica, lo sguardo al futuro, l’innovazione, trasformandoli in prodotti di alta qualità. È questo che fa la differenza tra la maggior parte delle aziende che si occupano di beauty e Shiseido, colosso cosmetico giapponese che investe in ricerca e sviluppo il 3% del fatturato mondiale.

Un cambio di paradigma, quello di comunicare innovazione e ricerca scientifica, che ha toccato anche il consumatore finale. “L’approccio scientifico nel comunicare un’innovazione tecnologica è il nostro modus operandi, assieme all’idea di far vivere un’esperienza d’acquisto piacevole e di lusso”, dice Vittorio Garavelli, nuovo country general manager di Shiseido Italia.

“Quello che comunichiamo è recepito molto bene dal consumatore. Il lancio dell’anno scorso, ad esempio, ha visto protagonista un siero che è a metà tra un prodotto cosmetico e uno farmacologico. Bio-Performance Skin Filler è stato recepito benissimo dagli utenti, tanto da diventare il prodotto più venduto nel settore della profumeria selettiva in Italia. Il più venduto tra tutte le categorie: skincare, make up e fragranze. Tutto questo si trasforma in dati: nel settore beauty, l’innovazione pesa sulle vendite tra il 20 e il 30%”.

Shiseido ha acquisito diversi brand, incluse startup. Quanto è importante per un grande gruppo guardarsi intorno?

Per noi essere all’avanguardia è un grande vanto. Oggi, per mantenere la leadership, devi essere lucido e avere un occhio sempre rivolto al futuro. Per questo siamo l’azienda più longeva al mondo in questo settore. Coniughiamo l’innovazione e le esigenze del consumatore. Tra le nostre particolarità c’è la capacità di adattarsi ai cambiamenti, trasformandosi progressivamente per anticipare i tempi e non rincorrerli. Per rimanere in trend, stiamo diventando una sorta di incubatore per startup, nuovi brand sviluppati in house. Ad esempio, abbiamo dato vita a un brand skincare che nasce dal nostro centro di ricerca e sviluppo dell’area europea, a Parigi: un esercizio molto interessante che ci sta dando tante soddisfazioni. È un brand ‘eco’, sviluppato con un’azienda che si occupa di vertical farm. Questo testimonia la nostra sensibilità ambientale. Abbiamo lanciato di recente il brand Shiseido Beauty Wellness, con cui puntiamo a diventare entro il 2030 la prima personal beauty wellness company. Shiseido, insomma, è lanciata sul mercato internazionale e partiremo con questo brand in Giappone a febbraio 2024, in Asia nel 2025 e poi nel resto del mondo. Tutto questo per ribadire che ci stiamo concentrando sullo sviluppo dei brand in house. Dal punto di vista globale, va sottolineato che negli ultimi anni abbiamo lavorato anche ad acquisizioni: Drunk Elephant prima della pandemia e, più di recente, Gallinée, un brand ancora acerbo ma molto interessante perché lavora sul microbioma cutaneo, che dovremo sviluppare da qui al 2026.

Perché lo sviluppo dei brand in house?

Perché quando si ha la capacità di investire il 3% del fatturato mondiale in innovazione, ricerca e sviluppo, si ha una potenza di fuoco enorme, soprattutto se si considera che abbiamo a disposizione più di 1.000 ricercatori che lavorano per garantirci prodotti tecnologicamente avanzati. Se si guarda al passato e si fa una comparazione, anche Shiseido prende atto del fatto che la trasformazione in questo settore è sempre più rapida: 30 anni fa tutto era più stabile, prevedibile e duraturo. È un’industria che sta cambiando tantissimo: parlando del mercato italiano, dopo la pandemia abbiamo assistito a una grande polarizzazione, con prodotti superiori ai 150 euro o inferiori ai 50. Durante il processo di acquisto il nuovo consumatore, che gli inglesi definiscono skin intellectual, va alla ricerca dell’ingrediente. Ci sono nuovi prodotti che hanno tratti caratteristici non solo cosmetici, ma anche farmacologici, e poi i prodotti a basso impatto sull’ambiente, i sostenibili, con packaging eco, vegan e altro ancora. Per fare un esempio, nel 2019 il mercato clean valeva 7 milioni di euro in Italia; oggi ne vale 44 e rappresenta il 12% della categoria del face skincare. Un altro dato indicativo riguarda i prodotti refill – nati in pratica negli ultimi tre anni – che hanno un’incidenza dell’8% sul turnover totale del mercato italiano della bellezza. Sono cresciuti del 119% negli ultimi tre anni. Per fare un esempio, il refill del nostro Bio-Performance Skin Filler pesa per il 40% sul totale vendite di questa referenza.

Che cosa si porta in Italia della sua esperienza lavorativa all’estero?

Ho ricoperto diversi ruoli in Francia e ho dovuto imparare a confrontarmi con le culture dei vari paesi, cosa che, a chi lavora in Italia, non succede con la stessa frequenza. A Parigi sviluppiamo fragranze per tutto il mondo. Confrontarsi significa imparare ad ascoltare, perché non puoi approcciarti a tutte le culture nello stesso modo. Crescere significa anche misurarsi con la quotidianità, superare la difficoltà della lingua, imparare a risolvere i problemi con pragmatismo. Tutte lezioni che entrano a far parte del tuo bagaglio culturale. Dai francesi abbiamo molto da imparare nel fare squadra, sia nel contesto imprenditoriale che nel modo di comunicare. Non dobbiamo dimenticare, però, la marcia in più degli italiani a livello di creatività, elasticità e originalità.

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