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Perché l’automotive attende con interesse le elezioni Europee e presidenziali Usa

Due future tornate elettorali nel mondo avranno un peso specifico straordinario come non mai per il settore automotive: le elezioni nell’Unione europea dal 6 al 9 giugno 2024 e, forse ancora più, quelle negli Stati Uniti del 5 novembre prossimo. Nell’Ue, infatti, il grande assente dalla competizione politica sarà Frans Timmermans, già vicepresidente esecutivo della Commissione europea per il Green Deal (in carica dal 1º novembre 2014 al 22 agosto 2023), ma soprattutto colui che ha imposto il divieto di vendere auto a carburanti fossili dal 2035. Un’idea all’interno del pacchetto Fit for 55, riforme normative per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il politico olandese tenterà l’ascesa al potere nei suoi Paesi Bassi.

Ma ha suscitato scalpore anche la recente uscita pubblica di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che per la prima volta ha parlato di apertura a tecnologie alternative all’elettrico. Essendo l’unica candidata del Partito Popolare alla presidenza della stessa Commissione, può darsi che tema il peggio sotto il profilo del consenso elettorale: le destre stanno guadagnando potenziali voti opponendosi al “solo elettrico” dal 2035. Pertanto, che vinca o l’uno o l’altro schieramento, l’ambientalismo ideologico ed intransigente potrebbe divenire solo un pallido ricordo. Anche esponenti del Partito Popolare continuano a ripetere che, nel 2026, con la clausola di revisione, ci sarà un primo esame per valutare i risultati raggiunti nel settore automotive in fatto di vetture elettriche.

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Images Getty

Ancora più infuocata la battaglia elettorale negli Stati Uniti, che vede protagonista l’auto. Il candidato del Partito democratico, Joe Biden, presidente in carica, è pronto ad allentare i limiti sulle emissioni dei veicoli commercializzati negli Usa. Andrebbe ad accogliere le richieste dei colossi americani produttori di vetture nonché del potentissimo sindacato Uaw. Proprio sotto elezioni, Biden prende in esame due fattori chiave: i prezzi di listino elevatissimi delle macchine a corrente (per gli investimenti delle Case) e lo sviluppo non così rapido dell’infrastruttura di ricarica. Pare tardiva anche la presa di posiziona anti Cina, con l’obiettivo di porre un argine all’invasione di auto orientali.

Dall’altra parte, Donald Trump (Partito repubblicano), ripete ossessivamente di essere contrario all’auto elettrica, carissime e per pochi, nonché scomoda da utilizzare rispetto a una vettura termica. Il tycoon cerca di arrivare al cuore degli americani parlando in modo semplice, quasi per slogan: “Le elettriche non vanno lontano, costano troppo e saranno tutte prodotte in Cina”. La difesa dell’industria a stelle e strisce e dei lavoratori Usa è al centro della sua campagna elettorale, vedendo nel Paese della Grande Muraglia una minaccia, specie nel settore auto. Ecco perché Trump spinge per i veicoli a benzina e a gasolio, definendo la rete elettrica “obsoleta e disastrosa”.

L’imprenditore americano ha promesso che, in caso di rielezione, imporrà “tariffe punitive” sui veicoli prodotti all’estero. Obiettivo, bloccare l’importazione sul mercato statunitense di elettriche made in Cina, oppure assemblate in Europa o in Messico se le vetture hanno componenti di origine cinese.

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