Articolo di Davide Lizzani
“Abbiamo una lunga storia, ma siamo solo agli inizi”, ha confidato a Forbes Italia Takeshi Hakamada, amministratore delegato di ispace, azienda aerospaziale giapponese con sedi negli Stati Uniti e in Lussemburgo e più di 250 impiegati.
La storia di ispace
Sebbene la fondazione di ispace risalga al 2013, la storia spaziale di Hakamada comincia molto prima, nel 1990, quando a dieci anni vede una replica di Star Wars. “Come tutti rimasi colpito dalle enormi astronavi, ma mi accorsi che a interessarmi ancora di più erano i robot”. Questa passione lo porta a studiare ingegneria aerospaziale, prima a Nagoya, poi al Georgia Institute of Technology. “Guardandomi intorno, vedevo molti ingegneri entusiasti, ma per realizzare un business commerciale mancavano gestione aziendale e investimenti”, ricorda Hakamada.
“Decisi che la mia carriera non sarebbe stata quella di un ingegnere che costruisce la sonda spaziale, ma quella di chi crea l’ambiente affinché la cosa sia commercialmente fattibile”. Per questo, nel 2010, Hakamada dà vita al team Hakuto per partecipare al Lunar X Prize, una competizione pensata per stimolare il primo allunaggio privato. Conclusasi senza alcun vincitore, a Lunar X Prize si deve però la “rifondazione” di Hakuto, trasformata nel 2013 in “ispace”.
Nove anni più tardi, nel dicembre del 2022, il team dell’azienda lancia M1, la sua prima missione verso la Luna con payload paganti come il rover Rashid degli Emirati Arabi Uniti. In concomitanza con l’ingresso dell’azienda nella Borsa di Tokyo, il lander riesce a inserirsi in orbita lunare e a inviare immagini dell’ombra del satellite sulla Terra durante l’eclissi del 20 aprile 2023. Purtroppo, però, non riesce ad allunare e si schianta sulla superficie selenica – epilogo che fa peraltro scattare l’assicurazione stipulata col Mitsui Sumitomo Insurance Group, la prima a coprire un allunaggio privato, che a ispace rende circa 23 milioni di euro.
Anche un italiano nel team
Oggi ispace sta preparando M2, la missione in partenza a fine 2024. A bordo del nuovo lander, chiamato Resilience per simboleggiare la perseveranza di ispace, ci sarà un piccolo rover di circa cinque chilogrammi costruito da ispace Eu, la succursale lussemburghese. Il mission manager di M2, l’italiano Federico Giusto, è entrato in ispace nel 2019 per occuparsi, come ingegnere dei sistemi, proprio del nuovo rover. Per svilupparlo, ispace Eu si è avvalsa anche del supporto finanziario della Luxembourg Space Agency, attraverso il fondo di finanziamenti LuxImpulse. “La mobilità sulla superficie sarà un fattore primario per le prossime missioni di esplorazione scientifica”, spiega Hakamada, “i nostri clienti ce lo stanno chiedendo per raccogliere informazioni come la presenza di acqua e altre risorse lunari”.
Per ottemperare ai suoi compiti, il lander sarà equipaggiato con uno strumento per scomporre l’acqua in ossigeno e idrogeno, realizzato dell’azienda partner Takasago Thermal Engineering, con un modulo per esperimenti sulla produzione alimentare della giapponese Euglena, con una sonda per la rilevazione di radiazioni sviluppata dalla taiwanese National Central University, e con una targa in lega metallica realizzata dal Bandai Namco Research Institute ispirata all’anime di culto Mobile Suit Gundam, di cui Bandai realizza e vende i modellini.
Il lander Resilience monterà anche un braccio meccanico per portare a termine il compito affidato a ispace dalla Nasa già dalla sua prima missione lunare: prelevare un campione lunare e cederne la proprietà all’ente spaziale americano. Una transazione simbolica, per 500 dollari, organizzata per creare un precedente legale nella compravendita di risorse extraterrestri.
La missione M3
In cantiere c’è anche la missione M3, che nel 2026 comporterà il lancio di un lander completamente nuovo, chiamato Apex 1.0, per la cui realizzazione ispace ha ricevuto un finanziamento di 12 miliardi di yen (circa 74 milioni di euro) dal Ministero dell’Economia, del commercio e dell’industria giapponese. “Con M3 rivoluzioneremo i nostri lander per accomodare i payload della Nasa”, ha spiegato Hakamada, “in più Apex 1.0 sarà in grado di ammortizzare le forti vibrazioni del lancio per evitare danni ai carichi a bordo”.
Un servizio su misura del cliente che si estende anche alla sede manifatturiera: Apex 1.0 verrà infatti costruito a Denver, nella sede statunitense di ispace, anche in vista dei possibili contratti correlat al programma Artemis di ritorno alla Luna. “Abbiamo già investito oltre 40 milioni di dollari in ispace technologies Us”, dichiarava a settembre il ceo Hakamada, “ci aspettiamo che questo numero continui a crescere”. È una vicinanza cruciale sia ai clienti primari, sia al fornitore dei servizi di cui ispace ha più bisogno: i lanci ai prezzi più bassi del mercato, quelli di SpaceX.
ispace tiene un piede anche in Europa grazie alla sua sede nel Lussemburgo, Paese che offre investimenti pubblici sostanziosi, e una finestra sul mercato spaziale europeo. “Il nostro ufficio nel Lussemburgo sta lavorando a un potenziale contratto con un cliente italiano”, ha detto Hakamada. “Noi non produciamo tutti i componenti” aggiunge il ceo alludendo alla filiera manifatturiera italiana.
Hakamada continua poi rivolgendosi ai potenziali clienti: “offriamo la possibilità di testare sul campo le tecnologie lunari italiane senza dover organizzare una missione specifica”. Tecnologie che, infine, saranno necessarie per realizzare la visione di ispace: stabilire un ecosistema lunare e sbloccare l’utilizzo di risorse spaziali supportando la sostenibilità sulla Terra.
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