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“L’inazione non è un’opzione”: Pietro Labriola racconta a Forbes il nuovo corso di Tim

Articolo tratto dal numero di gennaio 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Una vita trascorsa tra connessioni e tecnologia, confrontandosi con la necessità di ridisegnare il mondo delle telecomunicazioni sulla base dei nuovi bisogni. Un contesto complesso e in continua evoluzione, nel quale Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim, ha lavorato, nonostante le difficoltà e i rischi del mercato, per tracciare nuove strade. D’altronde, come ama dire, “l’inazione non è un’opzione e, senza il coraggio di prendere decisioni chiare, il futuro è a rischio”.

Originario di Altamura e laureato in economia all’Università di Bari, prima di un master in gestione dell’innovazione e delle tecnologie, Labriola ha navigato per tutta la carriera nel mondo delle telecomunicazioni. Prima partendo dalla branch italiana di France Telecom, poi passando per Cable & Wireless e per Infostrada, quindi iniziando, nel 2001, il suo lungo percorso all’interno di Telecom Italia. Un cammino che l’ha visto tra gli ideatori di alcuni grandi progetti del gruppo, come Alice e Impresa semplice, prima di volare nel 2014 in Brasile come direttore generale per contribuire al rilancio della consociata, che in quegli anni in Italia era considerata solo un fardello economico.

Un esame che Labriola ha superato a pieni voti: nel 2019 ha assunto la carica di ceo e nel 2020 ha portato a termine l’acquisizione delle attività mobili del gruppo Oi, ponendo le basi per rendere Tim Brasil una delle prime aziende al mondo per ritorno sul capitale investito.

Lo scorporo della rete fissa

Non è un caso se, a due anni dal suo ritorno in Italia, a fine 2021, ha preso con il cda di Tim una scelta coraggiosa, su un tema discusso già dal 2006, ma su cui non si era mai andati fino in fondo: lo scorporo dell’infrastruttura di rete fissa. Una mossa che ha una forte valenza industriale e può indirizzare il futuro non solo del gruppo, ma anche dell’intero comparto a livello europeo, che guarda con interesse alla separazione portata avanti da Labriola, alla ricerca di un nuovo modello di business sostenibile per l’industria delle tlc.

Il manager è riuscito a chiudere l’operazione trovando un accordo con il fondo americano Kkr, alleato in questa partita del governo e del ministero del Tesoro. La mossa (con 11 consiglieri a favore e tre contrari) permetterà a Tim di liberarsi del fardello di un debito eccessivo, eredità della privatizzazione e delle scalate a leva, che per oltre 20 anni ha frenato quello che un tempo era il sesto gruppo mondiale delle telecomunicazioni, e aprire un nuovo capitolo della propria storia, focalizzato su servizi, tecnologia e innovazione, ma anche su un impegno nel sociale.

“La nuova Tim sarà uno dei motori principali della digitalizzazione del Paese”, dice Labriola. “È vero che a breve non ci occuperemo più della costruzione della rete in fibra Ftth, dove serviamo già oltre 8,4 milioni di unità tecniche immobiliari, ma rimarremo concentrati sullo sviluppo del 5G e delle altre infrastrutture che servono a far compiere un salto tecnologico e digitale all’economia del Paese. Penso al nostro network di 16 data center green, il più grande d’Italia, ma anche ai servizi necessari a sfruttare queste autostrade, che altrimenti rischiano di rimanere sottoutilizzate”.

Il prossimo corso di Tim

Una volta ceduta la rete a Kkr, al ministero dell’Economia e ai loro alleati (il fondo F2i e Adia), la nuova Tim potrà dunque concentrarsi su innovazione tecnologica e servizi. Il gruppo in Italia avrà due anime, la consumer e la enterprise, destinate a servire rispettivamente il mercato retail – quello in cui la competizione è più agguerrita – e quello delle grandi aziende e della pubblica amministrazione. Senza perdere di vista il Brasile, che, dopo gli investimenti fatti, ora diventa un asset chiave per la crescita. In sintesi, sul mondo consumer Tim cercherà di a consolidare la posizione di numero uno puntando sui servizi e su un approccio più user friendly, sia nelle operazioni semplici, sia nella gestione diretta dei problemi che un cliente può incontrare, snellendo i contratti, usando un linguaggio più diretto, ma anche aprendo a nuovi modelli di business, con una strategia definita customer platform.

Tim Enterprise sarà invece uno dei motori di crescita del gruppo, assieme al Brasile, e presidierà il mercato business. “Qui non forniamo solo sim e connessioni, ma anche cloud, internet of things e cybersecurity: siamo gli unici a poter offrire un portafoglio di servizi completo e integrato”. Sul fronte della digitalizzazione di tutto il mondo pubblico Tim è attiva anche con il Polo Strategico Nazionale, fondato assieme a Cassa Depositi e Prestiti, Leonardo e Sogei. Un progetto “fondamentale per portare la pubblica amministrazione italiana sul cloud in sicurezza, attraverso sistemi di protezione dei dati dei cittadini”.

Le battaglie di Labriola

Fra le altre battaglie che hanno caratterizzato l’attività di Labriola dal suo ritorno in Italia c’è anche quella per riportare al centro del dibattito il tema della politica industriale per le telecomunicazioni. Numerosi gli interventi in Italia e all’estero (è membro del Gsma, l’associazione che raggruppa tutti gli operatori mondiali di telecomunicazioni) per fare in modo che, a livello comunitario e nazionale, si ricominci a pensare al consolidamento del settore. In queste settimane il tema è diventato di grande attualità, con Iliad e Vodafone che stanno studiando un’eventuale aggregazione, mentre Fastweb è alla finestra e Wind Tre prosegue nella vendita degli asset di rete mobile. “Insostenibile avere in Italia cinque operatori mobili mentre in Germania sono tre”, ha più volte denunciato Labriola. “In Europa sono oltre 100 e negli Stati Uniti o in Brasile solo tre”.

Non è tutto. Oltre a dialogare e sensibilizzare le forze di governo a introdurre misure a sostegno del mercato delle telecomunicazioni, come l’innalzamento dei limiti elettromagnetici per il 5G o l’attenzione ai consumi energetici, il manager pugliese ha portato avanti anche un’altra battaglia: quella sul rapporto con i cosiddetti ott (over the top), ossia società come Meta, Netflix o Amazon, che focalizzano gran parte del proprio business sulla vendita di servizi e pubblicità sul web.

“Negli ultimi dieci anni il consumo di dati si è moltiplicato di dieci volte e il prezzo si è ridotto di quasi un quarto. È evidente che non può funzionare. Ricordate qualche servizio essenziale, come acqua, luce o gas, che sia andato incontro a una rivoluzione del genere?”, ha sottolineato in un post sul suo profilo LinkedIn. “Il ritorno economico non può più essere considerato un nice to have, mentre la continuità di servizio un must have. Debbono viaggiare di pari passo”.

La lotta al divario di genere

Ma la sfida del cambiamento per Labriola è anche sul fronte sociale, con particolare attenzione al contrasto del gender gap. “Senza azioni concrete, come ricorda una delle nuove pubblicità della campagna istituzionale che abbiamo lanciato a inizio dicembre, ‘la parità di genere sarà raggiunta solo nel 2155’. Penso che questo, come il fatto di avere solo un 20,5% di donne manager nelle imprese italiane, sia intollerabile. Siamo un’azienda leader, abbiamo la responsabilità di favorire il cambiamento, che porterà benefici alla società italiana, ma anche alla sua economia”.

Nei mesi scorsi, peraltro, Tim, oltre ad aver avviato una massiccia campagna di affissioni sotto il claim ‘La parità non può aspettare’, con cui ha tappezzato le strade delle principali città italiane per sensibilizzare l’opinione pubblica, ha anche lanciato Women Plus, un’app che raccoglie offerte per posti di lavoro riservati alle donne, coinvolgendo 200 partner nel progetto. Sulla violenza, invece, il gruppo ha avviato due iniziative per offrire assistenza alle donne che si sentono in pericolo. In collaborazione con l’associazione DonneXStrada ha trasformato i suoi negozi in Punti Viola. Inoltre sta riconvertendo parte delle sue cabine telefoniche in cabine digitali che avranno vari servizi di pubblica utilità, tra cui un tasto per le chiamate di emergenza o per richiamare l’attenzione dei passanti attraverso un sistema di illuminazione in caso di pericolo. Dimostrazione che il nuovo corso di Tim, secondo Labriola, “passa anche da qui”.

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