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Così questa famiglia di mecenati vuole diffondere la musica occidentale in Turchia

Salvo smentita, non risulta che al mondo vi sia un’altra orchestra sinfonica, dunque di dimensioni (e costi) importanti, totalmente sostenuta da una famiglia che per essa stanzia 4,5 milioni l’anno. Stiamo parlando della Borusan Filarmonica di Istanbul, la famiglia di mecenati è la Kocabıyık, con capostipite in Asim, colui che nel 1944 in pieno secondo conflitto mondiale avviava l’azienda produttrice di tubi Borusan.

Fondazione Borusan: il sostegno alla cultura e alla formazione

Il gruppo allargò subito le attività alla logistica, produzione di acciaio e di energia, quindi distribuzione di automobili, in testa il marchio Bmw. Un colosso da 3,4 miliardi di euro di fatturato, diramato in 11 paesi compresa l’Italia dove, tramite la controllata Mannesmann, è presente con uno stabilimento a Vobarno, in provincia di Brescia: l’impianto tricolore brilla tra i cinque principali fornitori dell’industria automobilistica europea.

Venuto dal nulla, parlano le immagini della dimora in cui crebbe, Asim Kocabıyık è stato un visionario con pochi pari. E non solo negli affari. “Ha sempre creduto nel valore dell’istruzione e della cultura in generale. Per questo nel 1992 diede vita alla Fondazione Borusan a sostegno della cultura e formazione”, spiega la figlia Zeynep Hamedi, presidente dell’istituzione e vice ceo della holding.

Oggi la Fondazione è attiva nella formazione, editoria, musica e arti visive alle quali assicura un altro milione e mezzo di euro l’anno per l’acquisizione di lavori da aggiungersi a una collezione permanente che ha già superato gli ottocento pezzi. Nella collezione brillano opere di Donald Judd, Sol LeWitt, Jim Dine, Doug Aitkens e Thomas Ruff.

Dal festival di Salisburgo ai Proms di Londra

Procediamo con ordine e cerchiamo di capire cosa si muove dietro le quinte di questo miracolo: tale si si considera che siamo nella Turchia del “sultanato” Erdogan, vessata da un’inflazione oltre il 60% e costi sociali elevati. Si calcola che la lira turca in un anno abbia perso oltre la metà del suo valore nel cambio con il dollaro.

L’orchestra conta circa cinquanta musicisti scritturati per una stagione che da ottobre si spinge fino a maggio, vi sono poi regolari tournée all’estero anche con tappe importanti: si va dal festival di Salisburgo ai Proms di Londra. Da settembre il direttore musicale e artistico è il bolognese Carlo Tenan, lo abbiamo incontrato a Istanbul dopo un concerto tutto italiano con pagine di Rossini, Verdi, Respighi.

“Quando mi hanno scritturato, hanno esordito dicendo – Componi una stagione. Fai tu”. Carta bianca e solo una raccomandazione: “Vogliamo i migliori solisti della scena internazionale”.

La passione di Zeynep Hamedi

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Zeynep Hamedi

Zeynep Hamedi è donna dai modi pacati, prima si è dedicata ai figli, “poi, una volta cresciuti, ho deciso di proseguire il sogno di papà (ndr scomparso nel 2012) desideroso di restituire alla sua Turchia ciò che aveva ricevuto”, eccola così al timone della Fondazione.

Risiede a Istanbul e mantiene vivo il ponte con gli Usa dove studiò all’università di Pittsburgh e ha casa a New York. La fiamma per la musica d’Occidente, classica e lirica, si accese proprio Oltre Oceano, “da ragazza, a Pittsburgh, iniziai a frequentare i concerti, ad amare la musica, ad apprezzare la vivacità di quei pomeriggi e serate nel segno di un’arte che conoscevo appena. Rientrata a Istanbul dissi a mio fratello, anche lui fresco di studi nel mio stesso ateneo: perché tutto questo non accade da noi, in Turchia?”.

I due rampolli Kocabıyık, degni figli di un uomo del fare, decisero di mettere le ali ai loro progetti. L’orchestra e le attività che vi ruotano attorno sono ideali strette di mano con i paesi che potrebbero guardare con sospetto una multinazionale radicata in un terra dalle scelte geopolitiche non allineate con i paesi cosiddetti democratici, cioè con quelli con cui il gruppo Borusan fa affari.

La musica per comunicare la propria identità

La musica classica, quindi con una buona componente italiana (siamo il paese della musica), è lo strumento per comunicare la propria identità, prescelta perché “è la più universale delle forme d’arte, comprensibile a tutti a prescindere dalle diverse lingue e culture” (Zeynep Hamedi).

Siamo a Istanbul, metropoli da 15 milioni di cittadini, questo il dato ufficiale ma stime che tengono conto dell’espansione urbana e dell’immigrazione irregolare suggeriscano numeri più alti, si parla addirittura di 20 milioni. Un’esplosione demografica determinata dal fiume in piena di profughi, in primis siriani, incide inoltre la recente diaspora dei cittadini russi.

In sintesi, le strade non bastano più, ripide e scoscese come quelle di San Francisco e caoticamente allegre, tali forse più per i turisti che per i residenti imbrigliati nel traffico e ormai disposti a trascorrere tre ore al giorno al volante pur di vivere nella Istanbul asiatica anziché europea.

La volontà di espandersi

L’Orchestra Borusan continua a resistere nella Istanbul europea, “abbiamo chiesto di poter costruire un edificio tutto nostro, così da evitare l’affitto continuo di sale, ma non c’è spazio”, spiega il management della Borusan. Gli uffici della Holding sono nel castello di Perili Köşk, fatto costruire nel 1911 da un ambasciatore dell’impero ottomano.

Nove piani con affaccio sul Bosforo, ovunque pezzi d’arte: nei fine settimane le porte dell’edificio si spalancano al pubblico che può così visitare sia gli spazi dedicati alle mostre temporanee sia gli uffici dove sono esposte a rotazione le opere della collezione permanente. La parola d’ordine qui è “apertura”. Che ne pensa Erdogan di tanto fermento? Bocche cucite.

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