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La storia e i numeri di Chery, il gruppo cinese che potrebbe produrre auto in Italia

Dalla ‘via della seta’ a quella dell’auto. L’asse Italia-Cina è pronto a prendere vita, vedendo da una parte il governo italiano e dall’altra Chery, la prima casa automobilistica cinese ad aver esportato le proprie vetture, nonché la prima per numero di automobili esportate.

Secondo quanto riportato da Reuters, anche in virtù di una collaborazione già in essere con l’italiana DR Automobiles, che vende i suoi modelli dopo aver apportato lievi modifiche (come l’installazione per esempio dell’impianto a Gpl), l’esecutivo italiano avrebbe individuato proprio in Chery il partner perfetto per affiancare Stellantis e aumentare la produzione automobilistica nazionale, portandola da meno di 800.000 veicoli prodotti in un anno (cifra registrata nel 2023) a 1,3 milioni.

Peraltro, già da mesi, il governo è in trattativa (senza esclusioni di colpi) con la stessa Stellantis per aumentare la produzione del gruppo a un milione di unità all’anno entro la fine di questo decennio. Ciò significa che, secondo i piani del ministro dell’Industria, Adolfo Urso, Chery o un eventuale altro secondo produttore (qualora dovessero interrompersi le trattative) produrrebbe circa 300.000 veicoli l’anno.

“Chery è l’opzione su cui scommette il governo”

Una delle due fonti di Reuters ha dichiarato che finora Chery è l’opzione su cui “Roma scommette di più”. Lo scorso mese, infatti, lo stesso Urso aveva rivelato di Urso di essere entrato in contatto con Tesla e con tre case automobilistiche cinese. Stiamo parlando, oltre Chery, di Great Wall Motor e del colosso dei veicoli elettrici BYD che, alla fine del 2023, ha superato Tesla ed è diventata la più grande aziende di veicoli elettrici in termini di vendite. Inoltre, anche se un portavoce del ministero dell’Industria ha rifiutato di commentare la vicenda a Reuters, l’ad di Chery Europe, Jochen Tueting, ha dichiarato all’agenzia americana che la società “sta esplorando diverse possibilità in tutta Europa per cercare un potenziale assetto della produzione locale per il futuro”.

La crescita e le influenze italiane

Fondata come azienda para-governativa nel 1997, Chery è ufficialmente diventata una casa automobilistica il 18 dicembre 1999, quando la sua prima auto, la Chery Fulwin (realizzata un telaio costruito in licenza per la Seat Toledo), ha lasciato il suo stabilimento stabilimento di Wuhu, in Cina. Da lì è iniziata una storia ultra ventennale che, che nel corso degli anni ha permesso alla società di diventare, come dicevamo, la prima casa automobilistica cinese ad esportare i propri prodotti, oltre che la prima per numero di vetture esportate. Basti pensare che nel 2023, la società ha venduto oltre 1,88 milioni di automobili (una crescita annua del 52,6%), e ha aumentato del 50% i propri ricavi, che hanno sfondato il muro dei 300 miliardi di yuan, ossia 42,25 miliardi di dollari.

Diretta da Yin Tongyue, presidente e ceo della società, la Chery Automobile ha sin da sempre avuto l’obiettivo di essere tra le top case automobilistiche al mondo. Non è un caso se nel corso degli anni ha dapprima fondato (nel 2003) un gruppo di ricerca e di sviluppo, e ha poi iniziato a collaborare con i grandi consulenti stranieri per migliorare la propria tecnologia e la propria qualità. Da un ingegnere giapponese proveniente dalla Mitsubishi, fino ad arrivare ai progettisti italiani del calibro di Bertone e Pininfarina, noti ovviamente per aver disegnato modelli per marchi come Ferrari e Lamborghini.

Diverse, inoltre, sono le partnership attivate con altri brand: dall’austriaca AVL, fino ad arrivare a Bosch, Lotus Engineering, alla joint venture con il gruppo Jaguar Land Rover per la produzione delle autovetture inglesi in Cina in un nuovo stabilimento a Changshu (un investimento pari a 3 miliardi di dollari nell’arco dei primi cinque anni) e quello molto attuale, di gennaio 2024, con Nio per stabilire una cooperazione negli standard delle batterie, nella tecnologia di scambio delle batterie, nella costruzione di reti di servizi di scambio delle batterie e nel funzionamento.

Peraltro, Chery debutterà in Italia alla fine dell’anno con il Suv Omoda 5, già disponibile sul mercato cinese oltre che in Russia, Israele, Sudafrica, Australia, Messico e Indonesia. L’obiettivo del brand Omoda è abbastanza chiaro: offrire berline e Suv in grado di coprire tutti i segmenti di mercato, con alimentazioni 100% elettriche, ibride, elettriche con range extender e anche a idrogeno.

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